HARRY POTTER E LA FORZA DEL DESIDERIO
by Steve Potter
C A P I T O L O 1
Il sogno
"No, no, no! " Harry si risvegliò madido di sudore, si issò a sedere, e mentre ansimava forte il suo sguardo vacuo si posò sul fondo della camera.
"Co… cosa succede? " la sua tremante voce era ridotta in un sussurro, per via del sogno appena fatto.
La cicatrice sulla fronte pulsava fortemente. Un male atroce.
Senza asciugarsi il viso, che gocciolava appena, si alzò e accese la lampada che era sulla scrivania; una fioca luce illuminò la soffitta e Harry poté localizzare il baule che conteneva tutte le sue cose. Lo aprì, ne estrasse una pergamena e la appoggiò sul tavolo. Afferrò la piuma d'aquila che era immersa nella boccettina di inchiostro sul tavolo e la avvicinò alla pergamena. Un dubbio, però, bloccò la sua mano.
Perché avrebbe dovuto scrivere a Sirius? Solo per un altro, stupidissimo sogno? Anche l'estate scorsa fece così: dopo un sogno che rappresentava il signore
oscuro scrisse subito a Sirius che, angosciato, rischiò di farsi catturare. Sirius era il suo padrino, l'unica persona di cui si fidava, naturalmente oltre ai suoi migliori amici.
Harry rimise la piuma nella boccettina, e pensò al sogno che aveva appena fatto.
Era un sogno che si ripeteva quasi tutte le notti, e che lo torturava.
Inizialmente Harry vedeva tante luci, era come se le vedesse dall'alto, come se volasse, sentiva il vento scuotergli i capelli, e vedeva la luna con il suo sinistro pallore, che sovrastava il paesaggio e si specchiava in un fiume lì sotto. Harry provava un senso di leggerezza e di tranquillità, ma ad un tratto le luci delle case si confondevano, si mischiavano in un arcobaleno pieno di colori, e la luna non era più tanto pallida: infatti un'ombra misteriosa si stagliava davanti a Harry, che si sentiva impotente, non poteva agire. Voldemort. Poi tutto si confondeva di più:
Harry vide un luce verde, e un dolore atroce gli colpì tutto il corpo, che si contorceva in un fremito di paura. E poi si sentiva cadere sempre più giù, sempre più giù…
Harry aprì gli occhi, smise di pensare al sogno, e riafferrò la penna, deciso a scrivere una lettera, e vista la preoccupazione per il suo padrino, decise di scrivere a Ron Weasley, il suo migliore amico.
Caro Ron, come va? Qui io sono sempre in dieta, perché i Dursley non mi lasciano mai niente, neanche gli avanzi. Pensavo di non dirtelo, ma da un po' di notti faccio un sogno stranissimo.
Harry si fermò, e rilesse bene la lettera. Ron era il suo migliore amico, e se avesse saputo che Harry all'inizio non voleva dirgli del sogno, si sarebbe arrabbiato tantissimo, quindi appallottolò la pergamena e la buttò nel cestino. Quando se ne procurò un'altra riscrisse l'inizio, e poi continuò:
Caro Ron,
Come va? Qui io sono sempre in dieta, perché i Dursley non mi lasciano mai niente, neanche gli avanzi. Sai, è da un po' di notti che faccio un sogno strano, e volevo raccontartelo. All'inizio mi sembra di volare, e infatti vedo dall'alto il paesaggio notturno illuminato dalla luna. Però dopo un po' appare qualcuno davanti a me, e mi lancia un raggio verde. Il mio corpo comincia a bruciare, e io cado, cado, cado… Sai chi è quel qualcuno? Tu - sai - chi. Cosa ne pensi? Se non ti dispiace, mi potresti mandare qualcosa da mangiare?? Sai, ho una fame… Rimandami indietro Edvige con la risposta! Grazie,
Harry
Harry ripose la penna nell'apposito contenitore, e arrotolò la pergamena.
Si diresse verso la gabbia di Edvige, e aprì lo sportellino di ferro. Edvige, contenta, gli beccò affettuosamente il dito e svolazzò sulla scrivania. Era una civetta molto bella, aveva grandi piume bianche con leggere sfumature marroni verso la coda. Harry agganciò la pergamena arrotolata alla zampa dell'imponente civetta.
"Devi portarla a Ron" le disse in fretta. "mi raccomando, stai attenta!" Edvige gli beccò nuovamente la mano, e poi uscì dalla finestra. Harry spense la lampada e si infilò sotto alle coperte, pensando alla risposta che Ron gli avrebbe dato.
C A P I T O L O 2
L'orribile sorpresa
I giorni a Privet Drive scorrevano lenti, e Harry non ce la faceva più ad aspettare. Era passata una settimana da quando Harry aveva spedito la lettera a Ron, e di Edvige non c'era nemmeno l'ombra. Harry aveva passato un'altra notte in bianco, e quindi voleva recuperare un po' di sonno, ma fu un desiderio irrealizzabile, perché suonò la sveglia. Con gli occhi impastati dal sonno sbadigliò liberamente e tese una mano per spegnere la sveglia, che continuava a suonare imperterrita. Ottenuto il silenzio si portò le coperte fino al mento e chiuse gli occhi.
"Ehi, tu, svegliati!" Harry riuscì a stento ad aprire gli occhi, ma capì lo stesso che era lo zio Vernon. "Vestiti, devi andare dalla signora Brown" gli ordinò con fare minaccioso, poi sbatté la porta. Il ragazzo diede un'occhiata alla sveglia: erano le otto del mattino, e Harry dovette scendere in cucina per fare colazione, o almeno quello che ne restava. Uscì scalzo dalla camera, e scese le strette scale che portavano al piano di sotto. I gradini di quella casa cigolavano sinistramente, anche se non quanto quelli di Hogwarts, la scuola di Harry. Quando arrivò nell'ingresso, sentì il freddo pavimento sotto ai piedi nudi, che lo scosse in un brivido. Entrò in cucina, e si coprì gli occhi con una mano, forse per ripararsi dai raggi si sole che penetravano attraverso le tende color senape della zia Petunia, e quando si fu abituato alla luce scrutò i volti dei suoi odiosi parenti. Zia Petunia e zio Vernon lo fulminarono con lo sguardo, mentre Dudley, il suo "adorabile" cuginetto mangiava senza sosta un panino pieno di burro di arachidi e cioccolata. Ma Harry posò di nuovo lo sguardo sui due zii, che sembravano arrabbiatissimi.
"Cosa ho fatto sta' volta?" chiese Harry con una punta di sarcasmo.
I due continuavano a fissarlo impassibili, poi fu zio Vernon a rompere il silenzio.
"Tu…" esitò un attimo, ma poi continuò "…tu non sai niente di questo?" mostrò un giornale spiegazzato.
"Cos'è?" chiese curioso Harry. Lo zio Vernon aprì il giornale, lo sfogliò (evidentemente per cercare quello che voleva mostrare) e poi lo porse ad Harry con aria compiaciuta e allo stesso tempo arrabbiata.
Harry sgranò gli occhi vedendo un articolo grande per tutta la pagina, e in mezzo una foto che lo raffigurava mentre volava con una scopa. Incredulo, cominciò a leggere l'articolo:
Harry Potter, un quattordicenne di un paesino dell'Inghilterra, Privet Drive, è stato visto e fotografato a cavallo di una scopa, mentre volava nel cielo ieri . Le persone che l'hanno visto giurano di averlo riconosciuto, fornendo il nome al nostro inviato speciale.
" E' sempre stato un ragazzo fuori dal comune" ha affermato la cassiera di un minimarket di Privet Drive. " Però è strano, perché i Dursley sono sempre stati dei tipi a posto…"
Harry avrebbe voluto continuare a leggere, ma lo zio gli strappò il giornale dalle mani.
"Allora? Cosa ti è saltato in mente? Prendere la tua stupida scopa volante, la fair boot, o come diavolo si chiama"
"Firebolt " lo corresse Harry con un ringhio. Non sopportava chi pronunciava male i termini del Quidditch, lo sport più gettonato tra i maghi.
"Ma chi se ne importa di come si chiama!! Mi dici perché diavolo hai fatto questo??" Harry, che era ancora incredulo, ribatté "Non sono stato io! Certo, quello lì mi assomiglia" disse indicando la foto dell'articolo "ma non sono io, lo giuro!" Lo zio Vernon sapeva dei poteri di Harry, ma esigeva che la notizia non venisse sparsa, perché tutti avrebbero dato la colpa a lui, e se c'era una cosa che non sopportava era avere in giro una brutta reputazione. "Ma cosa parlo a fare" pensò Harry, girando i tacchi e dirigendosi fuori dalla cucina, e impedendo allo zio Vernon di ribattere.
"Chissà chi era quello della foto" pensava Harry sul divano della signora Brown, poche ore dopo il battibecco con lo zio Vernon. I Dursley l'avevano lasciato lì, dalla signora Brown, perché dovevano fare un week end in montagna, e non sia mai che portassero anche lui. I Dursley, che si vantavano di essere "perfettamente, assolutamente normali", trascuravano e maltrattavano il loro strano nipote. Loro erano i suoi tutori, ai quali fu affidato alla morte dei suoi genitori. Lo deprimevano di qualsiasi comfort e lo costringevano a vivere in un piccolo stanzino scuro. Più i Dursley si accanivano contro Harry, più viziavano il loro figlio Dudley, che somigliava più ad un suino che ad un umano.
Harry odiava quella vita, e cercava di trovare il lato positivo. Infatti allo scoccare del suo undicesimo compleanno comparve un gigante di nome Hagrid, che svelò la vera storia di Harry: il ragazzo infatti era un mago di discendenze famose, e Hagrid gli diede poi le indicazioni per alla scuola di magia Hogwarts, dove Harry dovette iniziare gli studi per diventare un vero e proprio mago.
Mentre Harry stava vedendo passare le immagini della sua vita passata un'idea folle attraversò la sua mente.
"E se Ron non ha risposto alla lettera proprio per questo? Perché ha saputo di quello stupido articolo? E se adesso non mi credesse più?" Harry non si accorse di stare parlando ad alta voce, e guardò la signora Brown, che scostò il giornale e si abbassò gli occhiali per scrutarlo meglio, farfugliando qualcosa che assomigliava molto a "questo è pazzo".
Il ragazzo scese in giardino, con l'intento di distrarsi un po'. Scese i gradini della veranda e guardò il prato, ancora bagnato per il temporale della sera prima. Camminava con le mani dietro la schiena, e guardava il cielo, sentendo lo scricchiolio dell'erba bagnata sotto le scarpe. Ad un tratto qualcosa lo colpì alle spalle.
"Edvige!" La civetta aveva un'aria stanca, e si strisciava dolcemente con il petto di Harry. "Finalmente!" esclamò lui con un sorriso a trentadue denti.
Cercò il messaggio di riposta tra le zampe di Edvige, ma non c'era assolutamente niente.
"Allora avevo ragione" mormorò sconsolato. "Crede anche lui che mi sia fatto vedere dai Babbani!" (Babbano è il termine per definire chi non ha i poteri) e tornò a testa bassa in casa.
Lunedì mattina Harry si trovava in cucina dei Dursley a fare colazione, al fianco di Dudley, che aveva tutte le labbra sporche di aranciata. Quando ebbe finito si alzò, ma lo bloccò un tonfo sordo che proveniva da fuori. Vide un'ombra svolazzare su e giù, su e giù senza sosta, dietro alle tende di zia Petunia. Con il cuore pieno di felicità corse ad aprire la finestra, e apparve un piccolo gufetto simile a una palla di cotone.
"Leo!" esclamò. Il pennuto sembrava felice di vederlo, e lo dimostrò appoggiandosi alla sua spalla. Harry sfilò un foglietto dalla zampa del gufo di Ron, e dopo averlo aperto cominciò a leggere.
Caro Harry,
Tutto bene? Scusa per il ritardo, ma ho dovuto organizzarmi con Hermione per spedirti un po' di cibo. Contento? Ho mandato a casa Edvige prima perché mi sembrava stanca! Tra un po' dovrebbero arrivare, oltre a Leo, il barbagianni di Hermione ed Errol. Vedrai quanta roba! Allora, veniamo a noi: durante e dopo il sogno ti è venuto male anche alla cicatrice? Oh, Harry, sono preoccupato! Senti, mia mamma ti ha invitato qua, vuoi venire? Bè, naturalmente sì, cioè, non credo che tu voglia rimanere lì, o no? Io e mio padre ti veniamo a prendere domani alle nove di mattina, fatti trovare!
Buon pranzo (eh eh)
Rone
Harry contrasse la sua faccia in un sorrisetto, pensando al modo in cui scriveva Ron. Due uccelli, un gufo e un barbagianni, tenevano tra le zampe una grande cesta e gracchiavano a più non posso. Harry prese il cesto e ringraziò i due gufi e il barbagianni che poi volarono via. Quando si girò, il suo sorriso si tramutò in orrore: il cugino-palla aveva assistito a tutta la scena. I piccolissimi occhi neri di Dudley scrutarono Harry dalla testa ai piedi, come per dire: adesso ti rovino, dico tutto a mamma e papà!
"Se dici una sola parola ai tuoi ti trasformo in un maiale per sempre!". Lo intimorì Harry. Dudley, che aveva già vissuto l'esperienza in passato (si era visto spuntare una coda da maiale dal suo fondo schiena), scappò in camera con le mani sul sederone. Harry sapeva bene che non avrebbe potuto usare i suoi poteri al di fuori di Hogwarts, ma sapeva altrettanto che Dudley non era al corrente di questo.
Harry corse di sopra con l'intento di riordinare le sue cianfrusaglie, e quando si fece sera non scese a cena per il solito cetriolo cotto, ma restò su a gustarsi la buonissima torta di cioccolato di Hermione e delle frittelle fatte dalla signora Weasley.
Il giorno dopo Harry aveva già radunato tutte le sue cose nel baule in soffitta, e stava aspettando le nove in punto. A pochi secondi prima dello scader del tempo, si sentì chiamare da fuori della finestra.
"Harry, Harry!" era la voce di Ron.
Harry afferrò il manico del baule e lo trascinò giù per le scale. Per uscire di casa dovette passare davanti agli zii e al cugino.
"Arrivederci" disse, sprizzando allegria da tutti i pori.
"'ao" mormorò lo zio Vernon, mentre la zia e Dudley si limitarono ad un cenno con la testa.
Quando varcò la soglia la sua felicità salì alle stelle vedendo Ron e il signor Weasley corrergli incontro. Dopo avergli dato una affettuosa pacca sulla spalla, il signor Weasley entrò in casa. Ron e Harry si lanciarono un occhiata di intesa, poi fu proprio Ron a spezzare il silenzio.
"Oh, Harry, non sai quanto sono felice!" e si fece scappare un gridolino.
"Ehm… sbaglio o è successo qualcosa di nuovo?"
"Già, hai indovinato. Tadaaan!" Ron si infilò una mano in tasca e ne estrasse una palla nera. Quando la mano si aprì Harry capì tutto. L'oggetto non era una palla… a dire il vero non era neanche un oggetto. Era uno Snaso. Il piccolo essere annusava dolcemente l'aria, come se cercasse qualcosa. In effetti gli Snaso erano piccoli esseri neri chiamati anche i ricercatori di tesori, perché erano in grado di trovare anche una moneta in fondo al mare.
"I miei mi hanno permesso di tenerlo! Però hanno dovuto fare un incantesimo alla casa e soprattutto ai tesori di famiglia, altrimenti ce li avrebbe rubati!"
I due scoppiarono in una fragorosa risata. Quando il signor Weasley uscì dalla casa dei Dursley, raccolse in un abbraccio Harry e Ron, poi li lasciò respirare lasciandoli. "Sarà meglio liberarci di questo peso" disse guardando l'enorme baule di Harry. Detto questo, impugnò la sua bacchetta magica che era nel taschino della giacca.
"Reducto!" Il baule si rimpicciolì fino ad entrare in un palmo di mano, Harry lo afferrò e se lo mise in tasca.
"Allora, Harry, perché non ci fai vedere questo paesino?" disse, con la faccia di un bambino impaziente.
"Ma…come siete arrivati qui?" chiese Harry.
"Con una Passaporta! Infatti ti ho chiesto di mostrarci un po' il paese perché tanto abbiamo un'ora, prima che ne arrivi un'altra" rispose fiero il signor Weasley.
Mentre si dirigevano fuori dal giardino dei Dudley, e si allontanavano da quella sinistra via, Harry pensava alle avventure che aveva passato insieme ai suoi amici, e sentendo parlare Ron di passaporte, lo raggiunse un senso di malinconia per il Quidditch. L'anno prima, lui e i Weasley erano andati a vedere la Coppa Finale di Quidditch, e per arrivarci avevano usato proprio una passaporta.
La passaporta era un oggetto qualsiasi, come una bottiglia vuota o un vecchio scarpone, che non doveva dare nell'occhio, specialmente occhi umani… Infatti serviva per trasportare un mago da un posto all'altro, come un tram sulla terra.
Harry non si era accorto di aver già raggiunto il "centro" del paese, ma quando realizzò vide il signor Weasley attaccato ad una vetrina di un negozio di elettrodomestici. I maghi non conoscevano quegli oggetti, non ne sapevano neanche l'esistenza, ma il signor Weasley lavorava al ministero della magia, nell'ufficio dell'"Uso Improprio degli oggetti Babbani", e quindi conosceva un po' di cose, ma era comunque affascinato.
Mentre Harry e Ron erano seduti su una panchina a gustare un gelato, e il signor Weasley correva da una vetrina a un'altra, una anziana signora dai capelli brizzolati e con uno scialle viola sulle spalle, si avvicinò ai due ragazzi e puntò il suo bastone da passeggio verso Harry, che si appiattì alla panchina. La signora sembrava infuriata.
"Tu!" esclamò con la sua voce tremolante. "Tu sei il demone che volava!!" Molte persone si girarono verso di loro, e formarono un semicerchio attorno a Harry e a Ron; molti urlavano, altri sembravano spaventati, tutti accusavano Harry del fatto di aver volato sopra ad una scopa. Il ragazzo voleva sprofondare, e sentì le vampate di calore sulla sua faccia, che era rossa come un peperone.
Ad un certo punto la folla si allargò, e fece passare il signor Weasley, che sembrava infuriato quanto la lei. Per un attimo Harry pensò che fosse arrabbiato con lui, che qualcuno gli avesse detto tutto, ma quando i tre si furono allontanati, il signor Weasley cominciò a farfugliare parole che Harry non capì, e lo strinse stretto a sé.
"Harry" disse. "Si devono essere sbagliati, chissà per chi ti hanno preso!"
Harry si fermò, e lo fecero anche Ron e il padre.
"Io…" deglutì "Io vi devo dire una cosa."
"L'altra mattina, sul giornale c'era una mia foto che mi raffigurava sulla Fire Bolt.
Ma io, io non ero! Insomma, la mia scopa volante è restata chiusa nel baule per quattro lunghi mesi! Non capisco chi possa essere quell'impostore… è identico a me!"
"Hai il giornale con te?" chiese il signor Weasley, che aveva assunto un'aria seria.
"No, non ci ho pensato."
I tre passarono davanti alla gelateria dove avevano comprato un gelato, e poi attraversarono il parco, senza dire una parola.
"Mhm…" un mugolio uscì dalle labbra di Artur Weasley. "E' quello il giornale?" chiese indicando un giornale unto e sporco, su una panchina lì vicino. Era aperto proprio sull'articolo di Harry.
"Sì" rispose timido Harry. Con fare indifferente, il signor Weasley estrasse dalla giacca beige la sua bacchetta, e la puntò verso il giornale.
"Accio giornale!" Il giornale si alzò in volo, e si allontanò dalla panchina sfrecciando verso Harry, che lo afferrò al volo.
Arthur Weasley sgranò gli occhi scrutando l'immagine dell'articolo.
"Ma ma ma … questo sei tu, o a a a almeno, sembreresti tu…" balbettò.
"Ehi! E' tardi!" Ron aveva appena guardato l'orologio.
"Mancano pochi minuti all'arrivo della passaporta!"
Così si recarono al luogo della passaporta, che quel giorno era un orribile calzino bucato a strisce bianche e azzurre. Allo scoccare dell'ora x i tre afferrarono il calzino. Era da tanto che Harry non sentiva quella sensazione. Si sentiva trascinare nel vuoto, in un vortice magico, e dopo pochi attimi si ritrovò a fianco di Ron, nel giardino dei Weasley. I due ragazzi corsero su in camera di Ron, per appoggiare i bagagli. Lì trovarono Hermione, l'ultimo componente del trio. Aveva lunghi capelli castani (Harry notò che non erano scompigliati come al solito) e stranamente era truccata. Hermione era sempre stata la più studiosa del gruppo, aveva il massimo dei voti in tutto, e non esitava nel dare consigli a tutti.
"Ciao" disse con un grande sorriso. "Ciao! Ehm, grazie dei dolci!" rispose Harry.
"Figurati! Senti, come è andata quest'estate?" gli chiese Hermione con una punta di sarcasmo.
"Ah ah, come vuoi che sia andata?" Harry raccontò la storia del giornale a Hermione, che rimase stupita, poi i tre cominciarono ad abbuffarsi dei dolci rimasti a Harry, finché non vennero chiamati per il pranzo.
Capitoli:
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