FANFIC AI DAKE GA DEKIRU KOTO Era inutile, si disse Haruka, rialzandosi sulle ginocchia sbucciate. Non c’era alcun modo di battere quel dannato mostro. Poco distante riecheggiò il boato di un’esplosione che fece tremare la volta affrescata dell’edificio. Dietro di lei, Hotaru si appoggiava sconfortata al Silence Glaive, Setsuna e Michiru non osavano guardarsi indietro e, mentre la prima appoggiava la mano sulla spalla della ragazzina, l’altra non riusciva a staccare gli occhi dal profilo serio della sua ragazza. Poteva setacciare i suoi pensieri uno per uno. Non avrebbe permesso che Hotaru usasse appieno i propri poteri, né avrebbe accettato di esporre al pericolo lei o Setsuna. Stupida altruista. Chiuse gli occhi e appoggiò le dita sulle tempie. Il mare era in burrasca. Ma non era il vento di lei a soffiare. Aspettò silenziosamente che parlasse. «Dividiamoci.». Si morse il labbro. Per la prima volta, conoscerla fino in fondo le fece male. Nessuna rispose. Haruka non si voltò. La guardò con la coda dell’occhio. «Michiru.» la richiamò. «D’accordo.» le rispose in un soffio. Era il loro modo di proteggere Princess Serenity, con il cuore di ferro e la devozione di un samurai. Ma mai, prima di allora, aveva mai sentito un no che saliva come acqua dal profondo del cuore. Haruka si voltò, fissandola con sguardo tranquillo. Michiru avrebbe voluto scorgerle un qualunque segno di tensione sul viso, ma quello era uno di quei momenti in cui Haruka decideva di diventare impenetrabile. Anche a lei. Al momento della morte – dice il detto – si è soli. Si sentì delusa: aveva sempre pensato che sarebbero state insieme. «Vai con loro.» le disse lei, semplicemente. E Michiru si chiese all’improvviso perché mai Haruka avrebbe dovuto morire. «Se non dovessi tornare…» la sentì aggiungere in tono scanzonato «… le chiavi della macchina sono nascoste nella biscottiera in cucina, sotto lo scotch e le batterie.» «E perché dovresti averle nascoste?» domandò, accennando un sorriso, in un impeto di testardaggine nei confronti della fitta che la stava assalendo «Perché Setsuna prende delle botte assurde sulla targa quando va a fare la spesa.» rispose lei, con noncuranza «Guarda che adesso che lo so non hai più scuse per non lasciarmi la macchina martedì.» ribatté con un sorriso mesto la donna dietro di loro. Uranus ridacchiò, con gli occhi lucidi. Per un istante, non sentì parlare nessuno. «Su, andate. Qui ci penso io.» disse, facendo loro un breve cenno. Al contrario di Setsuna e Hotaru, Michiru non si mosse. Non che Haruka non lo avesse previsto. Le si avvicinò quanto più poté. «Michiru…» ma tacque quando sentì il calore della sua stretta attraverso il guanto. «Non puoi andare da sola.» «Oh, avanti, certo che posso.» la rimbeccò lei con dolcezza, l’altra mano intenta a sistemarle un ricciolo dietro l’orecchio. «Fare da sole non è mai stato nei patti.» «Avevamo promesso di non parlarne mai fuori da un letto.». Se ne avesse avuto la forza, Michiru avrebbe riso. «Sei incorreggibile. Sempre a travisare.». Haruka le sorrise. Lei fece un tentativo, intrecciando le dita con le sue. Sentì il pollice di Haruka che le accarezzava la mano. Non disse niente, le mise la mano sulla spalla e sorrise come una bambina quando vide la sua faccia rassegnata. Si aspettò una battuta. Si sbagliava. Lei si portò una mano dietro al collo e sganciò quella che, constatò Michiru, sorpresa, era una catenina d’oro nascosta nel sailorfuku. Al centro, un pendente d’ambra recava il simbolo di Urano. Le spostò i capelli di lato per agganciarglielo al collo. «Questo è il pendente che Princess Uranus regalò a Princess Neptune prima che il Silver Millennium fosse distrutto.» bisbigliò, con una punta di orgoglio e di tenerezza. «Vi ha posto sopra un incantesimo perché la proteggesse.» e si chinò a baciare la fredda gemma, che splendette per un istante. «Adesso è attivato. Stavolta io non sarò con te, e… questa potrebbe davvero esserti d’aiuto. Non che io dubiti della tua forza, ma… non voglio lasciarti completamente da sola.» mormorò, mortificata. Michiru seguitava a guardarla con i grandi occhi azzurri colmi di tristezza. Poco importava quanto fosse brava a dissimularla, lei riusciva a vederla benissimo. «Una di noi deve restare a proteggere la Principessa.» aggiunse. Sapeva che non c’era bisogno di convincerla su questo punto, ma sentiva il bisogno di dirlo ad alta voce. Aveva bisogno di vederla annuire, di vederla sorridere, di vederla scappare lontano da lì. «… Non sono molto brava ad esprimere quello che penso…» borbottò, a mo’ di scusa «Ho bisogno di fare qualcosa, piuttosto che dirlo a parole. Ma non posso fare niente, se salvare il mondo significa perdere te.». «Ti amo, Haruka.» Lei le diede un buffetto su una guancia e le lasciò la mano. «Vai.» sussurrò. Si voltò dalla parte opposta e si lanciò nel corridoio. Michiru fece lo stesso, ma non poté fare a meno di voltarsi indietro. Da lontano, Haruka agitò allegramente la mano. «Vado, lo sminuzzo e torno subito!» urlò. Michiru scoppiò a ridere nonostante le lacrime agli occhi. «Sbruffona!» le rispose, sparendo nel buio del cunicolo. Quando Haruka fu lontana, strofinò via le grosse gocce salmastre dagli occhi e sfrecciò attraverso il tunnel, con i singhiozzi che la sconquassavano e il rumore dei suoi passi amplificati dall’eco. Stupida. Come se si fosse dimenticata che la cosa più importante era camminare sapendo di stare al suo fianco. * La Space
Sword si abbatté senza successo sul corpo marcescente del mostro. Imprecò
e si tastò il braccio, da cui sgorgava un fiotto di sangue scuro. Le
tremavano le gambe e, in mezzo alla nebbia, tutto quel che riusciva a vedere
era il sorriso di Michiru, l’onda azzurra dei suoi capelli di sirenetta,
i suoi occhi bagnati di lacrime. |
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