FANFIC

AI DAKE GA DEKIRU KOTO
Ciò che solo l’amore può fare

Juuhachi Go




Era inutile, si disse Haruka, rialzandosi sulle ginocchia sbucciate. Non c’era alcun modo di battere quel dannato mostro. Poco distante riecheggiò il boato di un’esplosione che fece tremare la volta affrescata dell’edificio.
Dietro di lei, Hotaru si appoggiava sconfortata al Silence Glaive, Setsuna e Michiru non osavano guardarsi indietro e, mentre la prima appoggiava la mano sulla spalla della ragazzina, l’altra non riusciva a staccare gli occhi dal profilo serio della sua ragazza.
Poteva setacciare i suoi pensieri uno per uno. Non avrebbe permesso che Hotaru usasse appieno i propri poteri, né avrebbe accettato di esporre al pericolo lei o Setsuna.
Stupida altruista.
Chiuse gli occhi e appoggiò le dita sulle tempie.
Il mare era in burrasca. Ma non era il vento di lei a soffiare.
Aspettò silenziosamente che parlasse.
«Dividiamoci.».
Si morse il labbro.
Per la prima volta, conoscerla fino in fondo le fece male. Nessuna rispose.
Haruka non si voltò.
La guardò con la coda dell’occhio.
«Michiru.» la richiamò.
«D’accordo.» le rispose in un soffio. Era il loro modo di proteggere Princess Serenity, con il cuore di ferro e la devozione di un samurai.
Ma mai, prima di allora, aveva mai sentito un no che saliva come acqua dal profondo del cuore.
Haruka si voltò, fissandola con sguardo tranquillo. Michiru avrebbe voluto scorgerle un qualunque segno di tensione sul viso, ma quello era uno di quei momenti in cui Haruka decideva di diventare impenetrabile. Anche a lei.
Al momento della morte – dice il detto – si è soli.
Si sentì delusa: aveva sempre pensato che sarebbero state insieme.
«Vai con loro.» le disse lei, semplicemente.
E Michiru si chiese all’improvviso perché mai Haruka avrebbe dovuto morire.
«Se non dovessi tornare…» la sentì aggiungere in tono scanzonato «… le chiavi della macchina sono nascoste nella biscottiera in cucina, sotto lo scotch e le batterie.»
«E perché dovresti averle nascoste?» domandò, accennando un sorriso, in un impeto di testardaggine nei confronti della fitta che la stava assalendo
«Perché Setsuna prende delle botte assurde sulla targa quando va a fare la spesa.» rispose lei, con noncuranza
«Guarda che adesso che lo so non hai più scuse per non lasciarmi la macchina martedì.» ribatté con un sorriso mesto la donna dietro di loro. Uranus ridacchiò, con gli occhi lucidi.
Per un istante, non sentì parlare nessuno.
«Su, andate. Qui ci penso io.» disse, facendo loro un breve cenno. Al contrario di Setsuna e Hotaru, Michiru non si mosse. Non che Haruka non lo avesse previsto. Le si avvicinò quanto più poté.
«Michiru…» ma tacque quando sentì il calore della sua stretta attraverso il guanto.
«Non puoi andare da sola.»
«Oh, avanti, certo che posso.» la rimbeccò lei con dolcezza, l’altra mano intenta a sistemarle un ricciolo dietro l’orecchio.
«Fare da sole non è mai stato nei patti.»
«Avevamo promesso di non parlarne mai fuori da un letto.».
Se ne avesse avuto la forza, Michiru avrebbe riso.
«Sei incorreggibile. Sempre a travisare.».
Haruka le sorrise.
Lei fece un tentativo, intrecciando le dita con le sue. Sentì il pollice di Haruka che le accarezzava la mano. Non disse niente, le mise la mano sulla spalla e sorrise come una bambina quando vide la sua faccia rassegnata.
Si aspettò una battuta.
Si sbagliava.
Lei si portò una mano dietro al collo e sganciò quella che, constatò Michiru, sorpresa, era una catenina d’oro nascosta nel sailorfuku. Al centro, un pendente d’ambra recava il simbolo di Urano. Le spostò i capelli di lato per agganciarglielo al collo.
«Questo è il pendente che Princess Uranus regalò a Princess Neptune prima che il Silver Millennium fosse distrutto.» bisbigliò, con una punta di orgoglio e di tenerezza. «Vi ha posto sopra un incantesimo perché la proteggesse.» e si chinò a baciare la fredda gemma, che splendette per un istante.
«Adesso è attivato. Stavolta io non sarò con te, e… questa potrebbe davvero esserti d’aiuto. Non che io dubiti della tua forza, ma… non voglio lasciarti completamente da sola.» mormorò, mortificata.
Michiru seguitava a guardarla con i grandi occhi azzurri colmi di tristezza. Poco importava quanto fosse brava a dissimularla, lei riusciva a vederla benissimo.
«Una di noi deve restare a proteggere la Principessa.» aggiunse. Sapeva che non c’era bisogno di convincerla su questo punto, ma sentiva il bisogno di dirlo ad alta voce. Aveva bisogno di vederla annuire, di vederla sorridere, di vederla scappare lontano da lì.
«… Non sono molto brava ad esprimere quello che penso…» borbottò, a mo’ di scusa «Ho bisogno di fare qualcosa, piuttosto che dirlo a parole. Ma non posso fare niente, se salvare il mondo significa perdere te.».
«Ti amo, Haruka.»
Lei le diede un buffetto su una guancia e le lasciò la mano.
«Vai.» sussurrò. Si voltò dalla parte opposta e si lanciò nel corridoio. Michiru fece lo stesso, ma non poté fare a meno di voltarsi indietro. Da lontano, Haruka agitò allegramente la mano.
«Vado, lo sminuzzo e torno subito!» urlò.
Michiru scoppiò a ridere nonostante le lacrime agli occhi.
«Sbruffona!» le rispose, sparendo nel buio del cunicolo. Quando Haruka fu lontana, strofinò via le grosse gocce salmastre dagli occhi e sfrecciò attraverso il tunnel, con i singhiozzi che la sconquassavano e il rumore dei suoi passi amplificati dall’eco.
Stupida.
Come se si fosse dimenticata che la cosa più importante era camminare sapendo di stare al suo fianco.

*

La Space Sword si abbatté senza successo sul corpo marcescente del mostro. Imprecò e si tastò il braccio, da cui sgorgava un fiotto di sangue scuro. Le tremavano le gambe e, in mezzo alla nebbia, tutto quel che riusciva a vedere era il sorriso di Michiru, l’onda azzurra dei suoi capelli di sirenetta, i suoi occhi bagnati di lacrime.
Sentì la rabbia che la investiva come un morso.
Non si era separata da lei per farla morire.
Con una forza che non sapeva da dove le arrivava, si raddrizzò, brandendo la scimitarra con entrambe le mani spellate.
Aveva delle persone da cui tornare.
Persone che meritavano tutte le meraviglie del mondo.
«SPACE SWORD BLASTER!» ruggì, schizzando in avanti, il sangue che le colava sugli occhi e sulle labbra. La lama affondò nella carne viscida della creatura per parecchi centimetri, Haruka non ebbe nemmeno il tempo di reagire quando questa respinse l’arma dall’interno. La spinta fu tale da farle fare un volo interminabile, che si concluse contro la parete.
Sentì tutte le ossa accartocciarsi e frantumarsi come porcellana vecchia, mentre un insopportabile drappo di stanchezza le piombava addosso.
Avrebbe preferito abbracciare Michiru un’ultima volta, ma tutto quel che sentiva era il sibilo del colpo di grazia che tagliava l’aria e che l’avrebbe annientata in pochi secondi.
«HARUKA!!».
Aprì un occhio, con grande fatica. La sua vista non era certo buona in quel momento, ma quella macchia azzurra che saettava verso di lei non poteva essere che Michiru. La vide che deviava il colpo con un braccio e fremette alla vista dell’escoriazione che si procurò nel farlo. Poco dopo, ansimante, rotolò davanti a lei.
«Ti… ti avevo detto… di andartene…!»
«E io ribadisco che ti amo! DEEP—» ma il braccio ferito le rallentava i movimenti e diede al nemico il tempo necessario per scagliare un secondo colpo verso di loro. Pur sapendo che sarebbe stato inutile, incrociò le braccia per attutire l’impatto: non avrebbe mai potuto spostare Haruka in quelle condizioni.
Fu tutto più rapido di quanto pensassero.
Il fascio elettrico arrivò contro di loro sfavillando a velocità supersonica. La catenina di Michiru oscillò furiosamente nell’onda d’urto, il ciondolo che brillava spasmodico mentre assorbiva tutto il micidiale fendente dentro di sé.
Scoppiò in mille briciole d’oro.
Michiru e Haruka si sentirono sollevate nella luce calda e vigorosa dell’incantesimo, che si raccolse nelle mani di Neptune e investì il mostro con una potenza devastante… a cui vennero improvvisamente in aiuto due poteri a loro ben noti.
«Non possiamo lasciarvi da sole neanche un attimo, eh?» chiesero in coro Saturn e Pluto, spuntate ai loro lati, Silence Glaive e Garnet Orb alla mano.
Haruka borbottò qualcosa sui padri inascoltati, a cui nessuno prestò attenzione: avevano centrato in pieno l’alieno, che attestava la propria disfatta con un lampo gigantesco. Di lui non rimase che qualche resto fumante.
Le Senshi – ad eccezione di Uranus, già abbastanza provata per conto suo – capitombolarono a terra, esauste e felici, con la fronte madida di sudore. Michiru non fece neanche caso alle lacrime di gioia che le cominciarono a scendere dagli occhi quando Haruka, con un filo di voce, cominciò a riempirla di rimproveri. Non ne sentì nemmeno uno. Piuttosto, la coprì di baci, con il massimo riguardo per il suo scheletro che…
«Ehi! Sto bene!» la sentì esclamare all’improvviso. Provò a muoversi: tutto sembrava normale, non c’era un osso fuori posto, si accorse. La cosa servì solamente ad autorizzare Michiru a buttarsi senza ritegno fra le sue braccia e raddoppiare la dose di baci. Stavolta, Haruka non ebbe alcuna voglia di fare la dura e, quando sentì il suo corpo solido e tangibile che le riempiva le mani, vi si aggrappò con tutta la forza che aveva e prese a cercarle le labbra.
«Un mondo senza di te non è un mondo che ho la forza di salvare.» le sussurrò all’orecchio. Michiru le accarezzò la testa.
«Perché è l’amore che muove le nostre guerre.» bisbigliò.
«Allora vi conviene muovere anche le gambe!» gridò Hotaru. Le due si voltarono a guardarla. Lei sghignazzò, indicando Setsuna. Haruka perse tutto il colorito recentemente riacquistato: fra il pollice e l’indice, la donna reggeva le chiavi della sua macchina.
La ragazza fece due più due e realizzò, con disappunto, che in casa sua non si conosceva il rispetto della privacy per i nascondigli altrui e che, cosa molto più importante, Setsuna l’aveva giocata.
«Voi siete stanche… se non riuscite a reggervi in piedi, allora tocca a me guidare!»
«Un momento!» si oppose Haruka, rizzandosi sulle gambe ancora un po’ malconce, ben decisa a far valere i propri diritti di guidatrice. Osservandole, Michiru e Hotaru si scambiarono uno sguardo indulgente.
«Quello che mi preoccupa» scherzò la prima «è che abbiamo tutta la vita davanti! E chi la sopporta poi, quando entra in menopausa!»
«Ah,» sospirò Hotaru, volutamente teatrale «C’est l’amour, Mademoiselle!» enunciò, in un francese da brivido.
Michiru annuì ridendo, mentre lei e la ragazzina si mettevano comode per fare da spettatrici alla litigata. Erano ancora alla fase dammi le chiavi.
Eh sì, si disse Michiru. Hotaru ci aveva proprio visto giusto. Silenziosamente, ripescò un frammento del ciondolo che le era rimasto impigliato fra i capelli.
Aveva un intuito molto più acuto di quel che credeva.

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A/N 16 dicembre 2006, ore 19:51. Nata dal flash della prima parte che mi perseguitava da giorni… fino al ciondolo che si rompe è_é. Poi ho pensato che non doveva necessariamente avere una storia di contorno XD. Ragion per cui, in questa mia seconda Harumichi, così classica, romantica e sviolinante XD non trovateci un senso XD. Teoricamente ambientata dopo la fine della 5^ serie, scritta con la BGM commovente dell’episodio 198, intitolata come una canzone di SM che amo alla follia, dedicata a lisachan che mi ha fatto decidere ad esorcizzare questo mio tormento XDD e a zia Harriet, che è una pucciwoman.