FANFIC
AI DAKE GA DEKIRU KOTO
Ciò che solo l’amore può fare
*
La Space
Sword si abbatté senza successo sul corpo marcescente del mostro. Imprecò
e si tastò il braccio, da cui sgorgava un fiotto di sangue scuro. Le
tremavano le gambe e, in mezzo alla nebbia, tutto quel che riusciva a vedere
era il sorriso di Michiru, l’onda azzurra dei suoi capelli di sirenetta,
i suoi occhi bagnati di lacrime.
Sentì la rabbia che la investiva come un morso.
Non si era separata da lei per farla morire.
Con una forza che non sapeva da dove le arrivava, si raddrizzò, brandendo
la scimitarra con entrambe le mani spellate.
Aveva delle persone da cui tornare.
Persone che meritavano tutte le meraviglie del mondo.
«SPACE SWORD BLASTER!» ruggì, schizzando in avanti,
il sangue che le colava sugli occhi e sulle labbra. La lama affondò nella
carne viscida della creatura per parecchi centimetri, Haruka non ebbe nemmeno
il tempo di reagire quando questa respinse l’arma dall’interno.
La spinta fu tale da farle fare un volo interminabile, che si concluse contro
la parete.
Sentì tutte le ossa accartocciarsi e frantumarsi come porcellana vecchia,
mentre un insopportabile drappo di stanchezza le piombava addosso.
Avrebbe preferito abbracciare Michiru un’ultima volta, ma tutto quel che
sentiva era il sibilo del colpo di grazia che tagliava l’aria e che l’avrebbe
annientata in pochi secondi.
«HARUKA!!».
Aprì un occhio, con grande fatica. La sua vista non era certo buona in
quel momento, ma quella macchia azzurra che saettava verso di lei non poteva
essere che Michiru. La vide che deviava il colpo con un braccio e fremette alla
vista dell’escoriazione che si procurò nel farlo. Poco dopo, ansimante,
rotolò davanti a lei.
«Ti… ti avevo detto… di andartene…!»
«E io ribadisco che ti amo! DEEP—» ma il braccio
ferito le rallentava i movimenti e diede al nemico il tempo necessario per scagliare
un secondo colpo verso di loro. Pur sapendo che sarebbe stato inutile, incrociò
le braccia per attutire l’impatto: non avrebbe mai potuto spostare Haruka
in quelle condizioni.
Fu tutto più rapido di quanto pensassero.
Il fascio elettrico arrivò contro di loro sfavillando a velocità
supersonica. La catenina di Michiru oscillò furiosamente nell’onda
d’urto, il ciondolo che brillava spasmodico mentre assorbiva tutto il
micidiale fendente dentro di sé.
Scoppiò in mille briciole d’oro.
Michiru e Haruka si sentirono sollevate nella luce calda e vigorosa dell’incantesimo,
che si raccolse nelle mani di Neptune e investì il mostro con una potenza
devastante… a cui vennero improvvisamente in aiuto due poteri a loro ben
noti.
«Non possiamo lasciarvi da sole neanche un attimo, eh?» chiesero
in coro Saturn e Pluto, spuntate ai loro lati, Silence Glaive e Garnet Orb alla
mano.
Haruka borbottò qualcosa sui padri inascoltati, a cui nessuno prestò
attenzione: avevano centrato in pieno l’alieno, che attestava la propria
disfatta con un lampo gigantesco. Di lui non rimase che qualche resto fumante.
Le Senshi – ad eccezione di Uranus, già abbastanza provata per
conto suo – capitombolarono a terra, esauste e felici, con la fronte madida
di sudore. Michiru non fece neanche caso alle lacrime di gioia che le cominciarono
a scendere dagli occhi quando Haruka, con un filo di voce, cominciò a
riempirla di rimproveri. Non ne sentì nemmeno uno. Piuttosto, la coprì
di baci, con il massimo riguardo per il suo scheletro che…
«Ehi! Sto bene!» la sentì esclamare all’improvviso.
Provò a muoversi: tutto sembrava normale, non c’era un osso fuori
posto, si accorse. La cosa servì solamente ad autorizzare Michiru a buttarsi
senza ritegno fra le sue braccia e raddoppiare la dose di baci. Stavolta, Haruka
non ebbe alcuna voglia di fare la dura e, quando sentì il suo corpo solido
e tangibile che le riempiva le mani, vi si aggrappò con tutta la forza
che aveva e prese a cercarle le labbra.
«Un mondo senza di te non è un mondo che ho la forza di salvare.»
le sussurrò all’orecchio. Michiru le accarezzò la testa.
«Perché è l’amore che muove le nostre guerre.»
bisbigliò.
«Allora vi conviene muovere anche le gambe!» gridò Hotaru.
Le due si voltarono a guardarla. Lei sghignazzò, indicando Setsuna. Haruka
perse tutto il colorito recentemente riacquistato: fra il pollice e l’indice,
la donna reggeva le chiavi della sua macchina.
La ragazza fece due più due e realizzò, con disappunto, che in
casa sua non si conosceva il rispetto della privacy per i nascondigli altrui
e che, cosa molto più importante, Setsuna l’aveva giocata.
«Voi siete stanche… se non riuscite a reggervi in piedi, allora
tocca a me guidare!»
«Un momento!» si oppose Haruka, rizzandosi sulle gambe ancora un
po’ malconce, ben decisa a far valere i propri diritti di guidatrice.
Osservandole, Michiru e Hotaru si scambiarono uno sguardo indulgente.
«Quello che mi preoccupa» scherzò la prima «è
che abbiamo tutta la vita davanti! E chi la sopporta poi, quando entra in menopausa!»
«Ah,» sospirò Hotaru, volutamente teatrale «C’est
l’amour, Mademoiselle!» enunciò, in un francese da brivido.
Michiru annuì ridendo, mentre lei e la ragazzina si mettevano comode
per fare da spettatrici alla litigata. Erano ancora alla fase dammi le chiavi.
Eh sì, si disse Michiru. Hotaru ci aveva proprio visto giusto. Silenziosamente,
ripescò un frammento del ciondolo che le era rimasto impigliato fra i
capelli.
Aveva un intuito molto più acuto di quel che credeva.
~
A/N
16 dicembre 2006, ore 19:51. Nata dal flash della prima parte che mi
perseguitava da giorni… fino al ciondolo che si rompe è_é.
Poi ho pensato che non doveva necessariamente avere una storia di contorno XD.
Ragion per cui, in questa mia seconda Harumichi, così classica, romantica
e sviolinante XD non trovateci un senso XD. Teoricamente ambientata dopo la
fine della 5^ serie, scritta con la BGM commovente dell’episodio 198,
intitolata come una canzone di SM che amo alla follia, dedicata a lisachan che
mi ha fatto decidere ad esorcizzare questo mio tormento XDD e a zia Harriet,
che è una pucciwoman.