FANFIC

Not Forgotten

Misty




"Chi è la ragazza che attende ancora il tuo ritorno?

Chi sono io… qual è il mio nome?

Dei del cielo, vorrei tanto saperlo…"



I lunghi capelli sciolti sulle spalle come una cascata di grano scuro, le iridi
profonde degli occhi che, in un tempo che pareva e che forse era davvero ormai
lontanissimo, avevano riflettuto quell’azzurro adesso vagavano perse
sull’oscurità fittizia della Shibuya notturna.
Lei era in piedi davanti alla finestra, fissava senza vederlo il caleidoscopio
di luci che rendeva la notte meno cupa. Lei che non sapeva come fosse finita in
quella casa, lei che non conservava nella propria memoria mutilata nessun
ricordo che non fosse quello di quel volto, quegli occhi.
Quella canzone.
Quella melodia, lei poteva ripeterne senza sosta le note sulla tastiera del
vecchio pianoforte, poteva ripeterle e ripeterle fino a consumare i tasti, fino
a consumare le proprie dita bianche e sottili.
Senza mai arrivare al finale.



"Non ricordo il mio nome, non ricordo neppure il mio aspetto, in questa casa
non ci sono specchi e io da qui non riesco ad uscire

Non so perché sono qui, non conosco queste stanze. Forse ci ho vissuto in un
tempo lontano eppure non riesco a rievocare uno stralcio di vita da niente di
tutto ciò che mi circonda… tutto è così freddo e distante e se davvero in
passato io sono stata qui, la mia mente non ne conserva alcun ricordo.

Erano miei, i piedi che hanno calpestato nudi e frettolosi il marmo di questi
pavimenti? Erano mie le mani che hanno scostato queste tende pesanti per far
entrare la luce, inaspettata, netta, tagliente nella penombra?

Non lo so. Non più."



Il vetro era freddo contro i suoi polpastrelli. Così sottile, sarebbe stato
così facile infrangerlo, ridurlo ad una pioggia di frammenti lucenti sul prato
reso d’un’irreale tinta d’argento sotto l’ingannevole luce della luna. Ma
sarebbe servito? Sarebbe servito a fuggire da quella casa, lasciarsi alle
spalle quelle mura che parevano stringersi attorno a lei, ogni giorno di più,
minacciando di sommergerla e soffocarla?
L’errare dei suoi passi senza meta l’avrebbe sempre riportata lì. Ad aspettare.
Invano, forse.
Prigioniera delle catene invisibili che la conducevano sempre nella stessa
stanza, ogni volta che cercava di lasciare quella che un tempo forse aveva
chiamato casa, quella che un tempo forse era stata una dimora accogliente.
Quella che adesso era solo la sua prigione dove lui forse non l’avrebbe trovata
mai.
Da cui lui forse non l’avrebbe mai liberata.
Quella melodia, quelle note dolci e sofferte sulla tastiera d’un pianoforte,
avrebbero continuato ad echeggiare senza fine per i corridoi vuoti, senza che
nessuno tranne lei potesse mai udirle.



"Eppure qualcosa lo ricordo ancora.

Nella mia mente persiste marchiata a fuoco l’immagine dei tuoi occhi… mi
ricordo il tuo volto, mi ricordo il tuo sorriso. Ricordo la tua voce dolce
quando accarezzavi le corde della tua chitarra e cantavi per me.

Ne conservo i frammenti fragili da interminabili notti."



Chiuse gli occhi. Shibuya non era bella come si poteva pensare, di notte…



"Ricordo il calore dei tuoi abbracci.

Tutto ciò che resta di un tempo in cui forse mi chiamavi amore…

Sì, mi ricordo, ricordo le tue labbra, ancora.

Ricordo ogni tuo bacio."



Non c’era posto nella sua mente, per accogliere un dolore che non fosse il suo.



"Mi ricordo di te, Adam."