FANFIC

Impossible is nothing

Misty




--PROLOGO--

Era successo una mattina d’autunno.

L’aria era frizzante, i caldi raggi del sole illuminavano le foglie marroni e rosse ammucchiate ai piedi degli alberi. Una mattina come ce n’erano state tante, e tante ce ne sarebbero state poi. Niente lasciava presupporre quello che sarebbe successo…

Ash era così impaziente di vincere una Medaglia Tempesta a Fiorlisopoli che non aveva dato ascolto a Misty e a Broke che avevano pensato di aspettare qualche giorno a ripartire. Aveva semplicemente detto loro che ci sarebbe andato da solo, avrebbe fatto in un lampo e loro avrebbero potuto aspettarlo al Centro Medico per Pokèmon di Oliminopoli. Non si era scoraggiato neanche quando aveva saputo di dover attraversare una foresta. E con questo aveva fatto arrabbiare Misty, che gli aveva voltato le spalle con un seccato «Ma fa’ come ti pare.»

Ma perché, perché l’aveva fatto? Avrebbe potuto impedirgli di partire. Avrebbe potuto seguirlo. Avrebbe potuto convincere Broke ad andare con lui. Avrebbe potuto fare tante cose, ma non le aveva fatte. Aveva preferito voltargli le spalle con quel secco “ma fa’ come ti pare”.

E Ash aveva fatto come gli era parso. Quella stessa mattina si era messo in cammino per la palestra di Fiorlisopoli.

Misty e Broke avevano aspettato. E aspettato. E aspettato. Ma Ash non aveva fatto ritorno.



La foresta era stata perlustrata da cima a fondo, per giorni. E tutto quello che avevano trovato era stato il cappello di Ash, abbandonato a terra vicino a delle orme di Ursaring e, cosa terribile, a delle macchie di sangue.

Misty, con le mani che le tremavano, aveva preso il cappellino da quelle dell’agente Jenny, se l’era avvicinato al viso ed era scoppiata a piangere.



Furono giorni terribili, per Misty. Non riusciva ad accettare l’idea che Ash fosse morto, che non l’avrebbe rivisto mai più. Che l’ultima volta che lo aveva visto si era arrabbiata con lui. No, non era possibile che Ash se ne fosse andato per sempre, che non sarebbe mai più stato con lei. Stringeva disperatamente a sé il cappellino senza separarsene nemmeno per un attimo. Non c’era cosa che non le ricordasse Ash: alla mattina, quando vedeva lo spazio vuoto in cui avrebbe dovuto trovarsi il suo sacco a pelo, rivedeva Ash che ci dormiva in qualche strana posizione. Allontanava da sé il piatto senza mangiare niente perché ricordava come Ash si buttasse sul cibo. Evitava le palestre di Pokèmon per non pensare a tutti gli incontri vinti da Ash, a Ash che mostrava trionfante le medaglie conquistate. E ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva davanti a sé il suo viso, i suoi occhi. Tormentata dal ricordo e dal rimorso non riusciva a prendere sonno, e ancora stingendo a sé il cappellino affondava la faccia nel cuscino come per nascondersi e fuggire da quell’esistenza orribile. O per sperare che fosse tutto un sogno, un orribile incubo che sarebbe finito per sempre quando si sarebbe svegliata. Magari lo fosse stato. Un incubo, sì: si sarebbe svegliata nel cuore della notte, magari con il cuscino bagnato di lacrime, ma il giorno dopo avrebbe potuto raccontarlo… ad Ash. Purtroppo però non era un sogno, ma la tremenda realtà: Ash era morto, non sarebbe tornato mai più, per quanto orribile potesse essere. Tutte le sue preghiere non l’avrebbero fatto tornare, per quanto si sentisse sola, per quanto le mancasse. E l’immagine di Ash non l’abbandonava neppure nei sogni: lo vedeva, sorridente, impegnato in qualche incontro di Pokèmon, trionfante per la vittoria di una medaglia, e ogni volta che si svegliava avrebbe voluto continuare a dormire, avrebbe voluto non dover aprire mai più gli occhi, ma ogni volta doveva tornare a quella realtà in cui il mondo continuava a girare come se Ash non fosse mai esistito.

Allora si copriva il volto con le mani e scoppiava a piangere.

A volte Broke la sentiva, e avrebbe tanto voluto andare da lei e… e che cosa? Come poteva consolarla se si sentiva come lei?



Il tempo passava, anche se in modo terribilmente lento, e i giorni, le settimane, i mesi scivolavano via portando con sé un po’ di dolore. Erano passati sei mesi. Misty era tornata a vivere a Cerulean City, dalle sue sorelle, e stava iniziando a superare la perdita di Ash. Il dolore si stava trasformando in un ricordo affettuoso: pensava sì ancora a lui, ma con rassegnazione, con dolcezza, senza più lacrime. Ma ancora non si separava neanche per un attimo dal suo cappello: di giorno lo portava lei (tranne quando pioveva… le sembrava, ma forse era solo la sua immaginazione, che il cappello avesse ancora l’odore di Ash, ed era terrorizzata all’idea che la pioggia lo cancellasse), anche in casa, e di notte lo teneva stretto a sé, come un pupazzo, forse immaginando di abbracciare Ash, o forse del tutto consapevole del fatto di stare abbracciando solo qualcosa che le ricordava Ash.

Broke non se l’era sentita di lasciarla sola in un momento come quello ed era andato a vivere con lei. O forse, ma non l’ammetteva neanche a se stesso, l’aveva fatto anche per vedere ogni giorno Lily, Violet e Daisy, le sorelle grandi di Misty, di cui era perdutamente innamorato.

Le giornate scorrevano come i granelli di sabbia in una clessidra. Un giorno in cui Lily si era recata a Pewter City per alcune commissioni, il telefono aveva squillato. Uno squillo lungo che aveva rotto il silenzio. Aveva risposto Broke, e Misty l’aveva visto fare una strana faccia. «Lily!» aveva esclamato, preoccupata all’idea che potesse essere successo qualcosa a sua sorella. Ma Broke aveva scosso la testa, e poi la sua espressione non pareva preoccupata, piuttosto… sì, sorpresa, stupita.

«Come…?» pausa «Ma dove si trova? Da quanto tempo?» pausa «Sì, capisco.» pausa «Certo. Partirò immediatamente.» pausa.

Aveva riattaccato. «Misty,» aveva detto «devo partire subito per Fiorlisopoli.»

Fiorlisopoli. Il ricordo la colpì con la violenza di uno schiaffo, ma la ragazza lo scacciò e chiese: «Perché? Cosa è successo?»

«Non posso dirtelo. Te lo dirò poi.» le rispose Broke, ma la strana espressione non era scomparsa dal suo viso.

«Broke… va tutto bene?» chiese Misty, preoccupata.

«Non lo so, Misty. Non ancora.»

E questo fu tutto.



Sono passati cinque giorni. Misty non ha più ricevuto notizie di Broke. Non sa che ora sta parlando con qualcuno. E neanche non sappiamo chi è quella persona. Non la vediamo, per il momento.

«Misty lo sa?» chiede la persona.

«No,» risponde Broke «non le ho detto niente. Non volevo deluderla in caso… beh, lo sai.»

«Meglio. Sarà una sorpresa.»



Misty aspettava. Aspettava e sperava in silenzio. Era preoccupata per Broke, ma allo stesso tempo non sapeva cosa pensare. Cosa significava che non poteva dirglielo? E cosa doveva aspettarsi da quel “non ancora”? Non lo sapeva.

Perciò tutto quello che poteva fare era continuare ad aspettare e sperare in silenzio.

Poi finalmente il momento che tanto aveva atteso arrivò. Dopo cinque lunghi giorni sentì i familiari passi di Broke sulle scale. Stava per tirare un sospiro di sollievo, quando si accorse che non era solo. Il rumore era quello di due paia di piedi. Era strano, ma il rumore dei passi dell’altra persona le ricordava… no, no. Non doveva pensarci.

Broke si affacciò alla porta. Aveva ancora una strana espressione, ma stavolta era diversa. Pareva più il tentativo di nascondere un sorriso.

«Misty?» disse «C’è una sorpresa per te.»

Misty si alzò, timorosamente, senza la minima idea di cosa aspettarsi. Si avviò verso la porta. Uscì nel corridoio e vide…

No. Non era possibile.

E invece sì.

Si stropicciò gli occhi con le mani, ma quando li riaprì non era cambiato niente.

Era lui.

«Ash!» esclamò Misty, incapace di dire una qualsiasi altra parola. Non era possibile, non poteva essere lui, non poteva essere Ash! Ash era morto… ma era anche lì davanti ai suoi occhi.

Il suo Ash.

Per davvero.

Ash le sorrise. «Ciao, Misty,» disse, con la voce che Misty aveva creduto di non poter sentire mai più «ti sono mancato?»

Se le era mancato? Eccome! Misty sentì che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime. Gli buttò le braccia al collo e lo strinse a sé, ancora senza riuscire a parlare, ma scoppiando in singhiozzi.

«Ehi…» mormorò dolcemente Ash, abbracciandola. Si era aspettato qualche lacrima ma non… questo! «Dai, va tutto bene.» mormorò con altrettanta dolcezza.

«Mi… mi sei mancato tanto…» riuscì a balbettare Misty, tra un singhiozzo e l’altro. Poi si impose di calmarsi e liberò Ash dall’abbraccio.

Si asciugò le lacrime. «Ma che ti è successo?»

«Beh…» mormorò Ash, senza sapere da dove iniziare «sono stato attaccato dagli Ursaring nella foresta, questo lo sai no?»

Misty annuì. E continuò ad ascoltare Ash che raccontava il resto della storia: di come gli Ursaring lo avessero solo ferito e di come avesse cercato di raggiungere la città, ma essendo troppo debole era caduto e aveva battuto la testa. Di come non ricordasse niente fino a quando si era risvegliato senza sapere più chi era, e senza ricordare l’esistenza di Misty o di Broke. Aveva perso la memoria, ecco come si spiegava la sua “scomparsa” per mesi e mesi. Poi un giorno, inspiegabilmente, aveva ricordato tutto. Aveva ricordato di essere Ash Ketchum, un allenatore di Pokèmon della città di Pallet, e aveva ricordato anche di lei e di Broke.

Era una storia incredibile, e se fosse stato qualcun altro a raccontarla Misty non ci avrebbe creduto. Ma c’erano così tante cose incredibili… una ce l’aveva davanti agli occhi.

Ash.

L’aveva creduto morto per tanto tempo. E adesso era di nuovo con lei. Sembrava un sogno… il lieto fine di un film già visto.

Lo abbracciò di nuovo, sorridendo stavolta.



Sera. Misty era seduta accanto ad Ash, e approfittò del fatto che Broke non fosse nei paraggi. «Senti Ash io… io volevo dirti una cosa.»

Ash la guardò, stupito. «Dimmi pure.»

«È che… Ash, in tutto questo tempo non sono mai riuscita a perdonarmi di essere stata arrabbiata con te l’ultima volta che ti ho visto…»

«Cosa? Non pensarci più, Misty…»

Lei scosse la testa. «Non è questo… credevo… io credevo…» si interruppe.

«Credevi…?»

«Credevo che tu fossi morto e che… non avrei mai potuto chiederti scusa, ecco.»

Ash sorrise. «Perché non cominci restituendomi il mio cappello?»

Misty ormai era così abituata a portarlo che non ci faceva più nemmeno caso. Arrossì. Se lo tolse e glielo porse. «Tieni. Scusami…» osservò Ash che se lo rimetteva, poi arrossì ancora di più. Scosse la testa. «In realtà… in realtà non era questo che volevo dirti…»

Ash sorrise di nuovo. «E cos’era, allora?»

«Vedi… quello che più mi dispiaceva… era non aver mai potuto dirti… che ti voglio bene!»

Ash la guardò. Era rossa come un peperone. Le passò un braccio attorno alle spalle e la attirò a sé. «Oh, Misty… anch’io ti voglio bene.»

Misty sorrise.



Questo, a partire dal momento della telefonata, era il castello di fantasie che Misty costruiva ogni sera nel buio della sua camera prima di addormentarsi. Ed ogni sera elaborava più compiutamente il racconto, vi aggiungeva dettagli, episodi, particolari.

Ogni sera limava, correggeva, perfezionava. Non sapeva se fosse possibile perdere la memoria battendo la testa contro una pietra, né se fosse possibile ricordare tutto sei mesi dopo. Ma non importava. Quello che contava era il fatto di potersi godere tutte le notti, per una decina di minuti, la bella favola del ritorno di Ash. In fondo il corpo non era stato ritrovato. Se fino a quel giorno non era accaduto niente di simile, poteva accadere qualche giorno dopo o qualche mese dopo. La telefonata da Fiorlisopoli poteva sempre arrivare.

Ma tuttavia, in un punto lucido della sua mente, Misty sapeva benissimo che Ash era morto, e che avrebbe dovuto imparare a vivere senza di lui.



--CAPITOLO I--

--DUE ANNI DOPO--

«Io... io l'ho visto, Rick!»

1.

La ragazza dai capelli rossi posa a terra lo zaino dei libri e chiude la porta dietro di sé, appoggiando ad essa le spalle. Sorride. Sorride perché oggi le è capitato qualcosa che non sa come definire. Quando i suoi occhi hanno incontrato quelli di Rick Walsh, ha provato qualcosa che non credeva di essere più capace di provare.

Qualcosa che non ha più provato da…

Tira un calcio allo zaino, quasi con rabbia. Non è tempo per i ricordi.

«Lily?» chiama, raccogliendo lo zaino e facendo qualche passo nel corridoio «Violet? Daisy? Ci siete?»



2.

…sei ore prima…

«Attenta!»

«Oh Dio… scusami…»

Ecco, può spuntarlo sulla sua agenda: fare una figura da idiota. Non bastava essere in ritardo, saltare la colazione (…la colazione…? È già tanto se ha avuto il tempo di attraversare correndo la cucina, rischiare di ammazzarsi andando a sbattere contro una sedia e fare un rapido cenno di saluto a Daisy…) e fare tutta la strada fino a scuola di corsa… doveva anche andare a sbattere in pieno contro un perfetto sconosciuto…?!

Lui, il perfetto sconosciuto, la guarda e sorride. Occhi azzurri, capelli castani un po’ spettinati, diciassette anni al massimo. Le porge una mano per aiutarla a rialzarsi. Le guance della ragazza, già di una discreta tonalità di rosso, si fanno scarlatte. Dopo qualche attimo di esitazione afferra la mano che il ragazzo le tende. Il contatto con le sue dita la fa sussultare.

Stupida!, si rimprovera mentalmente. Adesso pensa che io pensi che abbia tentato un’avance. Pensiero pericoloso, che la fa arrossire ulteriormente.

«Non preoccuparti, non hai fatto niente di grave,» sorride lui, mentre la ragazza si rialza. «Io sono Rick Walsh, e tu?»

La ragazza impiega qualche attimo a ritrovare la voce.

«Misty,» risponde «Misty Waterflower.»



3.

…adesso…

Misty raccoglie lo zaino e fa qualche passo nel corridoio. «Lily?» chiama, dirigendosi verso la sua stanza. «Violet? Daisy? Ci siete?»

Non che si aspetti una risposta… ormai è abituata a trovare la casa vuota quando rientra. Lily, che va già all’università (…certa gente ha tutte le fortune… non poteva essere lei, la primogenita…?) è ancora a lezione; Daisy è di nuovo uscita con quel Bob Parker che sembra imbarazzato ogni volta che la vede (…va’ a sapere che gli ha raccontato Daisy… la mia povera sorellina…?! …per lei è stato un grosso trauma…?!); e Violet… quella svitata di Violet, beh, va’ a sapere dov’è.

Molla a terra senza tanti complimenti lo zaino, lanciando una rapida occhiata al disordine che sommerge la sua stanza. Poi, il suo sguardo si posa su una foto incorniciata, posta in un angolo della scrivania che miracolosamente si salva dal caos che regna in ogni altro angolo della camera.

Tenta di distogliere lo sguardo prima che l’immagine della persona ritratta nella foto raggiunga il suo cervello, ma ormai è troppo tardi. Quasi contro la sua volontà, raggiunge la scrivania e prende fra le mani la cornice color argento.



4.

Non sa quante volte ha stretto a sé quella foto, singhiozzando come una bambina; quante volte ha avuto la tentazione di sbatterla a faccia in giù sul piano della scrivania (…ma non l’ha mai fatto…) per non doverla vedere…

Al pensiero di quante volte è stata così stupida, scoppierebbe a ridere di cuore… se non stesse cercando di non piangere…

Sfiora il vetro con le dita, rivolgendo un sorriso triste al ragazzo ritratto nella foto. Anche se ormai è successo da due anni, certe volte deve lottare per impedire alle lacrime di salirle agli occhi quando vede quella foto.

Sospira. È successo due anni fa. Non ha senso continuare a piangere, o a nascondersi dietro ai ricordi. Sorride di nuovo, tristemente, poi guarda la foto fino a quando non riesce più a tenere a fuoco l’immagine… la foto del suo migliore amico, la persona a cui voleva bene più che a ogni altro al mondo, tragicamente morto due anni prima.

«Ti voglio bene Ash,» sussurra piano «ti vorrò bene per sempre…»



5.

…ore dopo…

«Mistyyy… telefono!»

Misty alza con sollievo gli occhi dalla pagina bianca del quaderno, felice che qualcosa distolga la sua mente dalle equazioni con le incognite. Si affretta ad alzarsi e raggiungere Violet in corridoio.

«Chi è?»

«Un certo Rick Walsh.» Violet le porge il ricevitore «Chi è? Il tuo ragazzo…?»

Le guance di Misty si fanno di colpo scarlatte e la ragazza si affretta a strappare il ricevitore dalla mano della sorella. «Violet, falla finita!»

«Pronto…?»

«Ciao, Misty,» dice la voce all’altro capo del filo.

«Ciao… Rick.»

Violet alza le sopracciglia. Misty copre il ricevitore con la mano.

«Sloggia, Violet.»



6.

…qualche minuto dopo…

Un appuntamento.

…Rick le ha dato un appuntamento… domani sera al parco, alle otto. In teoria dovrebbe essere felice… allora perché questa strana sensazione… perché questo vuoto doloroso dentro?

Perché le è tornata la voglia di sbattere la foto di Ash a faccia in giù sul piano della scrivania…?

«Porca miseria…» mormora, e in quel momento le pare che non ci sia un’espressione più adatta ad esprimere la sua situazione.



7.

…mercoledì sera, ore 8.07…

Ecco… è di nuovo in ritardo (…almeno venti abiti diversi provati davanti allo specchio, per optare poi per un semplice paio di jeans e una maglietta rossa… certo non la più sofisticata delle soluzioni…) e sicuramente adesso Rick si sarà stancato di aspettarla, sicuro, se ne sarà già tornato a casa…

…maledicendo la ragazza che gli ha dato buca…

Forse non vale nemmeno la pena di arrivare al parco. Tanto non ci troverà nessuno. Potrebbe benissimo tornare indietro.

Ma è solo la paura di trovarsi lì da sola come una perfetta imbecille che le fa venire voglia di girare sui tacchi e correre a casa…? Oppure c’è qualcos’altro? Quella sensazione che la tormenta da ieri, da quando ha ricevuto la telefonata di Rick?

Ha provato a parlarne con Lily, e quello che ha ottenuto è stata una snervante conferenza di una decina di minuti almeno. «Non devi permettere a quello che è successo due anni fa di rovinarti la vita.» quello che è successo due anni fa…? Perché l’unico riferimento ad Ash è “quello che è successo due anni fa”…?! «I ricordi sono importanti, ma non devi considerarli come se fossero ancora la realtà.» e bla, bla, bla, ancora su questo tono fino a quando non le è venuta voglia di prendere Lily a calci.

Rick. La sta spettando seduto su una delle sue panchine. Indossa un paio di jeans scoloriti e una t-shirt bianca. Addosso a chiunque altro sembrerebbe un accostamento banale, ma su di lui è da favola.

Non l’ha ancora vista. È ancora in tempo a scappare e…

«Ehi, Misty!»

Troppo tardi.

«Ciao… Rick.» la ragazza ricambia il saluto e si siede accanto a lui, badando però di lasciare fra loro una decina di centimetri di distanza, e rimproverando ancora se stessa per non essere scappata via quando ne aveva l’occasione.

Una manciata di imbarazzanti secondi. È Rick a rompere il silenzio.

«Non ci conosciamo per niente. Parlami un po’ di te.»

«Beh…» Misty sposta lo sguardo dal ragazzo seduto di fianco a lei alle proprie scarpe «…che vuoi che ti dica? Ho sedici anni e sono al secondo anno di liceo. Non c’è nulla di eccezionale, in me. Sono una ragazza come le altre.»

Rick la guarda.

«Io non credo che tu sia una ragazza come le altre,» dice. Misty si volta di scatto, stupita, e i loro sguardi si incrociano.

«Credo che tu sia molto speciale,» dice Rick. La sua mano si posa su quella della ragazza, posata nervosamente sul legno della panchina.

È vicino. Le guance di Misty avvampano di colpo. Troppo vicino…



8.

Sta succedendo.

Rick le prende dolcemente il viso fra le mani. La ragazza chiude gli occhi. Come in un sogno, le labbra di Rick arrivano a sfiorare le sue…

…un pensiero le attraversa la mente, gelido e doloroso come la lama di un coltello…

Volta di scatto la testa, sottraendosi al bacio.

«No…» mormora, con la voce che le trema «…mi dispiace Rick… non posso…»



9.

Il tempo si ferma.

Silenzio. Un silenzio pesante, sgradevole. Misty porta lentamente una mano alle labbra, quasi meccanicamente, nel punto in cui quelle di Rick le hanno sfiorate.

No. Non è successo davvero. Non può essere successo davvero. Non può lei, lei che due anni prima aveva giurato a sé stessa che nessuno mai avrebbe preso il posto di Ash nel suo cuore, aver baciato (…beh, quasi baciato…) un altro ragazzo.

«Misty… che c’è?» la voce di Rick, che le giunge alle orecchie come se provenisse da un’altra dimensione, la riporta alla realtà. Non risponde. Non riesce a trovare la voce, e anche se ci riuscisse non saprebbe cosa dire.

«Ho fatto qualcosa… di sbagliato?» insiste Rick.

Misty scuote la testa. «No…» sussurra, ritrovando di colpo la voce. Una voce sottile e tremante, che ha solo una vaga somiglianza con la sua. «…non hai fatto niente di sbagliato. Tu… tu non c’entri.»

Respira profondamente, imponendosi di calmarsi, prima di voltarsi verso Rick. Quando i loro sguardi si incontrano, la ragazza abbassa di colpo gli occhi.

«Devo… devo raccontarti una storia,» mormora.



10.

Silenzio. Rick la sta guardando, avverte su di sé il suo sguardo senza bisogno di voltarsi verso di lui. È ovvio che si aspetta da lei una spiegazione… una spiegazione… una spiegazione c’è, ma sa già che non riuscirà a parlare senza scoppiare a piangere.

«Due anni fa…» inizia, con il tremito nella voce che si fa più accentuato «…il mio migliore amico è morto in un incidente.»

Pausa. I secondi passano, di pari passo con il cambiamento di espressione di Rick. Che starà pensando di lei adesso? Che è strana? Peggio. Gli fa pena.

«Io… mi dispiace. Io… io non sapevo…» Rick balbetta quella che dovrebbe essere una giustificazione, cercando di salvare una situazione ormai completamente sfuggitagli di mano. Misty scuote la testa, interrompendolo. Non ha finito.

«Si chiamava Ash, e per me era più di un amico.» ora che ha iniziato, non riesce più a fermarsi. Deve continuare per forza, raccontare tutto il dolore che ha tenuto nascosto per due anni. «Io… gli volevo bene più che a ogni altra persona al mondo, era il migliore amico che potessi desiderare…» si accorge di avere gli occhi pieni di lacrime, che stanno già iniziando a scorrerle sulle guance. Altra pausa.

«Misty…» mormora Rick.

La ragazza scuote di nuovo la testa. «Quando Ash è… morto… per me è stato come se tutto il mondo mi fosse crollato addosso. La cosa peggiore… è che non ho mai potuto dirgli quello che provo… che provavo… per lui… sono stata stupida ma io… davo per scontato di avere tutto il tempo del mondo… solo che poi…» sta singhiozzando, se ne rende perfettamente conto, ma ormai non più smettere. «Io… non gli ho nemmeno mai detto… che… gli voglio bene…» stavolta non si preoccupa nemmeno di mettere il verbo al passato.

La voce della ragazza si affievolisce a tal punto da spegnersi del tutto. Deve aspettare qualche secondo prima di essere abbastanza calma da poter riprendere.

«Ecco perché prima… quando hai tentato di baciarmi, ti ho fermato. I-io… è che non ci riesco. Mi sembra di… di tradire Ash…»

Silenzio. Rick non dice niente, si limita a distogliere lo sguardo. Accade sempre così, quando fa un minimo riferimento ad Ash. La gente guarda il pavimento, le scarpe, qualsiasi cosa pur di non incrociare il suo sguardo. Misty chiude gli occhi, senza preoccuparsi di asciugare o cercare di nascondere le lacrime che ancora le scorrono sulle guance. Non le importa più cosa possa Rick pensare di lei…

Rick la circonda con le braccia e la stringe a sé, dandole il tempo di calmarsi.



11.

«Mi… mi dispiace, non volevo piangere,» balbetta Misty, cercando di stirare le labbra nella parodia di un sorriso «adesso penserai che sono pazza, vero…?»

«No, per niente.»

«Invece sì. Cioè, io… so che ormai sono passati due anni, ma…»

Rick le rivolge un sorriso di conforto. «Non preoccuparti… io… credo di capire quello che provi. Cioè, voglio dire, non posso capire quello che provi, ma penso che due anni non siano abbastanza per dimenticare.»

Ancora silenzio. Sta cominciando a diventare snervante.

«E non devi scusarti,» riprende Rick «se vuoi… possiamo essere “solo” amici, okay?»

Misty annuisce, guardandolo con gratitudine.

«Beh… è un inizio.» dice Rick, alzando lo sguardo verso il cielo. Poi torna a guardare Misty, e la sua espressione torna seria, «Ash era davvero importante per te, vero?»

«Di più,» dice piano Misty, con gli occhi che tornano a riempirsi di lacrime.

«Misty, ascolta…» la voce di Rick è calma e seria «…probabilmente io non posso capire, ma sono convinto che tu non debba sentirti in colpa.»

Misty si volta verso di lui, sorpresa.

«Io sono convinto…» continua Rick «…che Ash, dovunque si trovi adesso, non vorrebbe che tu sprechi la tua vita sentendoti in colpa. Io… credo che lui vorrebbe soltanto vederti felice.»

Un sorriso triste si dipinge lentamente sul volto della ragazza.



12.

«Allora, com’è andato il tuo appuntamento?»

Il volto di Misty si contrae in una smorfia, che pare cancellare completamente l’impressione di incredulità (…un appuntamento…? …mia sorella…?!) e bieca curiosità dipintasi sul volto di Violet.

«Oh Dio… è andata così male?»

«Peggio.» brontola Misty, con lo sguardo fisso al pavimento, tentando di aggirare la sorella e raggiungere la propria stanza. Tutto quello che vorrebbe è affondare la faccia nel cuscino e tirarsi le coperte fin sopra la testa. Ma Violet le si pone davanti, impedendole di passare oltre.

«Ah no… adesso mi racconti tutto. Cos’è successo di così tremendo?»

Misty, con un sospiro, si lascia cadere di schianto su una delle sedie della cucina.

«Ha tentato di baciarmi.»

Violet inarca le sopracciglia. «E allora…? Mi sembra che fin qui vada tutto bene, no?» poi un pensiero pare attraversarle la mente e la sua espressione cambia di colpo. «Oh no…» mormora «…non avrai…?»

Misty annuisce cupamente. Vorrebbe nascondersi sotto il tavolo. «L’ho fermato.»

«L’hai fermato?» Violet pare assolutamente incredula «Stupida ragazzina, dove hai la testa? Questa è la cosa più cretina che potevi fare! Poi non meravigliarti se lui non vorrà più saperne di te… per l’amor del cielo, ma si può essere così sciocche? L’hai fermato…!»

«Peggio…» sussurra Misty, bloccando il fiume di parole della sorella «…sono scoppiata a piangere. Come una fontana.»

«Perfetto se vuoi far scappare a gambe levate il tuo Rick!» poi la sua espressione si fa più dolce. «È per…?»

Misty annuisce.

«Sì. È per Ash.»



13.

…una settimana dopo…

La mano tremante della ragazza afferra la chiave e la gira nella toppa. Lo scatto metallico della serratura è quasi coperto dai battiti del suo cuore. Appoggia le spalle alla porta, e si lascia scivolare fino a ritrovarsi seduta per terra. Le gambe sembrano rifiutarsi di reggere ancora il peso del suo corpo.

Il respiro affannoso, il battito del cuore che non accenna a calmarsi… effetto della corsa da scuola a casa, forse, ma più probabilmente effetto di ciò che ha visto… o, almeno, ciò che le pare di aver visto…

Si alza, e barcollando raggiunge il telefono. Solleva il ricevitore, e le dita tremanti compongono lentamente un numero.

…tre… tre… otto… due…

Porta il ricevitore all’orecchio.

«Rispondi… dai… rispondi…»



14.

…mezz’ora prima…

Se chiude gli occhi, sente ancora le labbra di Rick che sfiorano le sue. Appoggia la schiena alla parete dell’edificio, osservando la fiumana di studenti che si riversano fuori dal portone (…quella stupida di Maggie, la sua “migliore amica”, sta di nuovo fumando… beh… peggio per lei! …a quarant’anni si ritroverà con i denti gialli e un tumore ai polmoni…) riuscendo quasi ad eludere dalla sua mente ogni altro pensiero.

Rick… l’ha baciata… o almeno, ha tentato di farlo, ma ciò basta per farla sentire orribile e in colpa…

Chiude gli occhi, e inaspettatamente l’immagine di Ash le si riaffaccia alla mente. Non un’immagine piatta e inespressiva come quella nella foto incorniciata sulla sua scrivania, ma un vero ricordo, di Ash così com’era per davvero… il suo sorriso unico, che rivolgeva soltanto a lei e che ogni volta la faceva sentire speciale… e il suo sguardo, che però adesso pare fissarsi su di lei con indignazione…

Scuote la testa con violenza, per sottrarsi a quel pensiero. Apre gli occhi.

E vede.



15.

No. Non è possibile, no. No. No.

Fa il gesto di arretrare di scatto, ma ha già le spalle appoggiate contro la parete. È stato solo un attimo, ma non potrebbe aver visto più chiaramente. Non può essersi sbagliata… semplicemente, non può. Tuttavia, deve essersi sbagliata… perché non è possibile che abbia visto davvero ciò che abbia visto…

Ma là… in mezzo ad un gruppo di studenti… ha visto…

…ha visto…



16.

La visuale della ragazza si oscura di colpo… per un attimo, ha la terribile impressione di stare per svenire… solo aggrappandosi alla sensazione datale dal contatto delle dita con il ruvido intonaco della parete riesce a mantenere il controllo e la coscienza di se stessa…

Non è possibile… no… no… NO…



17.

…adesso…

«Rispondi… dai… rispondi…»

A stento è riuscita a comporre il numero di Rick. Deve parlargli… per forza… non le importa se lui penserà che sia pazza, deve assolutamente parlargli… o meglio, deve per forza parlare con qualcuno, e Rick è l’unico che potrebbe capire… e comunque, non ce la farebbe ad aspettare il ritorno di una delle sue sorelle… deve parlare con qualcuno adesso.

Il cellulare di Rick suona libero. Per un attimo teme che il ragazzo abbia scordato il cellulare da qualche parte, ma poi si sente il rumore di qualcuno che preme il tasto di risposta, e la voce di Rick le giunge alle orecchie, confortante come un’alba dopo una notte di incubi.

«Pronto…?»

«R-Rick?» balbetta «Sono io… Misty…»

«Misty? Va tutto bene? Sembri sconvolta…»

«Io… io…» mormora la ragazza, con il battito del proprio cuore che ancora le risuona nelle orecchie. «…io l’ho visto, Rick!» dice poi tutto d’un fiato.

Silenzio all’altro capo del filo per qualche istante.

«Aspetta, calmati,» dice Rick «hai visto chi…?!»

Qualche attimo di pausa. Il tempo per trovare le parole.

«Ho visto Ash.»


18.

Di nuovo silenzio, tanto che Misty inizia a temere che Rick stia per mandarla a quel paese o, peggio, per sbatterle il telefono in faccia. Qualche secondo dopo, la voce di Rick torna a farsi sentire, ma senza più un briciolo della sicurezza che pareva ostentare poco prima.

«Che… che cosa…?! Misty… tu hai…?»

La ragazza annuisce, ricordando solo dopo che Rick non può vederla, trovandosi all’altro capo del filo. Costringe se stessa a pronunciare di nuovo quelle parole.

«Ho… visto… Ash.»

Di nuovo silenzio. Sente Rick deglutire.

«Ma… Misty, non è possibile! Ash è morto da due anni, ricordi? Sei stata tu a dirmelo…»

«Lo so anch’io che è morto. O almeno… è quello che pensavo…»

La voce di Rick, all’altro capo del filo, assume uno strano tono. «Che vuoi dire con “è quello che pensavo”?»

«Il…» sussurra Misty, con la voce appena percettibile, chiedendosi se riuscirà a pronunciare quella parola «…il… il cadavere… non è mai stato ritrovato.»

Rick borbotta qualcosa che la ragazza non capisce (…probabilmente Rick ha coperto il ricevitore con la mano…) ma che ha tutta l’aria di essere un’imprecazione.

«Misty…?» dice poi, a voce alta «Tu cerca soltanto di restare calma. Tra un minuto sono lì.»



19.

…pochi minuti dopo…

«Sei… sicura che fosse proprio lui?»

La ragazza annuisce. «Sì… sono… sono sicura. Io… io non posso sbagliarmi… lo conoscevo troppo bene… era lui, ne sono sicura…»

Rick non risponde, si limita a sospirare.

«Io… l’ho visto soltanto per un attimo…» continua Misty, con la voce che trema, indecisa se scoppiare a piangere oppure mettersi a urlare «poi… poi è… scomparso dietro un gruppo di studenti…»

O forse, completa dentro di sé la frase, è scomparso e basta…



20.

…il giorno dopo…

STANCA…

Ogni attimo che passa, deve lottare perché i suoi occhi non si chiudano… darebbe qualsiasi cosa per poter allontanare da sé il portatile (…la ricerca su La condizione dell’uomo nel medioevo dev’essere consegnata domani… anzi… veramente era per oggi, ma lei l’aveva completamente dimenticato) appoggiare la testa sul piano del tavolo e dormire…

DORMIRE… FINALMENTE…

Stanotte non ha chiuso occhio… ovvio. Chi avrebbe potuto riuscirci? Parlare con Rick non è servito affatto a tranquillizzarla, come aveva sperato. Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva davanti a sé l’immagine di Ash, così come l’ha visto ieri mattina.

Parlarne con Lily… o Violet… o Daisy… neanche a pensarci. Non otterrebbe niente di buono, al massimo un discorso di mezz’ora che si sarebbe potuto riassumere in sei parole: era soltanto uno che gli somigliava.

Stamattina, a scuola, ha rischiato davvero di addormentarsi sul banco. La sua mente pare non avere assimilato neanche una minima parte delle spiegazioni. Avrebbe benissimo potuto non essere lì, e sarebbe stata esattamente la stessa cosa. Si sentiva una zombie, e probabilmente ne aveva anche l’aspetto.

Lancia una rapida occhiata al monitor del portatile. La condizione dell’uomo nel medioevo. È tutto quello che ha scritto. Tre ore rinchiusa nella biblioteca di Cerulean City (…detesta quel posto… riesce a spaventarla anche quando è perfettamente tranquilla…) e tutto quello che ha ottenuto sono state quelle sei parole, un titolo per una ricerca che non finirà mai, e certamente non entro domani… dei volumi impilati di fianco al computer, ha letto solo una pagina… e ha dimenticato cosa c’era scritto prima ancora di arrivarne alla fine…

E fra dieci minuti la biblioteca chiuderà… certo, sarebbe ora di raccogliere tutte le sue cose, sparse un po’ ovunque, neanche il tavolo fosse stato travolto da un uragano… ma le pare di non avere nemmeno la forza per pensare a quello che deve fare…



21.

STANCA… ESAUSTA…

Le parole La condizione dell’uomo nel medioevo la fissano dal monitor del portatile, nero sul foglio bianco di Microsoft Word.

Quasi contro la sua volontà, la ragazza allontana da sé il computer e appoggia la testa sulle braccia incrociate sul tavolo… l’intenzione è solo di riposarsi gli occhi per un attimo, ma la sua mente sprofonda lentamente in un candido torpore…



22.

…secondi… minuti… o forse ORE… dopo…

«Misty…!»

La voce (…?…) si fa strada lentamente nel cervello della ragazza, riportandola pian piano alla realtà… adesso, sente anche un rumore di passi che si allontanano… un attimo, poi c’è silenzio. Ma li ha sentiti davvero? E ha sentito davvero la voce…?

…la voce…

No… non può averla sentita davvero… è assolutamente impossibile… semplicemente, perché la voce che ha sussurrato il suo nome apparteneva a una persona morta da due anni… era… era la voce…

…la voce di Ash…

Deve averla soltanto sognata… deve averla sognata per forza. Sì, sicuramente l’ha sognata, non può esistere altra spiegazione plausibile. Obbliga la sua mente stanca a cercare di ricordare cosa stesse sognando (…era qualcosa che riguardava Ash…?) ma senza alcun risultato.

Alza la testa, stupita di vedere i contorni di ciò che le sta attorno solo grazie alla luce azzurrina del monitor del portatile… poi ricorda. La biblioteca che stava per chiudere… solo dieci minuti…

Si è addormentata… SI È ADDORMENTATA…

È rimasta chiusa nella biblioteca vuota…



23.

Lo sguardo le cade sul monitor del portatile. L’orologio nell’angolo in basso a destra annuncia che sono le nove e quarantaquattro minuti. L’ultima volta che ha guardato l’orologio, mancavano dieci minuti alle otto.

Ha dormito per quasi due ore…

Un attimo. Se il computer è rimasto acceso per due ore, come mai non è entrato in funzione lo screensaver…? Lancia una rapida occhiata al file sul quale stava lavorando (…si fa per dire…) prima di addormentarsi.

Il suo cuore ha un sussulto.

Ci sono ancora le parole La condizione dell’uomo nel medioevo… ma poi…

Sotto a quell’inutile titolo, qualcun altro ha scritto qualcosa. Qualcosa che, ne è assolutamente certa, quando si è addormentata non c’era.

CIAO, MISTY, è scritto sul foglio a caratteri maiuscoli.



24.

La ragazza scatta in piedi, con l’unico desiderio di allontanare il più possibile da sé il computer e, soprattutto, quell’ambiguo messaggio, mentre cerca di imporre a se stessa di calmarsi. Non può essere stato Ash a scrivere quella frase. Non può essere stato lui. Assolutamente no.

Tuttavia… la voce che ha sentito bisbigliare il suo nome… i passi che ha sentito allontanarsi… e poi, chi altri avrebbe potuto scrivere CIAO, MISTY sul suo computer, senza una riga di spiegazione…? Uno scherzo di cattivo gusto, forse… ma più ci pensa, più si rende conto di quanto questa spiegazione sia assurda.

Deve parlare con Rick. Deve. Subito. Ha la tentazione di cancellare subito il file, ma all’ultimo momento si blocca: deve salvare il file e mostrarlo a Rick, così lo convincerà che non è pazza.

File… salva con nome… la mano le trema. Il computer le dà come nome già impostato La condizione dell’uomo nel medioevo. Sì… sì… va benissimo… qualsiasi cosa pur di fare in fretta e spegnere tutto… la mano le trema a tal punto, però, da non riuscire ad indirizzare la freccia del mouse sul pulsante salva. Finisce per cliccare su annulla.

Okay… calma… basta riprovare… file… salva con…

…CHIUDI…

La ragazza preme involontariamente il pulsante del mouse mentre la freccia si trova ancora su chiudi, eliminando così il file e il suo contenuto.



25.

…parecchi minuti dopo…

Lo squillo del campanello si ripete attutito all’interno della casa. Forse non c’è nessuno. Deve esserci qualcuno per forza… Rick deve essere in casa. Ha raccolto il portatile e tutte le sue cose, ficcandole alla rinfusa nello zaino, e ha raggiunto correndo la porta della biblioteca, pregando con tutte le sue forze che non fosse chiusa…

Non lo era. Chiunque avesse chiuso la porta, aveva soltanto fatto scattare la serratura, senza girare la chiave nella toppa, e in questo modo la porta poteva essere aperta dall’interno.

È corsa fuori, ringraziando tutte le divinità del mondo, e si è fermata solo una volta trovatasi davanti a casa di Rick. Con il respiro ancora affannoso ha premuto il campanello, senza però ottenere risposta.

Preme il campanello una terza volta.

«Rick dai… ti prego apri… dimmi che sei in casa… ti prego…»

Passi provenienti dall’interno della casa, poi la porta si apre. È Rick. La fissa per qualche attimo, ovviamente stupito dalla sua presenza.

«Misty…? Che cosa è successo? Stai bene…?»

La ragazza non risponde. Sa di avere un aspetto terribile. Si limita ad avvicinarsi a Rick fino a nascondere il viso sulla sua spalla. Le braccia di Rick si stringono dolcemente attorno al suo corpo, in un abbraccio caldo e rassicurante.



26.

…pochi minuti dopo…

«Sei sicura che quella che hai sentito fosse proprio la voce di Ash…?»

La ragazza abbassa lo sguardo. «Io… io non lo so. Forse… forse ho soltanto sognato…» si rende conto di essere terrorizzata, anche se non riesce a capire il perché. Ha desiderato il ritorno di Ash per due anni, e adesso…

«Sì… forse questa è la spiegazione più logica…» dice Rick «…forse hai sognato tutto… dopotutto, sei rimasta chiusa in una biblioteca dopo l’orario di chiusura, il che è già abbastanza terrorizzante di suo…»

«Sì, però…» la voce di Misty trema «…quelle parole. Quelle non le ho sognate! Qualcuno ha scritto davvero CIAO MISTY sul mio computer. Ho… ho tentato di salvare il file, ma mi sono incasinata… e… ho cancellato tutto…»

«Non preoccuparti, ti credo,» dice Rick, con un’espressione che lascia però presupporre il contrario.

C’è uno strano sguardo nei suoi occhi, e Misty sorprende se stessa a chiedersi cosa stia pensando. Prova pena per lei…? O, peggio ancora, è convinto che sia totalmente pazza, e che tutto ciò che è avvenuto in biblioteca sia solo un prodotto della sua immaginazione…?!

Ma la voce, l’ha sentita davvero… e anche i passi che si allontanavano di corsa… a anche se avesse soltanto sognato i passi e la voce, il messaggio sul monitor del suo portatile c’era per davvero…

…o no…?! Inizia a dubitare perfino di sé stessa.

«Misty…» la voce di Rick la distoglie dai suoi pensieri «…senti… so che ti sembrerà una strana domanda, e che la risposta ti sembrerà scontata, ma… se Ash fosse tornato per davvero, tu… ne saresti felice…?»



27.

…ne saresti felice…?

Fino a poco tempo fa, avrebbe risposto immediatamente che sì, ne sarebbe stata felicissima, che vedere di nuovo Ash era il suo più grande desiderio. Apre la bocca, le labbra già pronte a formulare un sì, ma all’ultimo momento qualcosa pare fermarla, bloccando dentro di lei le parole.

…ne saresti felice…?

Non lo sa. L’unica cosa che sa è che ha paura. L’idea di Ash che in biblioteca la stava spiando (…sempre che si trattasse veramente di lui…) pronto a cogliere il momento adatto per lasciare sul portatile quell’enigmatico messaggio, basta a terrorizzarla.

…ne saresti felice…?



28.

«Misty… senti… so che ti sembrerà una strana domanda, e che la risposta ti sembrerà scontata, ma… se Ash fosse tornato per davvero, tu… ne saresti felice…?»

Qualche attimo di silenzio, durante il quale una nube di orribili pensieri pare assieparsi nella mente della ragazza. Si rende conto, sgomenta, che la risposta che sta per formulare non è affatto un sì, come si aspettava.

«Io… io non lo so…» si ritrova, quasi suo malgrado, a dire «…voglio dire… sì… sarei felice se Ash tornasse, e fosse così com’era due anni fa… ma così…»

Rick la guarda stupito.

«…mi spaventa. Mi sento come se avessi sempre i suoi occhi puntati addosso… anche adesso… come se lui potesse vedere ogni cosa che faccio…»

Pronunciare quelle parole ad alta voce, si rende conto, è servito soltanto a rendere tutto ancora più reale.



29.

…poco più di mezz’ora dopo…

Buio.

Il buio la avvolge, come se volesse inglobare all’interno di sé anche la sua mente, tutt’altro che rassicurante; pare che quell’oscurità sia stata creata appositamente per permettere ai suoi pensieri di vagare senza controllo nella sua testa.

Non riesce a dimenticare quello che è accaduto oggi in biblioteca… né a convincersi che sia stato solo un sogno… e parlare con Rick, a quanto pare, non è servito affatto a farla sentire meglio; e oltretutto la presenza di Rick non fa che riportarle alla mente il bacio che lui ha tentato di darle, e il sorriso forzato del ragazzo mentre si rassegnava all’idea di essere “solo” amici…

Però… doveva parlare con qualcuno… doveva assolutamente farlo. E con chi altri avrebbe potuto parlare…? Certo non con una delle sue sorelle, né tantomeno con quella svitata di Maggie… che, oltretutto, non sa niente di Ash.

E probabilmente, se le raccontasse di aver visto chiaramente una persona morta da due anni e di aver sentito la sua voce, la sua “migliore amica” (…che della migliore amica ha solo il nome…) si limiterebbe a chiederle cosa si sia fumata.

Ma in quel momento, i pensieri di Misty vanno ben oltre la superficialità di Maggie. La sua mente continua a mostrarle l’immagine di Ash, così come l’ha visto ieri, tra la folla di studenti fuori dal portone principale del liceo; e quelle parole (CIAO, MISTY) scritte chiaramente sul monitor del suo portatile, solo poche ore fa.

Qualche attimo di tregua, durante i quali la sua mente sembra stare finalmente per scivolare nell’oblio del sonno, ma ecco che risente la voce di Ash, la chiara ed inconfondibile voce di Ash, che sussurra il suo nome…

Le cifre verdognole dell’orologio digitale sul comò, unica fonte di luce nell’intera stanza, segnano le undici e cinquantotto minuti.

Le undici e cinquantotto minuti. Quindi sono già passate più di due ore da quando è scappata via dalla biblioteca, e poco meno di un’ora da quando ha lasciato l’appartamento di Rick, aspettandosi di vedere comparire Ash da un momento all’altro… e rimproverando mille e mille volte se stessa, per non aver accettato il passaggio che Rick si era offerto di darle…

Le undici e cinquantotto minuti… probabilmente non dormirà mai più…



30.

Le undici e cinquantanove. Fra un minuto sarà mezzanotte, e lei è ancora totalmente sveglia. Osserva l’oscurità con gli occhi spalancati (…diverse volte ha avuto la tentazione di accendere la lampada… ma poi si è resa conto che una delle sue sorelle, attraversando il corridoio per andare in bagno, avrebbe potuto vedere la sottile striscia di luce sotto la sua porta, e se accadesse, beh, sarebbe umiliante…) quasi aspettandosi che da un momento all’altro le ombre nella stanza prendano vita…



31.

Un rumore, che nel silenzio della notte le giunge alle orecchie come un colpo di pistola. La ragazza si alza a sedere. Che rumore è…? Si direbbe che qualcuno stia cercando di aprire la porta… no, non può essere…

Con estrema lentezza, quasi si aspettasse che dita gelide si stringano all’improvviso attorno al suo polso, Misty allunga la mano verso l’interruttore della lampada sul comò. La luce gialla inonda la stanza, rivelandola esattamente così com’era quando ha spento la luce ordinando a se stessa di dormire… tranne…

Il rumore si ripete. La maniglia della porta si sta veramente abbassando, come se qualcuno volesse aprire la porta ed entrare nella stanza… terrorizzata, la ragazza cerca di ricordare se ha chiuso oppure no a chiave la porta…

Sì, le pare d sì… le pare, almeno…

La maniglia continua ad alzarsi ed abbassarsi freneticamente, accompagnata da un sonoro clangore metallico. Poi, chiunque si trovi al di là della porta, pare rinunciare alla sua impresa.

Con la coda dell’occhio, Misty scorge qualcosa di piccolo e bianco che pare ingrandirsi sul pavimento, ai piedi della porta. Abbassa di colpo lo sguardo. Un piccolo rettangolo di carta bianca viene infilato nella fessura sotto la porta.



32.

È un biglietto. Da dove si trova, però, Misty riesce a vedere solo qualche macchia scura sulla carta, che non assomiglia nemmeno lontanamente a un qualche carattere di qualsiasi alfabeto conosciuto. Costringe se stessa ad alzarsi dal letto, abbandonando così la (inutile) protezione datale dalle coperte.

Raggiunge la porta, e si inginocchia a raccogliere il rettangolo bianco. Sulla superficie ingiallita della carta, sono state scritte frettolosamente alcune parole.

E la calligrafia…

Misty,

vediamoci domani sera al parco. Alle otto.

Ash



33.

La ragazza lascia cadere a terra il biglietto, senza nemmeno accorgersi di cosa stia accadendo. Non è possibile. Non è assolutamente possibile. Non può essere stato Ash a infilare quel biglietto sotto la sua porta!

Le occorre qualche istante per riprendere il controllo di se stessa. Spalanca la porta.

Il corridoio vuoto viene inondato dalla luce gialla della stanza, e Misty non può fare a meno di provare una forte delusione. Ma cosa si aspettava…? Si rende conto anche lei di quanto fosse completamente assurdo pensare che bastasse aprire la porta per trovarsi di fronte Ash…

Ma quel biglietto… quella… è la calligrafia di Ash, ne è sicura… e poi… chi potrebbe essere così crudele da farle uno scherzo così orribile…?

Senza rendersi ben conto di cosa stia facendo, la ragazza raggiunge il telefono in corridoio… e, augurandosi che le sue sorelle continuino a dormire, con le mani che le tremano compone un numero…

«R-Rick…? Sono io… Misty… l-lo so che è tardi… ma… per favore… vieni subito…»



34.

…mezz’ora dopo…

«E… e poi… qualcuno ha infilato questo sotto la porta…»

Rick prende il biglietto dalle mani di Misty, e lo esamina in silenzio. Misty cerca di capire cosa stia pensando, ma l’espressione del ragazzo non lascia trapelare nulla. Ora non può più pensare che sia pazza… non ora che gli ha mostrato una prova, reale e tangibile… il biglietto che Rick in questo momento sta tenendo in mano… scritto in una calligrafia che conosce fin troppo bene…

«È… è la calligrafia di Ash, ne sono sicura… io… non conosco nessun altro che scriva in quel modo…»

Rick continua a rimanere in silenzio. È stato veramente gentile a raggiungerla a quell’ora, mezzanotte passata, solo perché lei gliel’ha chiesto… e senza nessuna spiegazione, solo un “grazie di essere venuto” e un racconto piuttosto confuso riguardo a come qualcuno avesse tentato di entrare nella stanza della ragazza…

«Sei assolutamente certa che questa sia la sua calligrafia?» dice Rick «Magari è soltanto qualcuno che sta tentando di farti uno scherzo… uno scherzo parecchio pesante, direi… ma è sempre una possibilità…»

«I-io non lo so… non credo di conoscere nessuno che potrebbe fare una cosa simile… però… io davvero non lo so…» balbetta Misty.

«Mio padre…» continua Rick «…è un perito calligrafico. Potrei farlo esaminare da lui… hai niente che sia stato scritto da Ash?»

«Sì… una dedica dietro una foto.» Misty si alza e raggiunge la scrivania. Prende con delicatezza la cornice fra le mani, e torna a sedersi sul letto accanto a Rick. Con le mani che le tremano, tira fuori la foto dalla cornice. Un rapido sguardo all’immagine di Ash, poi la foto viene voltata dall’altra parte, mostrando una scritta in caratteri disordinati, apparentemente molto simili a quelli utilizzati sul biglietto.

20/02/2004. Per Misty.

«Credi… che basterà…? Non ho altro…»

Rick prende la foto dalle mani della ragazza. «Sì, credo di sì.»

«Rick…»

«Cosa c’è…?» chiede Rick, voltandosi verso di lei.

«Potresti… potresti…» esita, senza riuscire a formulare la domanda «…potresti chiedere a tuo padre di non fare… se è possibile, nulla di male alla foto? Perché… ci tengo…»

Rick le sorride.

«Ma certo,» dice «farò in modo che tu riabbia la tua foto.»

La ragazza lo guarda con gratitudine, cercando di sorridere, nonostante sia ancora terrorizzata da ciò che è successo poco più di mezz’ora prima.



35.

Il sorriso di Rick scompare di colpo, e il suo volto si fa serio.

«Misty… che hai intenzione di fare? Domani sera, intendo… ci andrai?»

Misty abbassa lo sguardo sul biglietto, ancora stretto fra le mani di Rick, rendendosi conto che non ha neppure preso in considerazione quello che c’è scritto. Vediamoci domani sera al parco. Alle otto.

Ci andrà…? Una parte di lei, quella che vorrebbe credere che Ash sia veramente tornato, è pronta a rispondere di sì… ma la parte razionale della sua mente, quella che le ripete che Ash è morto da due anni e non è possibile che sia tornato, le dice che probabilmente si tratta soltanto di uno scherzo pesante, e dato che non ne conosce l’autore farebbe meglio a restarsene a casa… anche solo per non dare alla persona che ha architettato ogni cosa la soddisfazione di averla catturate nella sua rete…

«Io… io non lo so. Vorrei andarci… ma se poi… Rick, ho paura…»

«Posso venire con te, se vuoi.» dice Rick.

La ragazza rimane in silenzio, valutando l’offerta di Rick. Di nuovo si ritrova ad essere combattuta fra due possibili risposte. È tentata di rispondere di sì, ma nel contempo si ritrova a pensare che, magari… se è stato davvero Ash a scrivere quel biglietto (…cosa assolutamente improbabile… ma, dopotutto, non si sa mai…) probabilmente sarebbe meglio… presentarsi da sola all’appuntamento…

Alla fine, è la parte ragionevole di lei ad avere la meglio.

«Sì… per favore, vieni, Rick.»



36.

…venerdì sera… ore 19.15…

Quarantacinque minuti. Mancano quarantacinque minuti… al momento della verità… è strano come abbia desiderato rivedere Ash per due anni e adesso… adesso che (forse) potrebbe avvenire per davvero, tutto ciò che ha voglia di fare è infilarsi sotto le coperte e non uscirne mai più…

Ha detto alle sue sorelle che ha un appuntamento con Rick. Meglio non accennare ad Ash o al biglietto, specialmente con Lily, altrimenti avrebbe rischiato di trovarsi chiusa in un manicomio prima della fine della serata. E poi, comunque… non è che abbia detto proprio una bugia… dopotutto, Rick passerà davvero a prenderla… quello che ha tenuto nascosto, è che se le cose andranno come una parte di lei spera, Rick sarà soltanto il terzo incomodo…



37.

…ore 19.45…

La voce di Rick vorrebbe forse apparire calma e sicura, ma trema un po’ mentre il ragazzo si rivolge a Misty con un: «Sei… sei ancora sicura di voler andare?»

La ragazza annuisce con decisione. Ha riflettuto, e adesso le pare di non essere mai stata tanto sicura di qualcosa in vita sua. «Sì, Rick… sono sicura.»

«Misty…» Rick pare adesso molto meno deciso di lei a seguire le indicazioni del biglietto «…se sei decisa ad andare, ti accompagnerò. Ma…» abbassa lo sguardo, come se temesse che la ragazza possa leggergli negli occhi qualcosa di cui non deve venire a conoscenza «…non vorrei… non vorrei che ti illudessi. Voglio dire… immagino che capisca anche tu che ci sono ben poche probabilità che il tuo Ash si trovi per davvero al parco, stasera…»

«Sì, lo so.» dice piano Misty. Un improvviso soffio di vento gelido la fa rabbrividire. Stringe le braccia attorno al corpo, in un tentativo sia di ricevere calore che di infondere a se stessa un po’ di coraggio. Cosa apparentemente del tutto inutile.

«Rick…» sussurra «…Rick, ho paura.»

Il ragazzo si volta a guardarla, di nuovo con quello strano sguardo che non lascia trapelare nessuna emozione. «Ci sono io, con te.» dice lentamente.



38.

…ore 20.00…

Misty si guarda intorno. Non sa se i brividi che sente siano dovuti alla brezza gelida che pare spirare soltanto attorno a lei, oppure alla paura che ha invaso la sua mente. Non sa neppure se ha paura che Ash non si presenti all’appuntamento… o se ha paura di vederlo…

La Misty disperata e terrorizzata che è stata per molto tempo dopo la scomparsa di Ash sembra tornare a prendere il sopravvento su di lei, spazzando via in un lampo tutte le sue certezze.



39.

…ore 20.15…

«Misty…» la voce di Rick è calma e rassicurante, ma al tempo stesso distaccata «…è inutile che restiamo ancora qui. Ash non arriverà.»

«Io…voglio… restare…» mormora Misty.

Rick sospira. «Misty… non volevo dirtelo ma…» infila una mano nella tasca del giubbotto. Un attimo dopo la mano riemerge, stringendo la foto e il biglietto. «…mio padre li ha analizzati… e… le analisi hanno confermato che sia il biglietto che la dedica dietro la foto sono state scritte dalla stessa persona…»

«Ma…?» lo anticipa Misty. Ci dev’essere per forza un ma, lo si intuisce dal tono di voce con cui Rick ha pronunciato le ultime parole.

«Ma…» continua Rick «…le analisi sull’inchiostro hanno dimostrato che quel biglietto è stato scritto due anni fa…»



40.

Due anni fa… quindi, prima della morte di Ash… la ragazza abbassa lentamente lo sguardo, trovandosi a fissare senza espressione l’erba sotto ai suoi piedi. Due anni fa… tutte le speranze createsi in lei crollano in un solo istante. E in un solo istante si rende conto di essere stata immensamente stupida ad aver creduto che potesse essere tutto vero… come ha potuto essere così ingenua da credere che Ash potesse essere veramente tornato?

I suoi occhi si riempiono di lacrime, mentre la sua mente realizza che la delusione è stata infinitamente più grande di quello che pensava… e di quello che credeva di poter accettare…

Alza la testa, e i suoi occhi incrociano quelli azzurri e terribilmente seri di Rick.

«Rick…» mormora «…tu… tu credi… che… qualcuno si sia preso gioco di me… che qualcuno abbia finto di essere Ash…?»

Ma, si rende conto, questa spiegazione suona assurda anche alle sue orecchie. Chi potrebbe essere stato tanto crudele da giocarle un simile scherzo?

Passa qualche attimo prima che Rick risponda. «Forse…»

Una risposta stentata, insicura. Lentamente, la ragazza si rende conto di quale sia la vera ipotesi di Rick sull’intera situazione. Un’ipotesi che, lo intuisce anche lei, suona molto meno assurda di quanto possa sembrare.

«Rick… tu pensi che io sia pazza, vero…?»



41.

Silenzio. Rick non risponde, e il suo silenzio è per Misty una risposta più che eloquente.

«Tu pensi… che io… sia pazza…?» ripete lentamente, scandendo bene le parole. Ma prima ancora che la domanda attraversi l’aria, si rende conto di quanto quelle parole possano apparire vere. Ripercorre rapidamente tutti i momenti in cui ha visto o sentito Ash… a scuola, nessun altro pareva far caso alla sua presenza… e poi, ora che ci pensa bene… non le è soltanto sembrato che poi sia scomparso nel nulla…

In biblioteca… non aveva nessun testimone… ed è stata l’unica a vedere le parole scritte sul monitor del suo portatile, dato che non è riuscita a salvare il file…

E la notte precedente… si rende improvvisamente conto di quanto sia assurdo che né Lily, né Violet, né Daisy, abbiano sentito niente… e poi… come accidenti avrebbe potuto Ash entrare in casa sua…? Ricorda benissimo di aver aperto lei stessa la porta all’arrivo di Rick… e a novembre, di sicuro nessuna delle finestre veniva lasciata aperta durante la notte…

Si lascia cadere sulle ginocchia, nascondendo il volto fra le mani. Sente l’umidità dell’erba che le sta bagnando i jeans, ma non le importa.

…pazza…



42.

«Misty…»

La ragazza rimane in silenzio, senza nemmeno cercare di ascoltare il patetico tentativo di Rick di sistemare la situazione. Un attimo dopo, sente la mano di Rick posarsi sulla sua spalla. Il suo corpo si irrigidisce, poi la ragazza scoppia in un pianto dirotto.

Cerca di mormorare qualcosa, di cui si riesce a capire soltanto qualche spezzone di frase. «Rick… per favore… lasciami sola… va’ via…»

«Misty…»

«Vattene!» urla la ragazza «Lasciami in pace!»

Misty sente Rick sospirare, e intuisce che sta per andarsene davvero, lasciandola sola. Improvvisamente, le torna alla mente una scena simile, ma avvenuta due anni prima…



43.

…6 ottobre 2004…

«Dai… avanti, ma che ti costa…?»

Gli occhi di Misty incrociano quelli di Ash. Cosa le costa…? Ma certo, proprio una cosa da niente, una passeggiata di due miglia in mezzo a una foresta…

«Cosa costa a te, aspettare qualche giorno…? La palestra di Fiorlisopoli non scappa mica. Puoi benissimo vincere una medaglia anche domani o dopodomani. Io non vengo, neanche per sogno.»

Ash sospira. «Va bene… vuol dire che ci vado da solo.»

«Eh?»

«Hai capito benissimo. Non c’è bisogno veniate anche tu e Broke.» sorride «Farò presto, non preoccuparti. Voi potete aspettare qui.»

Misty non risponde. La testardaggine di Ash non ha limiti.

«Ma fa’ come ti pare,» sbotta, girando sui tacchi e allontanandosi da lui.

Ash le lancia un’occhiata strana, poi si dirige verso la porta.



Quella era stata l’ultima volta che aveva parlato con Ash.



44.

…il presente…

Misty osserva Rick che si allontana da lei.

«R- Rick.»

Ma Rick non la sente, o forse fa soltanto finta di non averla sentita, e continua a camminare, allontanandosi ancor più da lei.

«Rick! Aspetta!» urla più forte la ragazza.

Non può commettere di nuovo lo stesso errore.

Rick si ferma, e si volta verso di lei, in attesa.

«Rick…» mormora la ragazza, con un filo di voce «…Rick, ti amo.»



--CAPITOLO II--

--HAPPILY EVER AFTER?--

«Dove voglio arrivare...? La verità, Misty, è che tu sei ancora innamorata di un ricordo!»

1.

Le labbra di Rick sfiorano con dolcezza quelle di Misty, quasi il ragazzo temesse che un approccio più violento nei suoi confronti possa ferirla e indurla a fuggire da lui. La ragazza chiude gli occhi, accettando il bacio senza opporsi, ma abbassa lo sguardo non appena Rick si allontana da lei.

Rick sospira, ma rimane in silenzio. Misty continua a tenere lo sguardo fisso a terra. Non vuole incrociare gli occhi azzurri di Rick e leggervi un evidente per quanto sottile velo di compassione. Non vuole rovinare tutto… non ora che tutto sta cominciando a funzionare.

Lui sa tutto. Sa di Ash, e per un po’ Misty ha creduto che potesse veramente capirla, comprendere ciò che provava. Soltanto dopo si è resa conto di quanto ciò sia impossibile. Non si può capire cosa si prova in una simile situazione senza prima averlo sperimentato sulla propria pelle… e spera che Rick non debba mai vivere ciò che ha vissuto lei. Mai provare un dolore come quello che lei ha dovuto sopportare.

Quando, meno di un mese prima, Rick è entrato nella sua vita, ha creduto veramente di impazzire. Le pareva impossibile conciliare i sentimenti che adesso provava per Rick con ciò che aveva provato (…e ancora prova…) per Ash. Poi, però, ogni cosa si è sistemata. L’ha ammesso. Ha ammesso di amare Rick.

Però… ogni volta che Rick la bacia, o soltanto che le si avvicina, prova qualcosa che ancora somiglia a un lieve senso di colpa.

«Rick…» inizia, nel tentativo di giustificare il proprio comportamento di solo pochi attimi prima. Ma il ragazzo la interrompe, posandole un dito sulle labbra.

«Non devi dire niente…» sussurra, con il volto a pochi centimetri da quello di Misty, tanto che per qualche attimo la ragazza teme che voglia baciarla di nuovo «…voglio dire, è okay. Lo so.»

Misty sorride, ma una lieve ombra nel suo sguardo tradisce ciò che sta realmente pensando. Non è affatto okay. Non è okay per il semplice fatto che i baci di Rick, anziché lusingarla, la fanno sentire in colpa.

Rick è dolce, gentile, e anche molto carino. E, anche se il più delle volte tende a cercare di nasconderlo a se stessa, Misty crede di amarlo. Però…

…però resta il fatto che lui non è Ash.



2.

Senza dire niente, Rick le prende la mano, intrecciando le dita con quelle della ragazza. Misty resta in silenzio, ma non può impedire a se stessa di sussultare non appena il palmo della sua mano tocca quello di Rick. Come d’altronde accade ogni volta che lui cerca di baciarla, o la sfiora soltanto.

Rick sospira di nuovo, ma stavolta tradendo un’emozione fin troppo simile alla rabbia. Si alza dal divano sul quale fino a pochi attimi prima lui e Misty erano seduti, e si allontana da lei di qualche passo.

«Rick…»

Il ragazzo non sembra intenzionato ad ascoltarla. Resta per qualche istante con lo sguardo fisso sul pavimento. Poi, finalmente, si volta verso di lei.

«Ma chi stiamo cercando di prendere in giro, Misty…?»



3.

Misty rimane in silenzio per qualche istante, deglutendo a vuoto. Non riesce a staccare gli occhi dalla figura di Rick in piedi davanti a lei. Si rende conto di essere spaventata, anche se non riesce a capire perché.

«Che… che vuoi dire?» riesce finalmente a chiedere.

«Voglio dire,» Rick abbassa lo sguardo «che tutto questo è assurdo. Tu…» anche se solo per un attimo, la sua sicurezza pare vacillare «…tu non mi ami.»

«Che cosa…?!» Misty si alza in piedi, costringendo Rick a guardarla negli occhi. «Rick, come puoi dirlo? Lo sai benissimo che io…» ma qualcosa le impedisce di continuare, e la costringe suo malgrado ad abbassare lo sguardo.

«Tu che cosa, se non riesci nemmeno a dirlo?» dice Rick seccamente.

«Io…» sa che se guardasse Rick negli occhi non riuscirebbe a parlare, per cui continua a tenere lo sguardo fisso a terra «…io ti amo, Rick.»

Il ragazzo le prende il volto fra le mani, obbligandola, anche se con dolcezza, a voltarsi verso di lui. «Guardami, Misty. Ripeti quello che hai appena detto.»

«I-io…»

Non ci riuscirà. Non con gli occhi di ghiaccio di Rick fissi nei propri. Scuote piano la testa, poi torna ad abbassare lo sguardo. «Mi… mi dispiace, Rick… io… non ci riesco…»



4.

Rick si allontana da lei. «Non ci riesci perché non vuoi. Tu non mi ami.»

«Perché fai questo, Rick?» la ragazza sente le lacrime salirle agli occhi, ma non è certa di volergli dare la soddisfazione di vederla piangere.

«Se tu mi amassi, saresti capace di dirmelo in faccia.»

«Dove… Rick, dove vuoi arrivare?»

Ma nell’istante stesso in cui formula la domanda si rende conto di conoscerne già la risposta.

«Dove voglio arrivare?!» Rick la guarda con gli occhi ridotti a due fessure «La verità, Misty, è che tu sei ancora innamorata di un ricordo.»



5.

Silenzio.

«Rick…» le lacrime prendono a scorrere incontenibili sulle guance della ragazza, che non cerca neppure di nasconderle o trattenerle. «…pe-perché dici questo…?»

Rick continua a tenere lo sguardo fisso su di lei. «Perché è la verità.»

«N-no… non è così… è… è solo che…» ma non riesce a continuare, perché non le viene in mente nessuna risposta che non dia alle parole di Rick un’ulteriore conferma.

«Non è così, eh? Allora avanti, dillo. Dì che non ami più Ash.»

Misty abbassa lo sguardo, poi scuote la testa. «I-io… non posso…»

«Non puoi o non vuoi?»

«Io… n-non…»

«Non vuoi, vero?» Rick la guarda con disprezzo «È la verità. Tu lo ami ancora.»

Misty rimane in silenzio, senza alzare lo sguardo.

«Non è così?» insiste Rick.

Silenzio.

«Beh, chiamami quando ti sarai decisa.»

Rick si volta e si dirige con fermezza verso la porta della stanza.



6.

Rick attraversa il corridoio con lo sguardo fisso a terra, dirigendosi verso la porta principale dell’abitazione. È stato uno sciocco a credere che fra lui e Misty le cose potessero funzionare. È stato uno sciocco a credere che lei lo amasse davvero. Misty ama ancora Ash, nonostante sia morto da due anni. È questa la verità.

«Ehi, che succede?»

Si volta. Violet, una delle sorelle di Misty, lo sta osservando appoggiandosi allo stipite della porta della propria stanza.

«Uh? Niente.»

Rick cerca di ignorarla e raggiungere la porta, ma Violet lo ferma afferrandolo per un braccio. Lo guarda negli occhi, e Rick non sarebbe capace di immaginare uno sguardo più serio.

«Rick. So che è successo qualcosa fra te e Misty. Vuoi dirmi qual è il problema?»

Doveva aspettarselo. Violet ha diciotto anni, ed è la più vicina a Misty, non solo per età ma anche nei rapporti. È con lei che Misty parla quando ha bisogno di un vero consiglio… certo non con Lily, che la considera soltanto una ragazzina immatura (…non gliel’ha mai detto in faccia, ovviamente, ma Misty è certa che sia ciò che Lily pensa di lei…) o con Daisy, con la quale ha un rapporto piuttosto impersonale.

«Allora?» insiste Violet, senza distogliere lo sguardo.



7.

Rick sospira. «Violet, non… oh, e va bene: io e Misty abbiamo litigato.»

Violet alza le sopracciglia. «Posso sapere come mai?»

«Ecco…» esita «…so che ti sembrerà stupido, ma sono convinto che Misty non sia veramente innamorata di me. Credo che sia ancora…»

«…Innamorata di Ash.» conclude Violet «Eh già.»

«Quindi tu credi che…?»

«Oh, no.» Violet scuote la testa con foga «Io credo che sia innamorata di te. Però… uh… devo essere sincera?»

Rick annuisce.

«Okay.» la ragazza distoglie lo sguardo «Credo che ciò che prova per te… sia soprattutto attrazione fisica. Anche se, voglio dire, so di per certo che quando sta con te, lei si sente veramente bene…» sospira «…ma…»

«Ma…?»

«Ma…» Violet torna a voltarsi verso Rick «…quello che lei provava per Ash… io onestamente non saprei come definirlo. Forse non si può dire che fosse amore, ma… sicuramente non era una semplice amicizia. Era… era di più, capisci? Io… credo che quello che Misty provava per Ash andasse oltre qualsiasi sentimento che si possa definire.»

Rick sospira. «Quindi con lei non ho speranze, giusto?»

«No!» Violet scuote di nuovo la testa «Questo no. Lei ha bisogno di te.»

Il ragazzo distoglie lo sguardo. «Ma io… io la amo davvero.»

Violet sorride. «Anche lei.»

«Uh?»

«Io sono convinta che lei ti ami davvero…» sospira «…il problema è che non l’ha ancora ammesso a se stessa.»

Rick sorride tristemente. «Violet, per favore… sii sincera: credi che Misty guardi me come guardava Ash?»

La ragazza non risponde, si limita ad abbassare lo sguardo.

Rick sospira. «Lo immaginavo. Adesso scusami, ma devo andare.»


8.

Misty resta immobile a fissare il vano completamente vuoto della porta. Pur senza osare avvicinarsi, ha ascoltato la conversazione tra Rick e Violet. Non è riuscita a capire cosa stessero dicendo, ma sa che stavano parlando di lei. Ha sentito il proprio nome un paio di volte, e… ha sentito anche il nome di Ash.

Rick se n’è andato. Possibile che sia destinata a perdere tutte le persone che ama…?

Sussulta. Tutte le persone che ama. Non ha mai avuto psicanalisi come materia di studio, ma sicuramente ne sa abbastanza per sapere cosa sia un lapsus froidiano…

Violet compare sulla soglia. Ha una strana espressione, che almeno secondo Misty non lascia presagire niente di buono.

«Si può sapere che hai combinato?»

Infatti.

«In che senso?» mormora, cercando di prendere tempo.

«Lo sai benissimo in che senso.» Violet alza le sopracciglia «Con Rick.»

«Combinato…?» esita «Io… beh… nulla. O almeno… non è stata colpa mia. Non del tutto. Io… è solo che… non ci riesco.»

L’espressione di Violet si fa più dolce. «Misty… so che stare con Rick ti fa sentire in colpa nei confronti di Ash, ma…» distoglie lo sguardo «…Misty, lui non c’è più. Devi fartene una ragione. Rick ti ama davvero. Non puoi sprecare questa occasione. Non lasciarlo andare.»

Misty annuisce. Guarda Violet.

«Se fossi al mio posto… tu che cosa faresti?»

«Beh…» Violet abbandona l’atteggiamento da amica per assumere quello da sorella maggiore «…diciamo che… gli telefonerei, gli chiederei scusa e cercherei di spiegargli tutto quanto. E gli direi quello che veramente provo per lui.»

Misty lancia un’occhiata nervosa in direzione del telefono. «Intendi dire che… dovrei dirgli che lo amo?»

Violet annuisce, tornando ad essere soltanto un’amica, una buona amica. «Sì, se è quello che provi davvero.»

«Oh… okay. Lo farò.»

Con un sorriso, Violet si dirige verso la porta. Ha intenzione di lasciarla sola, ma sa che in seguito troverà il modo di farsi raccontare tutto.

«E, Violet…»

Violet si volta. «Cosa c’è?»

«Ti voglio bene.»



9.

Il cellulare squilla. Rick lo sfila dalla tasca dei jeans, maledicendo se stesso e la propria stupidità. Sono almeno dieci minuti che è seduto da solo su quella panchina, come un idiota. La stessa panchina sulla quale ha atteso Misty la sera del loro primo appuntamento, la stessa sulla quale ha cercato per la prima volta di baciarla.

La stessa sulla quale ha saputo di Ash.

Lo squillo si ripete, fastidioso e insistente. Rick lancia una rapida occhiata al display.

MISTY.

Senza accorgersi di stare trattenendo il respiro, schiaccia il tasto di risposta, con un po’ più di forza di quanta non ne fosse necessaria, gesto che tradisce il suo nervosismo. Avvicina il cellulare all’orecchio.

«Pronto…?»



10.

Per una manciata si secondi apparentemente interminabili, il cellulare di Rick suona libero, tanto che Misty inizia a temere che il ragazzo non abbia la minima intenzione di rispondere. Poi, però, sente il rumore del tasto di risposta che viene premuto, e la rincuorante voce di Rick.

«Pronto…?»

Qualche attimo di silenzio, durante il quale Misty maledice se stessa per aver esitato in un momento simile.

«R-Rick?» riesce finalmente a dire «Sono io… Misty…»

Silenzio. All’altro capo del filo, Rick aspetta.

«Rick ascolta… devo parlarti.» sa che se si ferma adesso non riuscirà a continuare «Lo so che tu pensi che io sia ancora innamorata di Ash… ma non è così. Non sono ancora innamorata di lui, non lo sono mai stata, era solo…» le si incrina la voce, ma cerca di nasconderlo «…il mio migliore amico. Rick io… per favore scusami, io ti amo, davvero, e non voglio perderti…»

«Misty…» la interrompe lui «…non dire altro. Scusami tu. Anch’io ti amo… è per questo che non mi piace vederti così distante. Nemmeno io voglio perderti…»

La ragazza si chiede se anche Rick possa sentire il battito del suo cuore, così forte da rimbombarle nelle orecchie. «Vuoi dire… che stiamo di nuovo insieme…?»

«Certo.» qualche attimo di pausa «Ti amo.»



11.

…due giorni dopo…

Misty deposita a terra lo zaino e sfila le chiavi di casa dalla tasca esterna. Mentre le avvicina alla serratura, Rick le prende la mano libera e la stringe nella sua. La ragazza sorride. Non farà nulla di stupido stavolta. Niente che possa indurre Rick a lasciarla di nuovo sola. È stata troppo male senza di lui, anche solo per prendere in considerazione la possibilità che questo accada di nuovo.

La chiave gira nella toppa una sola volta. Strano, le pareva di aver chiuso a doppia mandata… non le capita praticamente mai di trovare qualcuno in casa quando torna da scuola.

«Ehi, tutto bene?» chiede Rick.

Dopotutto, una delle sue sorelle può benissimo essere passata a prendere qualcosa durante la mattinata, oppure lei stessa può essersi distratta mentre chiudeva la porta, e aver dato una sola mandata anziché due.

«Si, certo… tutto bene.»

Sempre tenendo per mano Rick, cerca di guidarlo verso la propria stanza. Ma appena svoltato l’angolo si trova davanti Lily, con gli occhi che brillano e uno strano sorriso stampato sulla faccia.



12.

Questa è buona. Non le capita praticamente mai di trovare le sue sorelle a casa quando torna da scuola, e certamente non Lily, che frequenta già l’università e normalmente a quell’ora ha ancora lezione.

«Lily?» indaga, cautamente «Che ci fai a casa?»

Lily alza le sopracciglia, ma non smette di sorridere. Misty cerca di interpretare quella strana espressione: sembra che la ragazza stia morendo dalla voglia di rivelarle un segreto che si è imposta di mantenere tale.

«Non potevo certo mancare in un’occasione così speciale…» sta dicendo Lily.

Occasione speciale? Ha forse dimenticato un compleanno o qualcosa di simile? No, non può essere. Il compleanno più vicino è quello di Daisy, e mancano ancora quasi un mese.

«Quale occasione speciale?»

Lily non risponde, si limita ad inarcare di nuovo le sopracciglia, tormentando nervosamente un ciuffo di capelli.

Di qualunque cosa si tratti, pare che non la riguardi direttamente. Misty lancia un’occhiata a Rick, e cerca di tornare a dirigersi verso la propria stanza. Ma Lily la ferma.

«Ehi, non scappare, signorina… credo che ci sia una sorpresa per te in salotto…»

«Una sorpresa?» Misty guarda stupita la sorella «Che genere di sorpresa?»

«Vai a vedere con i tuoi occhi!» dice Lily, con un sorrisetto che Misty non riesce a interpretare. E prima ancora che Misty possa anche solo immaginare di quale sorpresa si tratti, Lily gira sui tacchi e la precede in direzione del salotto.

Misty la segue, lanciando nel contempo un’altra veloce occhiata a Rick.

Tu ne sai niente?

Rick si limita a scuotere la testa, con aria confusa.



13.

Senza dire nulla, Lily si appoggia allo stipite della porta. Misty fa scorrere lo sguardo verso l’interno della stanza: a una prima occhiata, le sembra tutto normale. Daisy è in piedi appoggiata alla parete, e Violet sul divano sta parlando con…

Misty impallidisce di colpo. Senza quasi rendersi conto di cosa stia accadendo, stringe più forte la mano di Rick e indietreggia di un passo.

Non è possibile. No. No. No.

«Non mi dirai che…?» mormora Rick.

Misty si limita ad annuire, (…in ogni caso non sarebbe in grado di parlare…) senza riuscire a staccare gli occhi dal ragazzo seduto sul divano accanto a Violet.

È…



14.

«Ash…» mormora la ragazza.

È tutto completamente assurdo. Ash è morto… da due anni… non può trovarsi lì adesso, non è assolutamente possibile… non può essere lui…

Ash si alza dal divano e si dirige verso la ragazza. Più alto di una ventina di centimetri buoni dall’ultima volta che lo ha visto (…è più alto di lei adesso…) e con i lineamenti un po’ più adulti, ma indubbiamente lui.

Le sorride.

«Ciao, Misty…»

Rick lascia la mano della ragazza. «Misty, io… vado. A… a domani.»

Misty si volta, tendendo debolmente una mano verso di lui. «N-no, Rick, aspetta…»

Ma il ragazzo non dà segno di averla sentita. Si allontana nel corridoio, in direzione della porta.



15.

Misty torna a voltarsi verso Ash.

«Non è possibile…» sussurra, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime «…non è possibile… è solo… un altro sogno… un’altra allucinazione… non puoi essere qui…»

Tende una mano tremante verso di lui, e gli sfiora il volto con le dita. Non può essere… non può trovarsi lì per davvero…

Ash le prende la mano. «Sono qui.» si limita a rispondere.

La sua mano è calda, e decisamente reale. Non può essere semplicemente un’allucinazione, non stavolta. Le lacrime prendono a scorrere sulle guance della ragazza, che non cerca nemmeno di asciugarle.

«So-sono passati due anni…» mormora.

«Lo so.»

Senza riuscire a dire nient’altro, Misty gli butta le braccia al collo, scoppiando in singhiozzi.



16.

«Ehi…» Ash la stringe a sé «…va tutto bene. Sono qui. Adesso calmati.»

La ragazza continua a singhiozzare stringendolo forte, con il volto affondato sulla sua spalla. Solo dopo una manciata di secondi riesce ad allontanarsi da lui, liberandolo dall’abbraccio.

«Non… non è possibile… c-che cosa… che ti è successo…?» sussurra.

Ash sospira. «È… beh, è una lunga storia.»

La ragazza continua a tenere gli occhi fissi su di lui, in attesa.

«Sai che sono stato attaccato dagli Ursaring mentre attraversavo la foresta, vero?»

Misty annuisce. «S-sì ma… i-io pensavo…»

«Pensavi che mi avessero ucciso, giusto?» le sorride «Lo so. Ma non è andata così. Mi hanno soltanto ferito. Non chiedermi come, ma sono riuscito a scappare. Ho cercato di raggiungere la città, ma avevo perso parecchio sangue ed ero troppo debole per camminare. Sono caduto, e ho sbattuto la testa contro una pietra. Credo di aver perso conoscenza. Quando mi sono svegliato… non ricordavo più niente. Ho perso la memoria sbattendo la testa…»

È semplicemente assurdo. Quella è esattamente la storia che Misty ha inventato due anni prima, fantasticando sull’impossibile ritorno di Ash. Qualche volta si è perfino illusa che fosse vera… e adesso che ha abbandonato ogni speranza, giudicandola soltanto la sciocca fantasia di una ragazzina quattordicenne, viene a sapere che le cose sono andate esattamente in quel modo…

«Tutto bene, Misty…?» le chiede Ash con dolcezza «Sei pallida…»

Misty scuote la testa. «I-io… credo di aver bisogno di sedermi…»

Prima ancora che la ragazza abbia finito di pronunciare quella frase, le sue ginocchia si piegano di colpo, incapaci di sostenere oltre il peso del suo corpo. Piomberebbe lunga distesa a terra se Ash non fosse pronto a sorreggerla, circondandole la vita con le braccia.



17.

Ash la aiuta a raggiungere il divano. Si siede di fianco a lei, facendo però attenzione a lasciare in mezzo a loro una decina di centimetri. Le scosta dal viso una ciocca di capelli rossi.

«Va meglio adesso?»

Misty annuisce, accorgendosi di stare tremando. «E… e poi? Cosa è s-successo?»

Il ragazzo si stringe nelle spalle. «Non so cosa sia successo esattamente. Improvvisamente ieri... mi trovavo ancora a Fiorlisopoli… ho ricordato tutto. Non so come.»

«E…» Misty si volta verso di lui «…come hai fatto a trovarmi?»

«Non avevo la più pallida idea di dove potessi essere. Ho pensato per un po’ a come potevo fare per rintracciarti… immaginavo che tu pensassi che fossi morto. Poi ho deciso di telefonare alla palestra di Pewter City… mi ha risposto Broke. All’inizio non credeva assolutamente che fossi io…» sorride «…ma gli ho raccontato tutta la storia e sono riuscito a convincerlo. Gli ho chiesto dove potevo trovarti e lui mi ha detto che eri tornata qui a Cerulean City… così mi sono messo in viaggio…»

«Già…» si intromette Violet «…e stamattina, dopo che eri già andata a scuola, ho sentito suonare alla porta…»

«È stata lei ad aprire…» continua Ash, alludendo a Violet «…beh, ci ho messo un po’ a convincerla che non ero un fantasma…»

Violet arrossisce violentemente.

«…Ma poi sono riuscito a farmi dire che eri a scuola e a che ora saresti tornata. Dopodiché, tua sorella ha insistito per avvertire anche Lily e Daisy… il resto lo sai.»

Misty annuisce, con gli occhi che si riempiono di nuovo di lacrime. Tende di nuovo una mano a sfiorare il volto di Ash, nell’ennesimo tentativo di convincersi che non si tratta solo di un sogno o di un’altra allucinazione.

Poi un pensiero doloroso le attraversa la mente. Ritira la mano.

«Rick…» sussurra, abbassando gli occhi.



18.

Ash abbassa lo sguardo. «Intendi il ragazzo che era con te? È… il tuo ragazzo, vero?»

«No! Lui… è solo…» Misty cerca disperatamente di trovare una spiegazione plausibile che non risulti offensiva nei confronti di Ash, ma poi china la testa. I capelli le ricadono sul volto, nascondendolo alla vista. «Sì. È il mio ragazzo.»

«Misty… è okay. Va bene.» mormora Ash, anche se entrambi sanno bene quanto la realtà sia diversa.

Misty alza il viso, nuovamente rigato di lacrime, verso Ash.

Il ragazzo non può fare a meno di guardarla, rendendosi conto di quanto sia cambiata. È… diversa dalla ragazzina che ricordava. I capelli le scendono oltre le spalle, avvolgendosi in morbide onde ai lati del suo viso. I suoi lineamenti sono decisamente più adulti, e anche… il suo corpo. È semplicemente stupenda.

Misty arrossisce, accorgendosi che Ash la sta guardando troppo, e torna a distogliere lo sguardo.

«N-non è come pensi…» sussurra «…io e Rick… non siamo mai stati veramente insieme… uh, non in quel senso… è solo che lui… è in gamba, e mi è stato molto vicino… ma…»

Posa la mano su quella di Ash e torna a voltarsi verso di lui. Sa quello che vorrebbe dirgli, ma sa anche che non ci riuscirà mai.

Io non amo Rick. Non potrò mai amarlo veramente, perché… perché è te che amo. Ti amo, non ho mai smesso…



19.

«Misty…» Ash stringe la mano della ragazza «…temo che non sia a me che devi dire queste cose…»

Misty abbassa lo sguardo. «Intendi… credi che dovrei parlare con Rick?»

Ash annuisce. «Credo che dovresti andare da lui… e spiegargli tutto. Se c’è una persona che ha bisogno di spiegazioni, è lui, non io.»

La ragazza resta in silenzio per qualche attimo, poi annuisce. Asciuga le lacrime, nonostante resti evidente che ha appena smesso di piangere, e si alza dal divano. «Sì, forse… sì hai ragione. Devo… parlare con lui.»

Fa qualche passo in direzione della porta, poi torna a voltarsi verso Ash. «Ma tu…»

«Vai.» ripete Ash, seriamente.



20.

…qualche minuto dopo…

Non sa cosa l’abbia spinta a dirigersi proprio verso il parco. È come se qualcuno le avesse sussurrato all’orecchio che Rick si trova lì. Infatti, adesso lo vede, seduto sulla stessa panchina sulla quale l’aveva attesa la sera del loro primo appuntamento. Non si è accorto di lei. Siede a testa bassa, con lo sguardo fisso a terra. Sembra ferito.

Non vuole farlo soffrire. Ma sa bene che, qualunque decisione prenda, qualcuno soffrirà. Lo raggiunge e, senza dire una parola, si siede di fianco a lui. Rick non alza nemmeno lo sguardo, come se la ragazza fosse completamente invisibile. Forse non vuole più saperne di lei, e non la ascolterà.

«Rick…»

Rick non si volta e non dice nulla.

«Rick…» ripete Misty, chiedendosi da dove debba cominciare «…Rick, devo parlarti.»

Finalmente il ragazzo alza lo sguardo verso di lei. «Parlarmi?» chiede, duramente «C’è qualcosa di cui parlare?»

Misty non risponde, non trovando nulla da replicare.

«Misty…» mormora Rick «…lasciami in pace. Su, avanti, torna dal tuo Ash. È così evidente che sei ancora innamorata di lui…»

«Rick… mi dispiace okay?»

Rick sospira. «Sì anche a me.»

«Rick, per favore!» la ragazza gli prende una mano, cercando di parlare tutto d’un fiato «Rick, tu sei molto importante per me, io ti voglio bene, e…»

Il ragazzo scuote la testa, interrompendola. «So cosa viene dopo, Misty! Sono testardo, ma non stupido.»

«Io non ho mai detto questo.»

«Davvero?» Rick la guarda di nuovo con quel suo sguardo sprezzante «Allora perché cerchi di prendermi in giro come se lo fossi?» non le lascia il tempo di ribattere «Ho visto come lo guardi, Misty. Non mi sembravi poi così indifferente.»

«Rick…»

«Misty…» lo sguardo di Rick si fa più dolce «…devi scegliere.»



21.

Scegliere. Come se fosse facile… perché le cose devono accadere sempre nel momento peggiore? Per due anni ha desiderato che Ash tornasse. Perché deve accadere proprio adesso che fra lei e Rick le cose stanno iniziando finalmente a funzionare?

«I-io…» sussurra, ma non riesce a continuare.

Rick le rivolge un sorriso triste. «Misty… tu lo ami, vero?»

La ragazza china la testa. I capelli si chiudono a sipario davanti al suo volto. Una risposta che, agli occhi di Rick, suona più eloquente di mille parole.

Sospira. «Lo immaginavo.»

«Rick…» mormora Misty «…mi dispiace.»

Rick la guarda. «Lo so… ma hai fatto la tua scelta, Misty. Hai scelto lui. E…» abbassa lo sguardo «…io sono di troppo.»

Misty resta in silenzio per qualche istante, senza riuscire a trovare nulla da replicare alle parole del ragazzo. «Rick ascolta…» riesce finalmente a dire «…io ti voglio bene, lo sai, ma…»

«Misty…» la interrompe lui «…c’è molta differenza tra amare e voler bene.»

La ragazza abbassa lo sguardo.

«Io ti amo, Misty.» dice Rick.



22.

Misty continua a tenere lo sguardo fisso a terra.

«Ora vai.» mormora Rick «Devi tornare da lui. Fai quello che ti rende felice… e…» abbassa lo sguardo «…promettimi che non ti arrabbierai.»

La ragazza lo guarda senza capire. «Per cosa?»

«Per questo,» sussurra Rick. Si avvicina, e per un attimo posa le labbra su quelle della ragazza. Poi si alza e si allontana, lasciando Misty sola con il ricordo di quell’ultimo bacio.



23.

…qualche minuto dopo…

Ash apre la porta. La osserva per qualche istante, in silenzio.

«Stai bene…?» chiede, alla fine «Sembri sconvolta…»

Misty non risponde. Probabilmente sembra sconvolta perché è sconvolta. Alla fine riesce a scuotere la testa e stirare le labbra nella parodia di un sorriso. «No… sto bene, davvero…»

«Sicura?» Ash le prende la mano come soltanto poche ore prima ha fatto Rick, poi chiude la porta alle spalle della ragazza. «Come è andata con… Rick?»

«Io… bene, immagino.» Misty abbassa la testa, decisa a non rivelare nulla di più, soprattutto per quanto riguarda il bacio. Ma porta silenziosamente la mano a sfiorare le labbra, e Ash non si lascia sfuggire quel gesto.

«Misty… lui ti ha… baciata, vero?» chiede, senza guardarla in viso.

La ragazza non alza gli occhi. Si limita ad annuire.

«Misty…» Ash le posa entrambe le mani sulle spalle. La ragazza è costretta a voltarsi verso di lui. «…per favore, sii sincera: tu lo ami?»

Misty scuote la testa. «No. Io…» abbassa lo sguardo, senza riuscire a continuare.

Ti amo.

Perché non riesce a dirlo? Da due anni spera di vivere un momento simile. Perché adesso che ne ha finalmente l’occasione non riesce a trovare le parole? China la testa. Due lacrime le rigano silenziosamente le guance.



24.

«Misty…»

Ash ritira le mani, accorgendosi che la ragazza sta piangendo. Misty torna ad alzare lo sguardo verso di lui, e il ragazzo non può fare altro che notare ancora una volta quanto sia splendida, nonostante le lacrime che ancora le rigano il volto.

Misty si morde le labbra. Non può aspettare ancora. Forse non avrà un’altra occasione.

«Io… ti amo.» sussurra.

Ash resta in silenzio per qualche istante. Poi le prende con dolcezza il viso fra le mani e chiude gli occhi, avvicinandosi a lei. Le loro labbra si sfiorano. Ash la bacia con passione. Misty sente il battito del proprio cuore rimbombarle nelle orecchie.

Improvvisamente non le importa più di Rick. Sa di averlo fatto soffrire, ma niente può turbare questo momento. Lo ha desiderato per anni, e adesso è finalmente reale… non un sogno, un’allucinazione, o la fantasia di un’adolescente.

È la realtà.

Dopo una manciata di secondi, Ash allontana le labbra dalle sue. Appoggia la fronte contro quella della ragazza.

«Misty…» sussurra «…anch’io ti amo.»



--CAPITOLO III--

--WHAT HAPPENED TO ASH?--

«Ecco qua. Ti chiami Ash Ketchum. Ti dice niente?»

1.

…6 ottobre 2004. Oliminopoli…

«Ma non cresci mai?» Misty incrocia le braccia e lo guarda con aria esasperata «Sei insopportabile. Non ho intenzione di partire adesso.»

Ash si lascia sfuggire un sospiro. È almeno mezz’ora che sta cercando di convincerla a mettersi in viaggio subito per Fiorlisopoli, invece che riposare per qualche giorno al Pokèmon Center di Oliminopoli.

D’accordo, l’unico motivo per cui vuole partire subito è perché ha fretta di vincere una medaglia alla palestra di Fiorlisopoli. Ma non sembra essere una ragione sufficiente a convincere Misty.

«Dai… avanti, ma che ti costa…?»

La ragazza gli lancia un’occhiataccia. «Cosa costa a te, aspettare qualche giorno…? La palestra di Fiorlisopoli non scappa mica. Puoi benissimo vincere una medaglia anche domani o dopodomani. Io non vengo, neanche per sogno.»

Ash sospira di nuovo. Non riuscirà a convincerla. Misty sa essere più ostinata di lui, quando vuole. «Va bene… vuol dire che ci vado da solo.»

«Eh?»

Misty spalanca gli occhi, e Ash costringe se stesso a nascondere un sogghigno, felice di essere finalmente riuscito a colpirla. «Hai capito benissimo. Non c’è bisogno che veniate anche tu e Broke.» le sorride «Farò presto, non preoccuparti. Voi potete aspettare qui.»

Per un attimo, la sicurezza della ragazza sembra vacillare. Attraversare la foresta che divide Oliminopoli da Fiorlisopoli non è uno scherzo, e può essere pericoloso attraversarla da soli. Per qualche istante sembra prendere in considerazione la possibilità di cambiare idea e seguirlo, ma alla fine è la parte razionale di lei ad avere la meglio.

«Ma fa’ come ti pare,» sbotta, girando sui tacchi e allontanandosi da lui.

Ash la osserva in silenzio per qualche istante, stupito dalla sua reazione. Poi si volta e si dirige verso la porta.



2.

Gradualmente, gli alberi che costeggiano il sentiero si fanno più fitti, sempre più simili al cuore di una foresta che ad un innocuo parco cittadino. I raggi del sole filtrano attraverso le loro chiome, creando un curioso gioco di luci e di ombre, non molto rassicurante.

Assurdo. È perfettamente in grado di cavarsela da solo. Dimostrerà a Misty che non ha necessariamente bisogno che lei lo segua ovunque vada. È vero, molte volte è riuscito a cavarsela soltanto grazie a lei, ma non stavolta. Raggiungerà Fiorlisopoli, vincerà quella medaglia e tornerà indietro.

Non è la prima volta che litiga con Misty, e sicuramente non sarà l’ultima… per cui non ha motivo di preoccuparsi.

Un inquietante fruscio proviene da un punto imprecisato alle sue spalle. Imponendosi di mantenere la calma, Ash si volta. Niente. Deve esserselo immaginato.

Non ha niente da temere. Assolutamente niente. Non è così?



3.

…qualche minuto dopo…

Ormai è un po’ che sta camminando… Fiorlisopoli non dev’essere lontana. Il sentiero, prima ben definito, si è fatto sempre più incerto e stretto, fino a scomparire del tutto fra gli alberi. Pazienza. Dovrà solo continuare ad andare nella stessa direzione.

Hai visto, Misty? Posso cavarmela da solo.

Il fruscio alle sue spalle si ripete, più vicino stavolta. Ash si volta di scatto nella direzione da cui il rumore proveniva, sperando che si tratto di nuovo della sua immaginazione.

Due grossi Ursaring lo osservano, immobili come statue di sale, pronti a cogliere ogni suo minimo movimento o tentativo di fuga.



4.

Senza staccare gli occhi dai due Pokèmon selvatici, il ragazzo inizia cautamente a indietreggiare. Solo quando è certo di essere riuscito a conquistare una distanza di sicurezza si volta e inizia a correre.

Lo scalpiccio alle sue spalle continua, ma più rapido e insistente. Zampe pesanti che calpestano rami e sterpi secchi. Lo stanno inseguendo. E tutto ciò che può fare è continuare a correre, sperando che gli Ursaring si stanchino prima di lui… o che adocchino un nuovo bersaglio.

Tuttavia, contemporaneamente, sa bene quanto questo sia improbabile. Gli Ursaring non rinunciano facilmente alla propria preda… e la loro preda è lui.

Non riuscirà a correre ancora per molto… ma non ha scelta. O corre, o finisce in pasto agli Ursaring. Ma non ha più fiato, e inoltre sente i fruscii e i tonfi alle sue spalle farsi sempre più vicini… presto lo raggiungeranno, e se lo faranno non avrà scampo.

Improvvisamente il suo piede va a sbattere contro qualcosa, probabilmente una radice, e il ragazzo finisce lungo disteso a terra, con la faccia premuta contro la terra umida.



5.

Si volta, alzandosi a sedere di scatto, ben sapendo che non riuscirà a rialzarsi in piedi e riprendere a correre prima che gli Ursaring gli siano addosso. E inoltre non ha più forza, e ha l’impressione di avere due pezzi di legno al posto delle gambe. Non riuscirebbe comunque a correre.

Sono a non più di un paio di metri da lui. Senza nemmeno provare ad alzarsi, Ash cerca di indietreggiare, nel tentativo di ritardare il più possibile il momento dell’inevitabile attacco. Ma dopo breve finisce con la schiena contro il tronco di un albero.

È in trappola.

Cerca disperatamente di alzarsi, ma prima che possa riuscirci uno degli Ursaring gli è addosso, e lo colpisce violentemente a un fianco con gli artigli.



6.

Una fitta di dolore gli attraversa il corpo, talmente acuto da oscurargli la vista per qualche istante. Con un gemito, Ash si piega in due, premendo la mano contro la ferita, e riuscendo in qualche modo ad evitare il successivo attacco dell’Ursaring in direzione del suo viso.

Un tonfo sommesso proviene da qualche punto alla sinistra dei due Pokèmon. Entrambi gli Ursaring si voltano in quella direzione, dimenticando per un istante il ragazzo.

Adesso o mai più. Raccogliendo le poche forze di cui ancora dispone, e sempre con la mano premuta contro il fianco, Ash riesce a rimettersi in piedi e ad iniziare a correre, addentrandosi fra gli alberi, dove spera che gli Ursaring non possano seguirlo.

Il dolore al fianco si fa sempre più acuto, fino a divenire quasi insopportabile. Sempre continuando a correre, Ash si porta la mano davanti agli occhi.

Sangue.

Cerca disperatamente di continuare a correre, ma non ha più forza. Dopo nemmeno una decina di passi, le sue ginocchia si piegano di colpo, incapaci di sostenere oltre il peso del suo corpo; e per la seconda volta il ragazzo finisce lungo disteso a terra, andando a sbattere la tempia contro qualcosa di duro e tagliente.

Buio.



7.

…secondi… minuti… o forse ORE dopo…

Ash apre gli occhi a fatica. Un dolore lancinante gli attraversa le tempie, talmente acuto da farlo quasi sprofondare di nuovo nell’oblio. Cerca di muoversi, di alzarsi, ma sembra che il suo corpo si rifiuti di obbedire alla sua volontà. Con molta fatica, riesce a voltarsi sulla schiena. La luce del sole gli ferisce gli occhi, accecante come un’esplosione bianca.

Debolmente, porta una mano alla tempia. Sussulta per il dolore non appena le sue dita sfiorano il bernoccolo. Sposta la mano davanti agli occhi, con la sensazione di aver già vissuto qualcosa di simile. Non riesce a mettere a fuoco quello che vede. Lentamente, la macchia di colore al centro del suo campo visivo assume i contorni della sua mano, con i polpastrelli macchiati di rosso.

Lascia ricadere il braccio lungo il fianco, sfiorando la ferita ancora fresca. Se non fosse troppo debole urlerebbe di dolore… ma non ne ha la forza.

Cerca di ricordare cosa sia successo, ma si accorge di non riuscirci. Nella sua mente c’è il vuoto, tranne quel dolore intollerabile che cancella ogni altra cosa. Si rende conto di non riuscire a ricordare assolutamente nulla di quanto sia accaduto fino al momento in cui si è risvegliato, pochi attimi prima.

Chiude gli occhi, sperando che le tenebre abbiano di nuovo la meglio su di lui.



8.

Il dolore al fianco e alla tempia è talmente intenso da non permettergli nemmeno di perdere nuovamente conoscenza. Costringe se stesso ad aprire di nuovo gli occhi, trovandosi a fissare il cielo azzurro e sgombro sopra di lui.

Dove si trova? Senza alzarsi da terra, volta la testa verso destra. Alberi. Si direbbe un bosco, o qualcosa di simile… ha riacquistato sufficiente lucidità per capire che non può semplicemente restare lì ad aspettare che qualcuno accorra in suo aiuto. Deve riuscire a trovare la forza di alzarsi e uscire da quel bosco, o morirà di fame.

Faticosamente, cerca di mettersi seduto. Ricade giù dopo essere riuscito a sollevarsi da terra solo di un paio di centimetri, con una smorfia di dolore. Come può anche solo pensare di poter riuscire a mettersi in piedi? Con un gemito, abbandona la testa all’indietro.

Solo qualche minuto più tardi riesce a raccogliere la forza necessaria per fare un secondo tentativo. Riesce a sedersi, e si piega per controllare la ferita al fianco. Sembra meno grave di quanto si aspettava. Sembra piuttosto profonda, ma pare che abbia smesso di sanguinare.

Si guarda intorno. Gli alberi lo circondano da ogni lato, e non sembra esserci un sentiero riconoscibile. Nessun segno che indichi da che parte si trova la civiltà.

Cerca di mettersi in piedi, ma senza successo. Le gambe sembrano rifiutarsi di reggere il peso del corpo. E quando alla fine riesce ad alzarsi, gli alberi prendono a vorticargli attorno, e il ragazzo piomba di nuovo a terra, in ginocchio. Deve riprendere fiato prima di riuscire a rialzarsi, e iniziare a camminare scaricando il peso del corpo su ogni tronco d’albero o altro possibile appiglio, cercando inutilmente di ignorare il dolore sempre più insopportabile al fianco.



9.

La vegetazione si fa sempre meno fitta, fino a che Ash non si trova a percorrere una sorta di lungo viale alberato. Il profilo vagamente indistinto di una città si disegna all’orizzonte. Il ragazzo è allo stremo delle forze, ma sa di dover continuare. Forse in quella città ci sarà qualcuno in grado di dirgli chi è, dove si trova, e perché si trova lì.

Forse in quella città ci sarà qualcuno in grado di aiutarlo.

Il viale viene improvvisamente sostituito da una strada asfaltata, preceduta da un cartello che il ragazzo impiega qualche istante per riuscire a decifrare.

W… welcome to… Fior… Fiorlisopoli.

Welcome to Fiorlisopoli.

Fiorlisopoli. Aveva sperato che il nome della città gli ricordasse qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse fornirgli un indizio sulla sua identità. Ma nessun ricordo affiora alla sua mente, nessuna immagine viene richiamata da quelle parole.

In ogni caso, finalmente è riuscito a raggiungere la civiltà. Ma nessuno dei pochi passanti sembra accorgersi di lui, o anche se lo fanno tirano dritto, senza stare a preoccuparsi.

Esausto, Ash si lascia cadere su una panchina. Chiude gli occhi.



10.

…qualche minuto dopo…

«Ehi! Stai bene?»

Ash costringe se stesso ad aprire gli occhi. Una ragazza con grandi occhi azzurri e capelli castano chiaro, più o meno della sua età, è china su di lui. Ha l’aria preoccupata. Il ragazzo resta in silenzio, cercando di ricordare se ha in passato già visto quel volto, ma ancora una volta la sua mente è completamente vuota.

«Stai bene?» ripete lei.

Ash la fissa in silenzio ancora per qualche istante. «Chi sei?» riesce infine a chiedere.

«Mi chiamo Liz. Liz Dwight.» si siede di fianco a lui «Sei ferito? Che ti è successo?»

Il ragazzo abbassa lo sguardo. Che cosa gli è successo? Bella domanda. Peccato che non ne conosca la risposta. «Io… non so. Non ricordo…» mormora alla fine.

La ragazza aggrotta le sopracciglia. «Come non lo sai?»

«Credo…» Ash continua a tenere lo sguardo fisso a terra «…credo di aver battuto la testa… non ricordo più niente…»

Liz sembra stupita. «Non ricordi nemmeno il tuo nome?»

Il ragazzo scuote la testa. «No… te l’ho detto… non ricordo nulla…»

Liz resta in silenzio per qualche istante, poi nota la mano del ragazzo premuta contro il fianco. Senza dire niente gli afferra il polso, costringendolo ad allontanare la mano dalla ferita. Ash la sente trattenere il respiro.

«Mio Dio!» esclama, poi si alza in piedi di scatto. «Tu vieni con me.»


11.

Ash guarda la ragazza, senza capire. «Cosa…?»

«Vieni con me.» insiste Liz «A casa mia. C’è mio padre, lui saprà cosa fare.» gli tende una mano, ovviamente decisa a non arrendersi facilmente. «Dai, vieni. Ce la fai ad alzarti?»

«Io… non so.» ci prova, ma ricade immediatamente sulla panchina. «No.»

«Puoi appoggiarti a me.» la ragazza lo costringe a passarle un braccio sulle spalle e ad alzarsi. «Così va meglio?»

Ash annuisce. «Ti ringrazio… ma… sei sicura che tuo padre…?»

«Oh, non preoccuparti.» Liz anticipa la sia domanda «Mio padre è il capopalestra di Fiorlisopoli, ospitiamo sempre un sacco di gente. Allenatori di Pokèmon, per lo più. Sei un allenatore di Pokèmon?»

«Non so…» risponde Ash, lasciandosi guidare da Liz verso la palestra.

La ragazza annuisce, con aria comprensiva. «Ci siamo quasi. Casa mia è alla fine dell’isolato.»



12.

Ash alza lo sguardo verso l’insegna con la scritta Fiorlisopoli Water Gym sospesa sopra le loro teste. «È qui…?» chiede, rendendosi conto di quanto la domanda sia in realtà superflua. Ma non ha la forza di pensare lucidamente.

Liz non sembra farci caso. «Sì,» si limita a rispondere. Spinge i battenti della porta di vetro, rivelando un corridoio abbondantemente illuminato su cui si affacciano almeno una decina di porte.

«Papà?» grida Liz. La sua voce rimbomba. «Sei in casa?»

Una delle porte si apre, e ne esce un uomo dai capelli castani come quelli della figlia.

«Sì. Cosa c’è?» solo in quel momento si accorge di Ash. «Che diavolo…?» guarda Liz, con aria severa «Elizabeth, credo che tu mi debba qualche spiegazione. Subito.»



13.

…parecchi minuti dopo…

«…E questo è tutto.» conclude Liz.

Mentre Liz ripeteva pazientemente l’intera storia, suo padre ha medicato e bendato le ferite di Ash, non senza strappargli qualche smorfia di dolore. Guarda Liz.

«Come sarebbe “e questo è tutto”? Ti sembra poco?»

Ash abbassa lo sguardo. Incontrare per strada un ragazzo ferito e completamente privo di memoria non era sicuramente una cosa che capitava tutti i giorni.

Liz si stringe nelle spalle. «Immagino di no.»

«Infatti.» il padre la guarda severamente «Elizabeth, cosa credi che dovremmo fare di lui adesso? Non ricorda niente, e per di più è ferito. Non credo che riuscirebbe a cavarsela se…»

«Pensavo che potremmo ospitarlo qui per un po’» lo interrompe Liz.

«Già, per un po’, e dopo?»

La ragazza inarca le sopracciglia. «Suppongo di non averci pensato.»

«È questo il problema di voi giovani.» nonostante il tono di voce sia ancora duro, l’espressione dell’uomo si addolcisce. «Non pensate. Non riflettete sulle conseguenze.»

«Oh, ma che differenza fa?» Liz sembra seccata, ma ha l’aria di una che sa che riuscirà ad averla vinta.



14.

«Oh, e va bene.» il padre della ragazza assume un’espressione rassegnata. «Lo ospiteremo per un po’. Non ti arrendi mai, eh?»

«Mai.» conferma Liz, con un sorriso smagliante. Poi si dirige verso Ash e gli posa una mano sulla spalla. «Hai sentito? Resti qui. Fino a che non ti torna la memoria, almeno.»

«Se mi torna la memoria.» la corregge Ash.

«Ma certo che ti tornerà.» Liz sembra molto più convinta di quanto non lo sia lui. Poi aggrotta le sopracciglia, come se stesse riflettendo. Sorride. Con delicatezza, sfila il pokèdex di Ash dalla tasca dei suoi jeans.

«Ecco! Con questo possiamo scoprire come ti chiami.» preme qualche pulsante, poi un’espressione trionfante si dipinge sul suo viso. «Ecco qua. Ti chiami Ash Ketchum. Ti dice niente?»

Ash scuote la testa. «Mi dispiace. No.»

Il sorriso di trionfo scompare immediatamente dal volto di Liz. Per la prima volta la osserva con attenzione. Ha grandi occhi azzurri incorniciati da lunghe ciglia, e capelli castano chiaro lunghi fino a metà schiena, leggermente ondulati. È carina.

«Oh… non preoccuparti.» sta dicendo Liz. «Vedrai che prima o poi ti tornerà la memoria. È solo… è solo questione di tempo.»

Ma non sembra più così convinta come lo era qualche minuto prima.



15.

È soltanto un attimo, poi la ragazza torna a sorridere. «Forse dovresti riposare.» si rivolge a suo padre «Abbiamo qualche stanza libera?»

L’uomo annuisce. «Sì, praticamente tutte.»

«Bene.» Liz torna a voltarsi verso Ash e gli tende una mano «Su, andiamo. Vieni.»

Aggrappandosi alla mano di Liz, il ragazzo riesce faticosamente ad alzarsi. Lascia che la ragazza lo guidi fuori dalla stanza, e poi verso una delle porte che si affacciano sul corridoio.

Liz si ferma e apre la porta, spingendola verso l’interno della stanza. «Ecco. Non è molto, ma…» si interrompe, lasciando la frase a metà.

«Non preoccuparti.» Ash le sorride debolmente «Andrà benissimo.»

La ragazza arrossisce, rendendosi conto che è la prima volta che Ash le sorride. Si affretta ad abbassare il viso, cercando di dissimulare il proprio imbarazzo.

Ash si dirige vero l’interno della stanza e si siede sul letto. «Liz…» chiede «…posso farti una domanda?»

«Certo.» la ragazza lo segue nella camera «Cosa c’è?»

«Come mai tuo padre ti chiama Elizabeth?» chiede inaspettatamente Ash.

Liz torna ad abbassare lo sguardo, ma stavolta con un’espressione seccata dipinta sulla faccia. «È il mio vero nome. Mi chiamo Elizabeth. Ma solo mio padre mi chiama così. Io sono Liz.»

«Io trovo che Elizabeth non sia affatto male.» dice Ash.

«Stai scherzando?» la ragazza alza di nuovo lo sguardo verso di lui, con espressione stupita «È un nome orribile.»

«Secondo me è un nome carino.» dice Ash, sorridendole di nuovo.

Le guance di Liz si fanno di colpo scarlatte, e la ragazza si affretta ad abbassare di nuovo la testa. «Uh… grazie. Adesso io… io devo andare.» indietreggia verso la porta, senza osare alzare lo sguardo verso il ragazzo «La mia stanza non è lontana. Se hai bisogno…»

E così dicendo esce dalla stanza, e chiude goffamente la porta alle proprie spalle.



16.

Con un sospiro, Liz appoggia le spalle alla porta appena chiusa. Perché si è comportata in quel modo? Perché si è sentita così in imbarazzo? Dopotutto, Ash ha soltanto detto che Elizabeth è un nome carino.

E le ha sorriso. Due volte.

Basta questo pensiero per farla sentire di nuovo profondamente imbarazzata. Scuote con forza la testa, sentendosi una stupida. Che diavolo le prende? Un complimento non le ha mai fatto quest’effetto. Un complimento stupido, per di più.

Perché la presenza di Ash la fa sentire così goffa e impacciata? Non sa praticamente niente di lui, soltanto il suo nome…

E anche che è molto carino.

Sussulta, rendendosi conto di quello che ha appena pensato. Non aveva mai definito “carino” un ragazzo.



17.

…una settimana dopo…

Ash fissa il soffitto buio sopra di lui, senza vederlo veramente. Non sa che ora sia, probabilmente mezzanotte passata, ma non riesce a riprendere sonno.

Non può negare che Liz e suo padre siano stati veramente gentili ad ospitarlo per tutto questo tempo, ma ormai inizia a dubitare che possa servire a qualcosa. Forse, anzi probabilmente, non c’è nessuna possibilità che ritrovi la memoria.

Continuerà ad essere un peso per Liz e suo padre fino alla fine dei suoi giorni, e a conoscere di sé soltanto il proprio nome…?

Assurdo. Ma è altrettanto assurdo che ritrovi improvvisamente la memoria adesso, dopo un’intera settimana durante la quale la sua mente è rimasta completamente vuota. Liz continua ad assicurargli che prima o poi ricorderà tutto, ma le sue parole perdono di giorno in giorno credibilità.

Sospira. Poi chiude gli occhi, lasciandosi sprofondare nel sonno.



18.

I due Ursaring sono a pochi metri da lui, presto gli saranno addosso. Un dolore lancinante gli attraversa il corpo. Poi la scena si confonde, e le figure imponenti dei due Pokèmon vengono sostituite da un’altra immagine.

La ragazza dai capelli rossi incrocia le braccia e lo guarda con aria esasperata. I suoi occhi verdi sono freddi e scostanti.

«Ma fa’ come ti pare.»





19.

Ash apre gli occhi di scatto, trovandosi di nuovo a fissare il soffitto della sua stanza nella palestra di Fiorlisopoli. È stato soltanto un sogno… cerca di ricordare di cosa si trattasse, ma le immagini del sogno scivolano via prima che riesca ad afferrarle, tornando a nascondersi in qualche luogo della sua mente che non riesce (…e forse non riuscirà mai…) a raggiungere.

Dei passi. In corridoio, qualcuno si sta movendo verso la sua stanza. La maniglia si abbassa, poi la porta viene spinta verso l’interno. Un volto compare nello spiraglio. Liz.

«Tutto bene…?» la ragazza sembra stranamente imbarazzata «Ti ho sentito urlare.»

«Oh…» Ash abbassa lo sguardo «…era solo un sogno.»

Liz entra nella stanza, chiudendo la porta dietro di se. «Cosa hai sognato?»

«Io… non ricordo.» il ragazzo continua a tenere lo sguardo fisso a terra. Ma inaspettatamente, un’immagine gli si riaffaccia alla memoria. «C’era… una ragazza. Una ragazza con i capelli rossi…» tenta disperatamente di afferrarne il volto, ma l’immagine è già completamente svanita.

Con una strana espressione, Liz si siede sul letto di fianco a lui. «La conosci?»

«Non so… forse.»

Ma, stranamente, ha la sensazione che quella ragazza significasse qualcosa per lui, e si trova improvvisamente a desiderare che Liz si alzi dal letto e si allontani. Si sente a disagio ad averla così vicina.



20.

La ragazza si stringe nelle spalle. «Forse ti sta tornando la memoria.»

«Ne dubito.»

Liz lo guarda, e inaspettatamente si sorprende a desiderare che Ash non ritrovi la memoria. Se ricorderà tutto se ne andrà, e lei non vuole. Si rende conto di quanto i suoi pensieri siano egoistici, ma non può farci niente. Tenta comunque di non darli a vedere, e rivolge ad Ash un sorriso.

«Forse invece sì. Come fai a dirlo?»

«Non so…» Ash la guarda, con espressione rassegnata «…è una sensazione. Non credo che mi tornerà mai la memoria.»

«Io invece credo di sì.» afferma Liz.

«Liz…»

«No.» lo interrompe la ragazza «Ascolta. Se hai sognato quella ragazza, significa che i tuoi ricordi ci sono ancora. Non sono scomparsi del tutto. Devi soltanto riuscire a… a tirarli fuori.»

Ash le sorride tristemente. «Okay, hai ragione tu. Come sempre.»

«Io non mi arrendo mai!» scherza Liz, con un sorriso. Ma scopre di invidiare la ragazza dai capelli rossi, tanto importante per Ash da essere il primo ricordo a riaffiorare alla sua mente… chiunque ella sia.



21.

…2 ottobre 2006. Pewter City Gym…

Broke alza gli occhi dal libro che sta leggendo, trovandosi a fissare senza espressione la parete davanti a sé. Ormai è quasi un anno che ha lasciato Cerulean City per tornare a casa e riprendere in mano il comando della palestra di Pewter City.

Ha lasciato una Misty ancora fragile e spaventata, a distanza di un anno dalla scomparsa di Ash. Poi, dopo undici mesi, quando quella stessa mattina ha telefonato a Violet come fa ogni tanto per chiedere notizie di Misty, la risposta della ragazza lo ha lasciato senza parole.

Misty ha un ragazzo. Possibile che sia già riuscita a dimenticare Ash a tal punto? Se ripensa a lei, la vede ancora in lacrime, a singhiozzare sulla foto di Ash. E adesso ha un ragazzo. Non che sia un male, ma sembra semplicemente troppo… troppo improvviso, ecco. Forse Misty non è ancora pronta.

Violet ha detto che il ragazzo si chiama Rick Walsh, e che sembra un tipo a posto. La stessa Violet sembrava stupita mentre comunicava a Broke la notizia. D’altra parte, non si può certo pretendere che Misty resti a piangere per Ash per il resto della propria vita. Forse stare con questo Rick non può farle altro che bene.

Però…



22.

…6 novembre 2006. Fiorlisopoli Water Gym…

Ash lascia scorrere lo sguardo fuori dalla finestra, su quella città che ormai ha imparato a conoscere. Due anni a Fiorlisopoli, senza alcun ricordo di quanto sia accaduto prima, sono stati sufficienti a far sì che iniziasse a considerarla la sua casa.

Certo, sarebbe potuto andarsene già da tempo. Due anni… le sue cicatrici sono ormai scomparse del tutto. Ma in quale altro posto potrebbe andare? In un certo senso, adesso Fiorlisopoli è veramente la sua casa.

Una volta rimessosi completamente dalle ferite, ha lavorato nella palestra per ripagare il padre di Liz della sua ospitalità, nonostante lui continuasse a ripetere che non ce n’era alcun bisogno, che ospitarlo non era affatto un peso. Ma Ash non lo fa soltanto per Liz e suo padre, anche per se stesso. Non può resistere a passare le giornate senza niente da fare, lasciando che qualcun altro si preoccupi per lui.

Di tanto in tanto, la ragazza dai capelli rossi è tornata a tormentarlo nei sogni. Ma non è mai riuscito ad afferrarne il volto, e un semplice ricordo di capelli rossi non è abbastanza per spingerlo a lasciare Fiorlisopoli. E comunque, per mettersi in cerca di chi, di che cosa…?

E poi c’è Liz. È lei uno dei motivi per cui non ha ancora lasciato la città. Lei, e i sentimenti che si è lentamente accorto di provare nei suoi confronti. D’accordo, non ha niente in comune con quella ragazzina tenace e determinata che gli ha salvato la vita… ma per qualche ragione che non conosce sente di essere legato a lei da qualcosa di più di una semplice amicizia.

Per qualche ragione che non conosce sente di amarla.



23.

«A che pensi?»

Liz, comparsa improvvisamente dietro di lui, gli posa una mano sulla spalla. Si è avvicinata senza fare alcun rumore. È bravissima in questo.

«Liz. Mi hai spaventato. Pensavo a…» cerca di trovare qualcosa che non fornisca alla ragazza un indizio su quello che stava realmente pensando «…a questa città. È come se fosse casa mia ormai.»

Liz si siede di fianco a lui. «Questa è casa tua. Almeno finché…»

«Sì, lo so.» il ragazzo anticipa la fine della frase «Finché non mi tornerà la memoria.»

Sono due anni che Liz si ostina a ripetere quelle parole, come se non capisse che ormai non ci sono probabilità che ciò accada veramente.

«Ehi, cos’è quella faccia?» Liz aggrotta le sopracciglia con aria scherzosamente minacciosa «Certo che ti tornerà la memoria. Prima o poi.»

«Facciamo poi, eh?»

La ragazza sorride. Gli sguardi dei due ragazzi si incrociano, e nessuno dei due dice una parola. Poi, improvvisamente, Liz abbassa lo sguardo, spezzando quella magia.



24.

Quando la ragazza torna ad alzare il viso verso Ash, le sue guance sono scarlatte. Il ragazzo non può fare a meno di guardarla, e rendersi conto una volta di più quanto sia splendida.

È cambiata molto da quando l’ha vista per la prima volta, due anni prima. I capelli sono molto più lunghi, e i suoi lineamenti sono molto più adulti… e anche il suo corpo. I suoi occhi azzurri sono più profondi che mai. Vorrebbe baciarla, ma non sa come lei potrebbe reagire.



25.

Sentendosi scottare le guance, Liz alza lo sguardo verso Ash. Anche lui la sta guardando. Quando, due anni prima, l’ha accompagnato a casa sua, di certo non si immaginava che avrebbe provato per lui quello che prova adesso.

Vivere per due anni sotto lo stesso tetto li ha avvicinati molto, ma non nel modo in cui vorrebbe lei. In questo momento vorrebbe che Ash la baciasse… oppure vorrebbe essere lei a baciare lui.



26.

Poi improvvisamente accade. Ash si muove verso Liz nell’esatto momento in cui lei fa lo stesso. Le loro labbra si sfiorano, prima con dolcezza, poi con più forza.

Inaspettatamente, un volto si riaffaccia alla mente di Ash. Capelli rossi, e splendidi occhi verdi. Un volto che ha più volte visto nei suoi sogni, al quale adesso riesce a collegare dei ricordi, una personalità, un nome…

…un nome…

«Misty…» sussurra, allontanando da sé un’esterrefatta Liz.



27.

«Che succede?» Liz lo afferra per un braccio «Chi è Misty?»

Ash si libera della sua stretta con un movimento secco. Non può ascoltarla, non adesso. Deve aspettare… vedere fin dove riesce a ricordare.

Misty. La sua migliore amica. La rivede nell’atto di incrociare le braccia e pronunciare duramente quella frase, “ma fa’ come ti pare”. E poi… la foresta, e gli Ursaring, Era stato ferito, e poi aveva cercato di scappare, e…

«Ehi! Si può sapere che hai?» Liz continua a parlare, confondendogli le idee. Ma ormai ha ricordato abbastanza. Lentamente, tutti i suoi ricordi tornano al loro posto.

«Misty era… era la mia migliore amica.» cerca di spiegare, con la voce che trema.

«Non mi dirai che…?»

«Esatto. Ricordo tutto…» guarda Liz. «È stata Misty a consigliarmi di non partire da solo. Ma io non l’ho ascoltata, abbiamo litigato e… io ho attraversato la foresta da solo… volevo vincere una medaglia in questa palestra, e… anche dimostrare a Misty che potevo cavarmela anche senza di lei. Ma poi… sono stato attaccato da due Ursaring… sono riuscito a scappare, ma sono caduto e ho battuto la testa …»

«Lei è… la ragazza con i capelli rossi?» lo interrompe impaziente Liz, apparentemente disinteressata al resto della storia.

«Eh?»

«Misty. È la ragazza del tuo sogno?»

Ash abbassa lo sguardo. «Già. Misty… la conoscevo da quattro anni. Ed era più di un’amica per me, anche se… anche se non le avevo mai detto niente. Mio Dio, sono sue anni che non ha mie notizie. Penserà che…»

«Forse pensa che tu sia… morto.» lo interrompe Liz «Voglio dire… se sapevate entrambi che attraversare quella foresta era pericoloso… e poi tu non sei mai tornato… voglio dire…»

«Sì, ho capito cosa vuoi dire.» si alza in piedi di scatto «Liz, io devo ritrovarla.»

«Ritrovarla?» anche Liz si alza «E come?»

«Forse ho un’idea.» mormora Ash, senza ulteriori spiegazioni.



28.

…Pewter City Gym…

Il telefono in salotto squilla. Abbandonando la pentola sul fuoco, e maledicendo chiunque abbia deciso di telefonargli proprio mentre sta cucinando, Broke si dirige verso quella stanza. Con una strana sensazione che non riesce a spiegare, e alla quale al momento non attribuisce nessuna importanza, solleva il ricevitore e lo avvicina all’orecchio.

«Pronto…?»

Qualche istante di silenzio all’altro capo del filo. Poi: «Broke…? Lo so che ti sembrerà assurdo ma… sono Ash…»



29.

…Fiorlisopoli Water Gym…

All’altro capo del filo, il ricevitore viene sbattuto giù con violenza, e Ash si ritrova a dover ascoltare il suono monotono che segnala che la linea è libera. Compone di nuovo il numero, sperando che Broke gli dia il tempo di spiegare prima di riappendergli nuovamente in faccia.

La voce di Broke, all’altro capo del filo, è più gelida e tagliente. «Pronto.»

«Broke… per favore non riattaccare… lasciami spieg…»

Ancora una volta il ricevitore viene sbattuto giù. Ostinatamente, Ash compone di nuovo il numero, senza osare immaginare la reazione di Broke.

«Piantala con questo scherzo idiota, chiunque tu sia!» sbraita Broke nel ricevitore. Ma stavolta non riattacca, o almeno non sembra intenzionato a farlo.

«Broke per favore fammi spiegare! Sono veramente io!»

«Sì come no.» borbotta cinicamente Broke all’altro capo del filo.

«Lasciami spiegare!»

Silenzio. Ma Broke è ancora in linea, lo sente respirare.

«Ascolta… ti ricordi quando due anni fa eravamo al Pokèmon Center di Oliminopoli? Io volevo partire subito per Fiorlisopoli, ma tu e Misty non eravate d’accordo. Litigai con Misty, e lei mi disse di fare come volevo… ti ricordi?»

«Chi accidenti sei?» sibila Broke «Come fai a sapere queste cose?»

«Te l’ho detto! Sono io! Sono Ash! Ascolta, per favore. Mentre attraversavo la foresta sono stato attaccato da due Ursaring… ma… mi hanno soltanto ferito, e sono riuscito a scappare. Però ero troppo debole per correre, così sono caduto, e ho battuto la testa contro una pietra. Poi quando mi sono svegliato non ricordavo più niente. Sono stato ospitato per due anni dal capopalestra di Fiorlisopoli e da sua figlia, e poi, qualche minuto fa…» riflette se sia il caso di raccontare di Liz e del bacio, ma decide che è meglio di no «…ho ricordato tutto. E ho pensato di chiamarti.»



30.

Silenzio. Broke non ha aperto bocca per tutta la durata del racconto, e anche adesso sembra intenzionato a non dire una parola.

«Broke…? Ci sei ancora…?»

Passa qualche attimo prima che Broke risponda. «Sì.»

«Sei…? Adesso sei convinto che sono veramente io…?»

Di nuovo silenzio. «Forse.»

«Oh andiamo Broke, devi credermi! Sei l’unico che può aiutarmi…»

«Aiutarti a fare cosa?» la voce di Broke torna fredda e scostante.

Ash esita per qualche istante. «Misty.» riesce infine a dire «Devo ritrovarla. Devi dirmi dov’è.»



31.

«A Cerulean City? Okay.»

Dietro la porta chiusa, Liz ascolta le conversazione di Ash. Questa Misty è veramente così importante per lui da convincerlo a mollare immediatamente tutto quanto per correre a cercarla? E lei? Per lui è così insignificante da potersi permettere di abbandonarla in un angolo?

«Grazie, Broke. Sì. Okay. Ciao.»

Ash apre la porta e si dirige verso di lei. «Liz… io devo partire. Devo andare a Cerulean City.»

Liz non dice niente, si limita a tenere lo sguardo fisso a terra. Solo dopo una manciata di secondi riesce a sussurrare, con la voce che trema: «Dov’è Cerulean City? È lontano?»

Ash sospira. «Abbastanza. Senti… Liz…»

«Mmm?»

«Liz…» Ash distoglie lo sguardo «…tu per me sei molto importante. Non dimenticherò mai quello che tu e tuo padre avete fatto per me. E… ti voglio bene. Ma il mio posto non è a Fiorlisopoli. Devo andare a Cerulean City. La ragazza che amo… è Misty.»

Liz alza la testa. Ha gli occhi lucidi. Improvvisamente, Ash si rende conto di non averla mai vista piangere.

«Non… non c’è posto nella tua vita per me, vero…?» sussurra Liz.



32.

Ash resta in silenzio, senza trovare una risposta alle parole della ragazza.

«Ho capito.» mormora Liz, mentre le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance. Si morde le labbra, in un inutile tentativo di non piangere. «Vai pure. Avanti, torna da lei… se… se è lei la ragazza che ami…»

Senza dire niente, Ash le si avvicina e la bacia fra i capelli. «È così, Liz. Mi dispiace, ma non posso fare diversamente. Devo tornare da lei. Ma ti vorrò bene per sempre.»

«S-suppongo che dovrò accontentarmi di questo, eh…?» sussurra Liz.

«Temo di sì.»

Avrebbe preso un treno per Cerulean City quella sera stessa.



33.

…due ore dopo…

Liz osserva il treno che si allontana. Ha insistito per seguire Ash alla stazione, forse in un ultimo tentativo di convincerlo a restare. Ma fin dall’inizio sapeva che il ragazzo sarebbe salito su quel treno… ama troppo la sua Misty per rinunciare a lei.

Ma non si è persa d’animo neppure quando Ash è salito sul treno senza voltarsi indietro. Neanche quando si è sporto dal finestrino per salutarla con un addio. Non ha voluto dargli la soddisfazione di vederla piangere di nuovo.

Adesso che il treno è scomparso all’orizzonte, può lasciare che le lacrime le scorrano liberamente sulle guance. Non c’è nessuno che potrebbe vederla, tranne qualche anonimo viaggiatore in attesa del prossimo treno o il vecchio barbone addormentato sotto una coperta di fogli di giornale.

Continua a tenere lo sguardo fisso sul punto in cui il treno è appena scomparso.

«Forse non l’hai capito, Ash Ketchum…» sussurra, con un’improvvisa punta dell’antica determinazione nello sguardo «…io non mi arrendo mai.»



34.

…7 novembre 2006. Cerulean City Gym…

Lo squillo del campanello si ripete attutito all’interno della casa. Forse non c’è nessuno. In fondo sono le nove di giovedì mattina, e sia Misty che le sue sorelle probabilmente sono a scuola.

Preme di nuovo il campanello. Silenzio ancora per qualche istante. Poi dei passi frettolosi all’interno della casa, e una voce che Ash riconosce come quella di Violet, la sorella diciottenne di Misty.

«Arrivo! Un attimo, accidenti!»

La porta si spalanca. L’espressione irritata scompare immediatamente dal volto di Violet, lasciando il posto allo stupore più assoluto.

«Oh… mio… Dio…» mormora Violet.



--CAPITOLO IV--

--NEW CHOICES--

«Beh, cosa c'è? Per caso ti sei dimenticato il mio nome?»

1.

Con un sorriso, Misty posa la testa sulla spalla di Ash, seduto vicino a lei sul divano. È come se gli ultimi due anni fossero stati soltanto un incubo orrendo, che merita unicamente di essere cancellato per sempre da ogni ricordo.

Rick… forse lui è stato l’unica cosa positiva in quei due anni. L’unico che sia riuscito realmente a capirla, a comprendere quello che provava, ad introdursi con dolcezza nella solitudine e nella desolazione che avevano avvolto il suo cuore. Amava Rick, o almeno è quello che ha creduto… fino a quando non ha rivisto lui. Ash. L’unico ragazzo che mai avrebbe potuto amare veramente, e che per i due anni più orribili della sua vita ha creduto morto.

Ma allora cos’erano i sentimenti che provava per Rick? Non era amore vero quello che provava per lui? Aveva finito per chiamare “amore” il volto di qualcuno che aveva solo imparato ad amare? Non appena ha rivisto Ash, le è occorso meno di un attimo per capire che con Rick non sarebbe potuta durare. Non adesso che Ash è di nuovo accanto a lei.

Sorride di nuovo, pensando a quanto il destino sia stato clemente con lei. Tanto clemente da concederle una seconda possibilità, nonostante gli errori commessi in passato. Nonostante la stupidaggine che stava per fare due anni prima, pochi mesi dopo la scomparsa di Ash… qualcosa di cui soltanto Broke e le sue sorelle sono a conoscenza, e che nessun altro dovrà mai venire a sapere.

Scuote la testa, per sottrarsi a quel pensiero. Non è una cosa che ama ricordare. Anzi, se potesse scegliere, farebbe in modo che venga cancellata per sempre dalla sua memoria. E da quella di Lily, Violet e Daisy. E Broke.



2.

Ash la bacia con dolcezza fra i capelli, distogliendola dai suoi pensieri. La ragazza alza lo sguardo verso di lui. Solo per un attimo, poi le loro labbra si sfiorano prima dolcemente, poi con passione.

«Ash…» sussurra Misty dopo qualche istante, allontanandosi da lui quanto basta per poterlo guardare negli occhi «…non mi hai ancora raccontato niente. Di questi due anni, intendo… cosa hai fatto? Dove… voglio dire, dovrai pur essere stato da qualche parte, no?»

Ash distoglie lo sguardo. Per un motivo che Misty non riesce a spiegarsi, sembra improvvisamente imbarazzato. Esita qualche istante prima di riuscire a formulare una risposta sensata. «A… a Fiorlisopoli, te l’ho detto. Mi sono fatto ospitare nella palestra, lavorando per pagare il conto.»

Per qualche strana ragione, Misty è convinta che quello che Ash le ha detto non sia tutta la verità. È come se ci fosse qualcosa di più, qualcosa che Ash non può o non vuole rivelarle.



3.

«E tu?» chiede Ash, con un’enfasi che sembra far pensare che voglia solo cambiare discorso il più in frette possibile «Sei sempre stata qui? Con le tue sorelle?»

«Già.» la ragazza annuisce, ricordando come meno di una settimana dopo la scomparsa di Ash, Broke l’abbia convinta a tornare a casa, a Cerulean City. «Anche Broke è stato qui. Per un anno.»

«Davvero? Al telefono non me lo ha detto.»

Forse, pensa il ragazzo nascondendo un lieve sogghigno, perché al telefono sembrava più interessato a sbattermi la cornetta in faccia che a fare conversazione…

Misty si stringe nelle spalle. «Forse pensava che non ti importasse.»

«Probabile.»

Senza aggiungere altro, Ash la bacia di nuovo sulle labbra. Misty chiude gli occhi, desiderando di poter restare unita a lui il più a lungo possibile.



4.

Una scampanellata prepotente attraversa il silenzio della casa vuota. Con un sospiro, la ragazza allontana il viso da quello di Ash e lancia una pigra occhiata all’orologio appeso alla parete. Le due e un quarto. Più o meno l’ora in cui di solito Lily torna da scuola.

Perché accidenti non usa le chiavi, invece di attaccarsi al campanello…?

La scampanellata si ripete, più decisa e prolungata. Impossibile cercare di ignorarla.

«Non vai ad aprire?» sussurra Ash.

«Mmm. Devo proprio?» si limita a rispondere Misty, sporgendo il labbro inferiore a mo’ di broncio e fingendosi offesa.

La scampanellata si ripete una terza volta.

Ash alza le spalle. «Direi proprio di sì.»

Con un sospiro, la ragazza si alza dal divano, subito seguita da Ash. Esce dalla stanza e attraversa il corridoio, dirigendosi verso la porta principale dell’abitazione.



5.

Misty spalanca la porta quasi con rabbia, aspettandosi di trovarsi davanti Lily. Invece, davanti a lei c’è una sconosciuta più o meno della sua età, con i capelli castani lunghi fino a metà schiena e grandi occhi azzurri circondati da folta ciglia scure… e un’espressione decisamente alterata.

«Sì…?»

«Tu sei Misty, vero?» chiede con esuberanza la sconosciuta. Poi, senza aspettare la risposta della ragazza, si rivolge direttamente ad Ash, quasi come se Misty non fosse presente. «Lei è Misty?»

«Ehi, un attimo…» cerca di interromperla Misty, stupita e seccata al tempo stesso dal comportamento della ragazza «…si può sapere chi sei? Come fai a conoscermi? E come mai conosci Ash?»

La sconosciuta alza le sopracciglia, tornando a rivolgersi a Misty. «Oh! Vedo che Ash non ti ha nemmeno raccontato di me!» esclama, con una lieve punta di sarcasmo nella voce. «Perché non lo chiedi a lui, chi sono?»

Misty si volta verso Ash, guardandolo con aria interrogativa. «Beh?»

Il ragazzo tiene lo sguardo fisso a terra, e sembra infinitamente imbarazzato e a disagio. «Lei è…» mormora, senza riuscire a continuare.

«Beh, che c’è?» la sconosciuta lo guarda con evidente disprezzo «Per caso ti sei dimenticato il mio nome?»

Misty aggrotta le sopracciglia, notando la particolare enfasi posta dalla ragazza sulla parola “dimenticato”.

«…Elizabeth.» conclude Ash «Liz.»



6.

«Tutto qui?» Elizabeth, o Liz o comunque si chiami, alza le sopracciglia con una punta di sarcasmo nello sguardo. «Non credi che ci sia qualcosa da spiegare?»

Ash alza per un istante gli occhi verso Misty, poi torna a fissare il pavimento. «Liz è…» cerca di spiegare «…una ragazza che ho conosciuto a Fiorlisopoli.»

Liz rivolge a Misty un’occhiata di superiorità e derisione al tempo stesso. «La sua ragazza, prego…» precisa, con un sogghigno.

Per un istante, Misty ha l’impressione che il tempo si fermi, e ogni cosa resti immobile e cristallizzata. Le occorre qualche secondo per riprendere il controllo di se stessa. Spalanca gli occhi e, con un’espressione assolutamente inorridita sulla faccia, si allontana da Ash di qualche passo.

«Che… che cosa vuol dire?» riesce infine a chiedere.

Un’espressione colpevole si dipinge sul volto di Ash. Solo dopo qualche istante riesce ad alzare lo sguardo verso la ragazza. «Misty… aspetta. Non è come pensi. Io e Liz non abbiamo mai…»

Tende una mano verso di lei, tentando di posargliela su una spalla. Ma Misty indietreggia ancora, fino a ritrovarsi con la schiena contro la parete.

«Stai… stai lontano da me.» mormora «Non toccarmi!»

Sente che gli occhi le si stanno riempiendo di lacrime, ma non può mettersi a piangere adesso. Non in presenza di Liz. Non può darle questa soddisfazione.

«Misty… per favore lasciamo spiegare…»

Misty si volta e corre via, in direzione della propria stanza.



7.

«Misty!»

La ragazza continua a correre fino a scomparire dietro l’angolo, con le mani premute davanti al viso. Ash cerca di inseguirla, ma viene bloccato dalle parole di Liz.

«Non mi avevi avvertito che la tua ragazza avesse un equilibrio mentale così fragile…»

Ash si volta verso di lei, con rabbia. «Liz… come ti è saltato in mente di venire qui?»

«Credevo che l’avessi capito…» la ragazza abbassa la testa e, lanciando ad Ash una sensuale occhiata dal basso verso l’alto, si avvicina a lui e cerca di posargli le mani sulle spalle. «…io non mi arrendo. Mai!»

Ash si ritrae con un movimento brusco. «Fra noi è finita, Liz.»

«Oh, ma non mi dire!» con espressione seccata, Liz torna ad alzare la testa «Perché tu ami ancora la tua squilibrata dai capelli rossi?»

Il ragazzo guarda Liz con odio. «Non osare mai più offenderla, chiaro?»

Ostentando una calma assoluta, Liz si appoggia allo stipite della porta, incrociando le caviglie. «Cosa ci trovi in lei?»

«Non ti riguarda.» Ash si volta verso l’interno della casa «E adesso scusami, Liz ma devo andare da lei.»

Stavolta Liz non ha la sua solita prontezza di spirito per rispondere, e Ash si dirige verso la stanza di Misty. Solo dopo aver svoltato l’angolo gli giunge alle orecchie, attutita, la voce della ragazza.

«Già, è sempre così, vero? La tua adorata Misty ha priorità assoluta, e io posso essere lasciata in un angolo sola come un cane, eh?»

Se tutti i pensieri del ragazzo non fossero rivolti a Misty, si accorgerebbe che la voce di Liz suona rotta e incerta, come spezzata dai singhiozzi.



8.

Misty corre in camera sua e si chiude la porta alle spalle, appoggiandosi poi ad essa. Si lascia scivolare giù fino a ritrovarsi seduta per terra. Finalmente lontana dagli occhi di chiunque, scoppia in singhiozzi, nascondendo il viso fra le mani. In realtà, con il pensiero di non voler dare a Liz la soddisfazione di vederla piangere, non ha fatto altro che mentire a se stessa. La persona a cui più di tutti voleva nascondere le sue lacrime è Ash.

Non le sono sfuggite le parole di Liz, l’ultima parte della conversazione che ha sentito prima di sbattere la porta. “Non mi avevi avvertito che la tua ragazza avesse un equilibrio mentale così fragile”.

Già, e non immagini quanto. Se soltanto Ash o Liz avessero saputo quello che stava per fare due anni prima… ma le uniche persone a conoscenza del suo gesto sono lei, Broke e le sue sorelle, ed è certa che né Broke, né tantomeno Violet, Lily o Daisy, potranno mai rivelarlo a qualcuno.

Accidenti, è abbastanza ovvio che il suo equilibrio mentale sia fragile. Ha creduto per due anni che il ragazzo che ama fosse morto, e adesso che era convinta di poter finalmente essere felice… come può quella Liz pretendere di presentarsi così a casa sua e portarle via Ash? E Ash, perché non le ha raccontato niente? Perché non le ha detto che mentre lei sprecava due anni della sua vita a piangere per la sua scomparsa, lui ha avuto tutto il tempo per spassarsela con la sua nuova puttana…?

Le occorre qualche istante per riacquistare sufficiente lucidità per alzarsi in piedi e far ruotare la chiave nella toppa. A passi malfermi raggiunge il letto e vi si lascia cadere sopra, affondando il viso nel cuscino per soffocare i singhiozzi.



9.

«Misty… per favore apri!»

La voce di Ash, al di là della porta, le raggiunge attutita le orecchie. La ragazza non risponde, non alza nemmeno la testa. Ash potrebbe benissimo non esistere e sarebbe lo stesso.

«Misty! Andiamo, apri la porta!»

«Vattene!» urla di rimando la ragazza, alzando a malapena il viso dal cuscino.

Ma Ash sembra intenzionato a non arrendersi facilmente. «Non me ne vado finché non apri questa cavolo di porta. Dai, andiamo, apri!»

Imprecando fra sé, Misty si alza dal letto come se quel semplice gesto le costasse una fatica immensa, si asciuga alla meglio le lacrime e raggiunge la porta della stanza. Fa ruotare la chiave nella serratura, poi apre di uno spiraglio la porta.

«Beh?» chiede, con voce gelida.

Ash la guarda. «Devo parlarti.»

«Io non voglio parlare con te.»

Misty cerca di chiudere di nuovo la porta, ma Ash glielo impedisce appoggiandoci contro la spalla e scaricando su essa tutto il suo peso.

«Misty! Per favore!»

Arrendendosi all’evidenza di non poter chiudere la porta contro la volontà di Ash, la ragazza incrocia le braccia, con lo sguardo fisso su di lui.

Silenzio. Nemmeno Ash dice niente, si limita ad abbassare lo sguardo come se stesse ancora cercando le parole.



10.

«Se hai qualcosa da dire, dilla, altrimenti sparisci e lasciami in pace.» sibila Misty.

Ash sospira, poi torna ad alzare gli occhi verso la ragazza. «Misty… per favore ascoltami. Non devi credere a Liz. Quello che ha detto non è la verità. Io e lei non siamo mai stati veramente insieme. Voglio dire…» si affretta a precisare, notando lo sguardo diffidente della ragazza «…è vero, provavo qualcosa per lei. Ma non puoi farmi una colpa per questo. Io avevo perso la memoria, lo sai. Non avevo nemmeno idea della tua esistenza. E poi anche tu con Rick…»

«È diverso…» lo interrompe Misty, con la voce che trema «…io pensavo che tu fossi…» non riesce a terminare la frase.

«Comunque,» continua Ash «posso giurarti che Liz non è mai stata la mia ragazza. Non siamo mai stati insieme. Però…» il ragazzo torna ad abbassare lo sguardo «…ti ho mentito quando ti ho detto che non sapevo come mi fosse tornata la memoria. In realtà ho ricordato tutto mentre… mentre baciavo Liz.»

Misty spalanca gli occhi e fa un passo indietro. «Brutto deficiente che non sei altro come puoi anche soltanto pensare di…» ma non riesce a continuare senza scoppiare di nuovo in singhiozzi. Nasconde il viso fra le mani, in un patetico ed inutile tentativo di nascondere le lacrime.

«Misty…» Ash tende una mano verso di lei, ma non appena le sfiora un braccio la ragazza si sposta come se le sue dita scottassero.

«Vattene! Non voglio più vederti! Ti odio! Ti odio!»



11.

«Misty!» apparentemente indifferente alle parole della ragazza, Ash le afferra i polsi, costringendola ad allontanare le mani dalla faccia. Lei abbassa gli occhi, rifiutandosi di sostenere il suo sguardo, e libera i polsi dalla sua stretta.

«Misty… per favore devi ascoltarmi.»

«Non voglio ascoltarti. Lasciami in pace! Vattene!»

Ash sospira. «Quando mi è tornata la memoria… è stata l’unica volta che io e Liz ci siamo baciati, posso giurartelo. E mentre la baciavo mi sei venuta in mente tu… e mi sono subito allontanato da lei. Giuro, è la verità.»

Silenzio.

«Misty… io ti amo.»

Senza aggiungere altro, Ash le prende con dolcezza il volto fra le mani e la bacia sulle labbra. Misty accetta il bacio senza opporsi, ma senza neanche partecipare, come se fosse una scelta obbligata alla quale non può sottrarsi. E non appena Ash si allontana da lei, la ragazza volta di scatto la testa.

«Vattene! Torna da lei. È così evidente che preferisci stare con quella puttana piuttosto che con… con una pazza isterica con le allucinazioni che due anni fa ha quasi…» si morde le labbra, rendendosi conto di quello che stava per dire. Stava per rivelare ad Ash il suo più enorme e pesante segreto, l’unica cosa che lui non deve e non dovrà mai venire a sapere.

«Ha quasi che cosa?» lo sguardo di Ash è tremendamente serio «Misty. Cos’è che stavi per fare due anni fa?»

«Non ti riguarda.» Misty si volta verso la parete «Ti ho detto di andartene.»

Il ragazzo le posa una mano sulla spalla. «Non lo farò finché non mi ascolterai.»

Di nuovo, Misty si scosta da lui. «Ho detto che non voglio ascoltarti.»



12.

«Misty per favore…» lo sguardo di Ash sembra così triste che la ragazza non riesce ad interromperlo di nuovo «…ascolta soltanto questo. Se io amassi Liz, credi che avrei mollato tutto per tornare da te?»

Silenzio. Questa volta, Misty non trova niente da ribattere.

«Avrei benissimo potuto restare con lei anche dopo che mi era tornata la memoria…» continua Ash, guardandola negli occhi «…invece non l’ho fatto. Misty, io non amo Liz. È vero, le voglio bene, ma… la ragazza che amo sei tu.»

Misty resta in silenzio ancora per qualche istante, poi abbassa lo sguardo. I capelli le ricadono davanti al viso, nascondendolo alla vista. «Mi dispiace…»

«Misty…»

La ragazza scuote la testa. «Anch’io ti amo, Ash. Mi… mi dispiace di averti detto quelle cose terribili… io… non è vero che ti odio, non potrei mai…» adesso sta singhiozzando come una bambina, se ne rende perfettamente conto, ma non può farci niente «…io ti amo, davvero… mi dispiace…»

«Misty…» Ash la abbraccia «…lo so. Non preoccuparti per quello che hai detto. So che non è la verità.»

Il ragazzo la tiene stretta a lungo, dandole il tempo di calmarsi, poi la bacia dolcemente fra i capelli.



13.

Soltanto quando i singhiozzi di Misty si sono spenti del tutto, Ash la libera dall’abbraccio e la prende per mano. «Andiamo, vieni.»

Se Liz è ancora lì, devo dirle di andarsene. Deve capire che non può restare qui, perché la ragazza che amo è Misty.

In corridoio, la porta che dà sull’esterno è spalancata. Nessuna traccia di Liz. Solo un foglio a quadretti, strappato da un blocco o da un quaderno, infilato sotto un angolo dello zerbino. Ash si inginocchia per raccoglierlo. C’è qualche parola scritta frettolosamente sopra.

Stasera alle otto al parco. Da solo.

Liz



14.

Ash fissa il pezzo di carta che tiene in mano, senza riuscire a dire niente. Perché Liz vuole vederlo? Non è stato abbastanza chiaro nel dirle che fra loro è finita?

«Hai… hai intenzione di andarci?» chiede la voce di Misty alle sue spalle.

Ash si volta, per incontrare gli occhi verdi e pieni di ansia della ragazza, fissi su di lui. «Io… non lo so.» riesce a rispondere dopo una manciata di secondi di imbarazzante silenzio «Voglio dire, credo che dovrei andarci. Devo dirle che non può restare qui.»

Misty abbassa lo sguardo e annuisce, lentamente.



15.

Liz si allontana con lo sguardo fisso a terra. Con un calcio, allontana da sé una lattina vuota di Coca cola abbandonata in mezzo al marciapiede, mandandola a rotolare lontano. Spera che nessuno possa vederla in viso, che nessuno possa accorgersi delle lacrime silenziose che ancora le rigano le guance.

Se n’è andata, lasciandosi alle spalle la porta spalancata, Ash, e quell’isterica dai capelli rossi che lui sostiene di amare. E quel biglietto scritto in fretta, l’ultima residua speranza di una sfida già persa in partenza.

Stasera alle otto al parco. Da solo.

Forse Ash non si presenterà nemmeno all’appuntamento. Forse resterà lì sola come un cane, ad aspettare qualcuno che non arriverà mai. Dopotutto, Ash sarebbe capacissimo di farlo. L’ha già abbandonata due volte: la prima a Fiorlisopoli, non appena ha ricordato il volto della sua adorata principessa mentalmente instabile; e la seconda meno di un’ora fa, sempre per correre dietro a… lei.

Stasera alle otto al parco. Da solo.

O forse, stasera riuscirà a fargli cambiare idea.



16.

…Cerulean Park. Ore 19.55…

Ash osserva da lontano Liz seduta su una panchina. Non si è ancora accorta di lui, ma non ci metterà molto. Siede compostamente, lo sguardo perso nel vuoto e i bei capelli castani illuminati dalla luce del lampione dietro le sue spalle.

L’ha amata. Ha amato quel corpo minuto e fragile, quelle fattezze delicate. L’ha amata finché alla sua mente non si sono riaffacciati quegli occhi verdi risplendenti di una luce speciale che il resto del mondo, Liz compresa, non aveva.

Fa qualche passo verso di lei. La ghiaia scricchiola sotto i suoi piedi, e Liz alza di scatto la testa. Non appena riconosce Ash, il suo volto si schiude in un sorriso. Si alza in piedi e gli corre incontro.

«Speravo che saresti ven…»

Ma il sorriso le muore sulla faccia non appena nota l’espressione del ragazzo.

«Liz.» Ash la guarda seriamente «Sono venuto, ma non per il motivo che pensi tu. Fra noi è finita. Io amo Misty, e non potrà mai essere altrimenti.»

Liz alza le sopracciglia con sarcasmo, cercando di nascondere la delusione. «Questo l’avevo capito. Non sono così stupida, cosa credi.»

Il ragazzo la guarda in modo strano. «Allora perché hai voluto che venissi qui stasera, se sapevi già cosa ti avrei detto?»

«Oh, andiamo…» Liz si avvicina ad Ash fino a trovarsi con il viso a pochi centimetri dal suo. Un sorriso malizioso le si dipinge sulle labbra. «…credevo fosse evidente. Per farti cambiare idea.»

«Liz, dove vuoi arrivare?»

Senza rispondere, e senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, Liz gli butta le braccia al collo e lo bacia appassionatamente sulle labbra.



17.

Ash afferra la ragazza per le spalle, allontanandola da sé.

«Allora era a questo che miravi? A che gioco stai giocando, Liz?»

La ragazza alza lo sguardo verso Ash, che si rende conto con sgomento delle lacrime che stanno iniziando a scorrerle sul volto. «Io non sto giocando! È un gioco per te tutto questo? I miei sentimenti sono un gioco? Io ti amo!»

«Liz…» Ash ritira le mani «…per favore smettila. Le cose non possono funzionare tra noi, lo sai. Io ti voglio bene, veramente. Non potrò mai dimenticare quello che tu e tuo padre avete fatto per me. Ma Liz, tu per me sei soltanto un’amica. Un’amica speciale, ma soltanto un’amica.»

Liz abbassa lo sguardo. «Non riuscirò a farti cambiare idea, vero…?»

«No.» Ash risponde senza un attimo di esitazione «Liz, non perdere il tuo tempo con me. Tu sei speciale. Puoi avere qualsiasi cosa, se solo lo desideri.»

Senza aggiungere altro, Ash la abbraccia, tenendola stretta a sé per pochi istanti.



18.

«È… un addio?» sussurra Liz, non appena il ragazzo la libera dall’abbraccio.

Ash le rivolge un sorriso triste. «Temo di sì. Adesso è meglio per tutti e due che io me ne vada. Ciao, Liz. Forse un giorno ci rivedremo.»

Poi si volta e si allontana, senza più voltarsi indietro. La ragazza resta a guardarlo, senza dire niente. Solo quando è ormai lontano riesce a trovare la forza per urlare il suo nome.

«Ash!»

Ash si volta verso di lei, senza però tornare sui suoi passi.

«Addio!» urla la ragazza.

«Addio, Liz!» urla di rimando Ash. Poi si volta di nuovo e, questa volta, se ne va per davvero.



19.

Con un sospiro, Liz torna a sedersi sulla panchina dalla quale solo pochi attimi prima si è alzata per correre incontro ad Ash. In fondo, lo sapeva che sarebbe andata così. In fondo, aveva sempre saputo che Ash non avrebbe veramente cambiato idea.

Abbassa lo sguardo. Lo sapeva, sì, ma aveva voluto illudersi che sarebbe andata diversamente, che Ash avrebbe capito di non poter rinunciare a lei, anche a costo di perdere la sua Misty…

La ghiaia scricchiola di nuovo sotto i passi di qualcuno. Liz alza di scatto la testa, sperando che Ash abbia deciso di tornare indietro.

Non è così. Davanti a lei c’è un ragazzo alto con i capelli castani, più o meno della sua età, forse un paio d’anni più grande… e con un’aria infinitamente triste.

«E tu chi sei?» le chiede, come se fosse stranamente sorpreso di vederla.

Liz si stringe nelle spalle. «Soltanto una stupida che se ne sta seduta qui. Chi sei tu, piuttosto?»

Il ragazzo sospira. «Soltanto uno stupido che ogni tanto viene a sedersi qui.» lancia un’occhiata al posto vuoto di fianco a Liz sulla panchina «Posso?»

La ragazza si stringe di nuovo nelle spalle. Senza dire niente, il ragazzo si siede di fianco a lei.



20.

«Ti va di dirmi come mai te ne stai seduta qui?» chiede il ragazzo dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio.

Liz sospira. «È una lunga storia. E tu? Come mai vieni a sederti qui?»

Il ragazzo non risponde.

«È una lunga storia?»

«Già.»

Liz osserva in silenzio il ragazzo per qualche istante. «Come ti chiami?» chiede infine.

Il ragazzo si volta verso di lei.

«Rick.» risponde «Rick Walsh.»



21.

«Io sono Liz Dwight» si presenta la ragazza, cercando di sorridere «sono la figlia del capopalesra di Fiorlisopoli.»

«Fiorlisopoli?» Rick sembra stupito «È un bel po’ lontano da qui. Cosa fai a Cerulean?»

Liz resta in silenzio per qualche istante, chiedendosi se sia o meno il caso di raccontare a Rick la sua storia. Ma il ragazzo interpreta male il suo silenzio.

«Se non vuoi dirmelo non…» inizia. Liz lo interrompe.

«Posso anche dirtelo, per quello che importa…» sospira «…sono venuta qui per cercare di riconquistare il ragazzo che amo… purtroppo, però, lui non è più minimamente interessato a me. A lui interessa solo la sua nuova ragazza…» esita «…la sua Misty. Vedi…»

Questa volta è Rick a interrompere la ragazza. Un’espressione stupita compare sul suo volto. «Aspetta. Misty, hai detto? Intendi… Misty Waterflower?»

«Sì, qualcosa del genere, mi pare. La conosci?»

«Eccome se la conosco! Era la mia ragazza…» improvvisamente Rick spalanca gli occhi, la sua espressione si fa ancora più sorpresa. «Quindi tu… tu stavi con Ash?»

Liz aggrotta le sopracciglia. «Come fai a saperlo?»

Un sorriso triste si dipinge lentamente sul volto di Rick. Soltanto dopo una manciata di secondi riesce a rispondere. «È per lui che Misty mi ha mollato.»


22.

La ragazza non sembra credere alle sue parole. «Stai parlando sul serio?»

«Mai stato così serio in vita mia.»

Liz abbassa lo sguardo in silenzio, senza riuscire a trovare niente da aggiungere alle parole di Rick. Una consapevolezza si fa lentamente strada nella sua mente. «Quei due…» riesce infine a sussurrare, con la voce che trema «…Ash e Misty… si amano così tanto da non esitare a distruggere i rapporti con noi… non appena si sono rivisti…?»

«Forse…» anche lo sguardo di Rick si perde nel vuoto «…forse è giusto che sia così.»

Liz si volta verso di lui. «Come puoi dirlo? Forse è giusto per loro, ma per noi…?»

Anche il ragazzo si volta, per la prima volta i loro sguardi si incrociano. «Forse è giusto che aprissimo gli occhi. Io amavo Misty, la adoravo addirittura… ma non appena mi sono reso conto dei sentimenti che prova per Ash, ho capito che lei non mi amava veramente.»

Liz resta in silenzio. Rick ha parlato di Misty, ma le sue parole avrebbero lo stesso valore se fosse stata lei a pronunciarle, parlando di Ash.

Ash non l’ha mai amata veramente. Non ha mai provato per lei gli stessi sentimenti che lei prova per lui. Non l’ha mai amata quanto ama la sua Misty.

China la testa. Silenziosamente, due lacrime le rigano le guance.



23.

…Cerulean City Gym…

Il silenzio nervoso dell’abitazione viene rotto dallo squillo prolungato del campanello. Senza dire niente, Misty si alza dal divano e raggiunge correndo la porta principale. La spalanca, sperando con tutte le sue forze di non trovarsi davanti Ash e Liz insieme.

Le sue preghiere vengono esaudite. Ash è da solo, non c’è traccia della ragazza dai capelli castani e gli occhi grandi e struggenti che sosteneva di essere la sua ex.

«Allora?» chiede ansiosamente, chiudendo la porta alle spalle di Ash.

Ash le sorride. «Tutto a posto. Ho detto a Liz che per me lei è soltanto un’amica, e… che la ragazza che amo sei tu. Credo che abbia capito.»

Finalmente, anche il volto di Misty si schiude in un sorriso. Senza dire niente, si avvicina ad Ash e lo bacia dolcemente sulle labbra. È la prima volta che è lei a prendere l’iniziativa, ma stranamente non si sente affatto imbarazzata. Si sente soltanto felice.

«Ti amo Ash» sussurra, ancora con le labbra che sfiorano quelle del ragazzo.

Ash le cinge la vita con le braccia. «Anch’io.»



24.

…Cerulean Park…

«Liz…»

La ragazza alza lo sguardo, I suoi occhi incrociano di nuovo quelli azzurri e dolcissimi di Rick. Senza riuscire a spiegarsi il motivo, si sente improvvisamente imbarazzata. Le sue guance avvampano di colpo. Sentendosi immensamente cretina, resta in silenzio, in attesa che Rick dica qualcosa.

Ma anche lui resta in silenzio. Di colpo, Liz si rende conto di quanto siano fisicamente vicini… troppo.

Rick le si avvicina ancora di più, accorciando notevolmente la distanza fra loro. Poi, senza una parola di spiegazione e solo per pochi istanti, posa le labbra su quelle della ragazza.



25.

Liz porta lentamente le dita a sfiorare le labbra. «Perché…?»

Distogliendo lo sguardo, Rick si stringe nelle spalle. «Scusa. È solo che… mi è venuta voglia di baciarti.»

«N… non devi scusarti…» sussurra Liz. Non sa spiegarsi perché, ma il gesto impulsivo di Rick le ha fatto piacere. Forse stava solo cercando conforto in un semplice gesto d’affetto… o forse…

Senza dire niente, si avvicina a Rick e lo bacia con passione sulle labbra.



26.

…Cerulean City Gym…

«Misty… posso farti una domanda?»

Stupita, Misty alza gli occhi verso Ash. Lo sguardo del ragazzo è terribilmente serio, molto più di quanto non lo fosse mentre, poche ore prima, le giurava che non era innamorato di Liz.

«Cosa c’è?» riesce infine a rispondere.

Ash resta in silenzio per qualche istante, poi chiede: «Misty… quello che stavi per fare due anni fa… non è quello che penso, vero?»

Misty abbassa lo sguardo.



--CAPITOLO V--

--IL SEGRETO DI MISTY--



«Certo che sono sicura. Pensi sul serio che io sia così stupida?»

1.

La ragazza esita per qualche istante prima di riuscire ad alzare il viso verso Ash. Per un istante, i suoi occhi incontrano quelli del ragazzo; ma la serietà in essi persistente la costringe di nuovo ad abbassare lo sguardo.

«No.» sussurra, senza sapere bene per quale motivo stia dando quella risposta «Non è quello che pensi. No.»

«Misty…» Ash non sembra deciso ad arrendersi tanto facilmente «…guardami.»

Poiché la ragazza non accenna a voltarsi verso di lui, il ragazzo le prende il volto fra le mani, costringendola anche se con dolcezza a guardarlo negli occhi. La ragazza resta in silenzio. Si sente stranamente spaventata, e in più anche cretina per stare provando un’emozione simile. Spaventata? Da Ash?

«Ne sei proprio sicura?» chiede il ragazzo.

Con un movimento brusco, Misty si sottrae al tocco delle mani di Ash. «Certo che ne sono sicura. Pensi sul serio che io sia così stupida?»

Misty si volta verso Ash, riuscendo rapidamente a ribaltare la situazione e a passare da vittima a inquisitore. Il ragazzo tiene lo sguardo fisso a terra, come se temesse che la ragazza possa leggergli negli occhi una conferma alle sue parole. Non dice niente.

«Beh, grazie tante.» sussurra gelidamente la ragazza, voltandosi in modo di dare le spalle ad Ash, e cercando un pretesto per troncare la conversazione «Adesso scusami, ma vorrei andare a dormire. Sono stanca.»

«Misty…» il ragazzo le posa una mano sulla spalla, ma la ragazza si ritrae da lui. Senza aggiungere una parola si allontana e raggiunge la propria stanza, chiudendosi lentamente la porta alle spalle.



2.

Con un sospiro, Misty fa ruotare la chiave nella toppa. Ha mentito ad Ash. Non ha trovato il coraggio di rivelargli il suo più penoso e umiliante segreto, un chiaro segno del suo fragile equilibro psicologico. Eppure, se solo cerca di ricordare la scena, riesce ancora a vedere chiaramente se stessa; più piccola di due anni, magra e pallida dietro la porta chiusa del bagno, terrorizzata al solo pensiero di ciò che ha deciso di fare…

Scuote la testa con forza, per scacciare quell’immagine. Fa parte di un passato troppo lontano per darsi ancora la pena di ricordarla. Se soltanto fosse possibile, ne cancellerebbe volentieri il ricordo.

Le sue sorelle. Broke. Loro sanno. Lo sanno, sì, ma hanno finto che niente fosse accaduto. Hanno finto di aver già dimenticato tutto. Forse anche loro si sentono a disagio nel ricordare quella storia… o forse, com’è più probabile, hanno soltanto finto che niente fosse accaduto per non turbarla ulteriormente.

Sospira di nuovo. Se, soltanto poche ore prima, non si fosse lasciata sfuggire quella frase, adesso Ash continuerebbe ad ignorare l’intera faccenda. Se solo fosse capace di riflettere prima di parlare…

Raggiunge il letto e vi si stende sopra, senza nemmeno preoccuparsi di togliersi gli abiti o le scarpe. Affonda la faccia nel cuscino e chiude gli occhi, desiderando di poter cancellare questa giornata dal calendario.



3.

…ore dopo…

Misty apre gli occhi di scatto, trovandosi a fissare la propria stanza ormai avvolta dal buio. Si è addormentata? L’orologio digitale sul comò segna le due e quaranta. Sì, deve per forza essersi addormentata, perché ricorda bene che quando si è chiusa in camera non erano più delle dieci.

Si rende conto di indossare ancora i jeans e la maglietta, e anche le scarpe. Se ne libera con un calcio, poi con un sospiro si alza per spogliarsi ed infilarsi la camicia da notte. Perché deve essere sempre tutto così complicato? Perché ogni volta che crede di poter finalmente essere felice accade qualcosa che rovina tutto?

Torna a stendersi sul letto, senza darsi la pena di infilarsi sotto le coperte. Si chiede perché abbia mentito ad Ash. Avrebbe potuto dirgli la verità. Che quello che aveva tentato di fare due anni prima era veramente quello che lui pensava. Che era davvero tanto cretina da cercare di fare una simile stupidaggine.

Vorrebbe non essersi mai arrabbiata. Essere in disaccordo con Ash la fa soltanto stare male. Perché ha reagito in quel modo? Forse Liz non aveva tutti i torti nel dire che il suo equilibrio mentale è fragile.

Tutto quello che desidera è che fra lei e Ash le cose possano finalmente andare bene… e allora perché si è comportata in modo così stupido?



4.

Ash fissa il soffitto della propria stanza senza vederlo veramente. Possibile che Misty abbia veramente cercato di fare un cosa tanto idiota? Cerca di convincere se stesso che non è possibile, ma il sospetto che Misty abbia reagito in quel modo soltanto per nascondere la verità si fa lentamente strada fra i suoi pensieri.

Se due anni prima le cose sono veramente andate come pensa, allora Misty avrebbe ragione a non volergli rivelare il suo segreto. Forse, anzi sicuramente, non le fa piacere ricordare quei momenti.

Potrebbe chiedere a Violet, o a Lily, o a Daisy, ma sarebbe sleale nei confronti di Misty. Se c’è qualcosa che la ragazza non vuole dirgli, sarebbe scorretto chiedere ad una delle sue sorelle.

Domani mattina le chiederà scusa, e smetterà di insistere.



5.

Qualcuno bussa alla porta. Tre colpi leggeri, insicuri, come se la persona in corridoio avesse esitato a lungo su se fosse più opportuno bussare oppure tornare nella propria stanza senza lasciare traccia del proprio passaggio. Ash si alza dal letto, raggiunge la porta e la apre.

Misty è davanti a lui, con i capelli sciolti sulla schiena, i piedi infilati in un paio di pantofole lilla e addosso soltanto una camicia da notte azzurra.

«Misty…?»

La ragazza abbassa lo sguardo. «Scusa… lo so che è tardi… ti ho svegliato?»

«No, non preoccuparti.» il ragazzo resta ad osservarla in silenzio, chiedendosi cosa l’abbia spinta a venire a bussare alla sua porta in piena notte.

Misty non dice niente, si limita a continuare a tenere lo sguardo fisso a terra.

«Dai, entra.»

La ragazza fa qualche passo verso l’interno della stanza. Ash chiude la porta alle sue spalle. «Misty… che cosa c’è? Va tutto bene?»

«Mmm.» finalmente Misty riesce ad alzare lo sguardo, ma i suoi occhi si abbassano di nuovo di colpo non appena incontrano quelli di Ash. «Volevo… devo raccontarti una storia.»



6.

«Riguarda quello che hai quasi fatto due anni fa?» chiede pazientemente Ash.

La ragazza annuisce, chiedendosi da dove debba iniziare a raccontare. Prima che possa dire qualsiasi cosa, però, Ash la prende per mano, guidandola verso il proprio letto, e facendole cenno di sedersi sulle lenzuola. Poi prende posto accanto a lei.

Misty continua a tenere lo sguardo fisso a terra, senza riuscire ad iniziare.

«Se non vuoi dirmelo non…» inizia Ash. Ma la ragazza lo interrompe.

«Era il tre dicembre di due anni fa.» inizia a raccontare la ragazza con voce bassa e monotona, come se la storia non riguardasse lei ma qualcun altro «Lo ricordo bene, perché mancava una settimana al compleanno di Daisy. Ed erano passati meno di due mesi da quando… avevo creduto che tu fossi morto…»



7.

…3 dicembre 2004…

Misty osserva il proprio riflesso nello specchio del bagno, i capelli in disordine, gli occhi cerchiati da profonde occhiaie e arrossati per il troppo piangere. Per un attimo, l’immagine che ricambia il suo sguardo dallo specchio sembra confondersi davanti ai suoi occhi stanchi, prendendo la forma di un altro volto. Un volto che conosce fin troppo bene, e che non vedrà mai più…

Misty abbassa la testa e chiude gli occhi, stringendo le dita attorno al bordo freddo del lavandino per rimanere aggrappata alla realtà, mentre le lacrime iniziano a scorrere sulle guance.

È bastato un attimo. Un errore apparentemente piccolo, le cui conseguenze avevano però cambiato completamente la sua vita. Se solo quel giorno, quasi due mesi prima, non avesse litigato con Ash, se non si fosse arrabbiata con lui e avesse acconsentito ad attraversare con lui la foresta che divide Oliminopoli da Fiorlisopoli… forse, anzi probabilmente, lui adesso sarebbe ancora vivo.

E lei non si sarebbe ridotta ad essere soltanto l’ombra pallida e triste della ragazza allegra e piena di vita che era un tempo.

«Mi dispiace…» sussurra, per non farsi sentire da Broke o da una delle sue sorelle, che ultimamente sembrano intenzionati ad osservare ogni suo minimo movimento, soffocandola di attenzioni che in realtà non desidera affatto «…mi dispiace… mi dispiace tanto…»

«Non è stata colpa tua. Non puoi incolpare te stessa di quello che è successo.»

Si è sentita ripetere queste parole fino alla nausea. Fino ad arrivare al punto di provare l’impulso irresistibile di correre via sbattendosi la porta alle spalle ogni volta che qualche ignaro interlocutore le ripete.

È stata colpa mia, sì. Soltanto colpa mia.

È stata lei a voltare le spalle ad Ash che le aveva chiesto di accompagnarlo. È stata lei a permettere che se ne andasse da solo, nonostante sapesse benissimo quanto fosse pericoloso attraversare quella foresta.

Non osa alzare lo sguardo, per paura di vedere di nuovo il volto di Ash riflesso nello specchio.



8.

Violet colpisce la porta del bagno con un pugno, spinta più dalla preoccupazione che dalla rabbia. «Misty! È quasi un’ora che sei lì dentro! Posso entrare?»

Nessuna risposta. Una sensazione di paura attanaglia lo stomaco della ragazza. Che accidenti sta facendo Misty chiusa lì dentro? Spaventata all’idea che la sorella possa fare qualcosa di veramente stupido, Violet colpisce di nuovo la porta, con più forza.

«Misty! Mi serve il bagno! Apri!»



9.

Ignorando gli strilli di Violet fuori dalla porta, Misty alza lo sguardo verso la mensola sotto lo specchio, e sul piccolo oggetto lucente posato lì sopra.

Se ha veramente intenzione di fare quello che ha deciso deve fare in fretta. Se continua a non rispondere, Violet andrà sicuramente a chiamare qualcun altro. Broke sarebbe addirittura capace di buttare giù la porta per vedere cosa sta combinando.

Forse dovrebbe rispondere a Violet, dirle che va tutto bene e che non ha motivo di preoccuparsi, che sta soltanto facendo la doccia o qualche altra sciocchezza del genere… ma non è capace di mentire. Non a Violet. La sorella potrebbe capire dalla sua voce le sue vere intenzioni.

Deve fare in fretta, sì… ma resta il fatto che non ne ha il coraggio.



10.

Violet colpisce di nuovo la porta con un pugno, più per scaramanzia che per altro. Non si aspetta più una risposta da Misty. Se avesse avuto intenzione di parlare l’avrebbe già fatto.

Senza tentare oltre di convincere Misty ad aprire la porta del bagno, Violet raggiunge correndo la stanza di Lily. Sente il ticchettio della tastiera del suo computer, quindi deve per forza essere lì.

Troppo preoccupata per rendersi bene conto di cosa stia facendo, Violet prende praticamente a pugni la porta della stanza di Lily, con l’intento di distogliere al più presto la sorella dalla preparazione della ricerca di fine trimestre.

«Lily, Lily dai ti prego apri, almeno tu…»



11.

Come è arrivata a questa decisione?

Misty osserva la propria immagine riflessa come se fosse a già a conoscenza di cose che lei ancora non sa. Come è arrivata fin qui? Come è arrivata alla decisione di volersi togliere la vita? Non può andare avanti così. Non può continuare a sentirsi in colpa, a piangere e ad accusare il destino. Non può continuare ad esistere. Semplicemente, non può continuare a vivere.

Non senza di lui.

Forse se si uccide lo rivedrà. Forse finirà in paradiso, e ci sarà anche lui. In realtà ha sentito dire che i suicidi vanno all’inferno, ma ha bisogno di aggrapparsi ad ogni speranza residua. In ogni caso, nessun inferno potrebbe essere peggiore di quello che sta vivendo.



12.

Inginocchiata sul pavimento, Lily cerca di guardare attraverso la serratura del bagno, ma apparentemente senza alcun risultato. «C’è la chiave infilata nella toppa.» annuncia, voltandosi verso Violet.

La ragazza si lascia sfuggire un gemito. Poi, quasi in preda ad un attacco isterico, riprende a tirare pugni alla porta. «Misty! Apri immediatamente! Misty!»

«Calmati!» Lily si alza in piedi e le posa una mano su una spalla «Non risolverai niente in questo modo! Pensi che Misty ti aprirà se non la smetti di urlare?»

«Su può sapere che succede?» seguito da Daisy, Broke raggiunge le due ragazze «Che avete da strillare?»

«Misty.» si limita a rispondere Lily, mentre Violet prende ad arrotolarsi una ciocca di capelli attorno a un dito, a disagio. «È quasi un ora che si è chiusa in bagno e non risponde se la chiamiamo. La chiave è nella toppa. Temo… che possa aver fatto qualche stupidaggine…»

«Oh, santo cielo…» mormora Broke, improvvisamente pallido. Ha capito benissimo quello che Lily intende dire. Dal giorno della scomparsa di Ash, Misty è veramente distrutta. Potrebbe benissimo aver tentato il suicidio, o fatto qualcosa di altrettanto stupido.

«State indietro.» intima alle tre ragazze «Io butto giù la porta.»



13.

Misty stringe fra le dita la lametta presa dal rasoio di Broke, chiedendosi se avrà veramente il coraggio di usarla per tagliarsi le vene. Sente le voci fuori della porta farsi sempre più preoccupate: non c’è più soltanto Violet adesso, ma anche Lily, Daisy, e Broke.

«State indietro. Io butto giù la porta.»

Sente chiaramente la voce di Broke attraverso la porta chiusa. Sapeva bene che l’avrebbe fatto… ma non ha importanza. Nessuno potrà più farle cambiare idea.

Avvicina la lametta alle vene del polso sinistro. Sente il freddo della lama sulla pelle. Per un attimo ha la tentazione di mollare tutto, ma costringe sé stessa ad andare avanti. Aumenta la pressione della lama fino a farla penetrare nella carne, mordendosi le labbra per resistere al dolore.

All’esterno, qualcuno colpisce con violenza la porta.

Un rivolo di sangue scorre sulla pelle della ragazza, fino a disegnare una macabra striscia rossastra sul lavandino bianco. Il sangue finisce lentamente nello scarico. La ragazza sente le forze abbandonarla, e per la prima volta si rende conto della stupidaggine appena compiuta.

Ma che cavolo ho fatto…?

La porta viene colpita di nuovo con maggiore violenza. La serratura cede, la porta si spalanca di colpo. Misty vede Broke finire quasi disteso all’interno della stanza e, dietro di lui, Violet che, pallidissima alla vista del sangue, si aggrappa allo stipite della porta per rimanere in piedi.

«Broke…» sussurra, con gli occhi pieni di lacrime «…ragazze aiutatemi…»



14.

…adesso…

«…Broke e le mie sorelle mi portarono all’ospedale.» conclude Misty «Medicarono il mio taglio e, dopo, tutti finsero che non fosse mai accaduto niente.»

Ash resta in silenzio. Non immaginava che il segreto di Misty fosse tanto terribile. Senza dire niente, le prende fra le dita il polso sinistro, voltandole la mano in modo da rivelare le vene. Una sottile cicatrice le attraversa in orizzontale, più chiara della pelle circostante.



15.

«Oh, Misty…»

La abbraccia, la tiene stretta a lungo, cullandola dolcemente come avrebbe potuto fare con una bambina piccola. Solo quando è certo che la ragazza si sia ormai calmata del tutto la libera dall’abbraccio.

«Mi dispiace…» sussurra «…non avrei dovuto insistere.»

La ragazza scuote la testa. «Era giusto che tu sapessi. Beh…» si alza dal letto «forse adesso farei meglio a tornare in camera mia. Se una delle mie sorelle sapesse che sono nella tua stanza in piena notte…»

Non conclude la frase, lasciando il resto all’immaginazione di Ash. Ma non vuole nemmeno tornare nella sua stanza… non da sola.

Come se avesse intuito i suoi pensieri, anche Ash si alza. Le prende la mano. «Se vuoi puoi restare. Le tue sorelle non lo sapranno mai.»

Misty alza le sopracciglia, spalancando gli occhi per la sorpresa. «Cosa?»

«Hai capito, no? Puoi passare la notte qui.»

«Cosa?» ripete Misty, sentendosi incredibilmente stupida.

Ash si stringe nelle spalle, lanciando un’occhiata al letto ad una piazza e mezzo su cui entrambi erano seduti fino a pochi attimi prima. «Quello è il tuo lato del letto, questo è il mio. Stenditi e dormi.»

La ragazza resta in silenzio per qualche istante. Se le sue sorelle lo vengono a sapere… ma non lo verranno mai a sapere, no? Lei sicuramente non glielo dirà. E nemmeno Ash.

«Okay.»


16.

Misty si infila nel letto di fianco ad Ash, voltandosi però in modi di dargli le spalle. Si sente terribilmente a disagio, anche se è decisa a non darlo a vedere.

«Misty…» il ragazzo le posa una mano sulla spalla «…buonanotte.»

Misty sorride. «Buonanotte, Ash.»

Il ragazzo continua a tenere la mano sulla spalla di Misty. La ragazza chiude gli occhi, sperando che quel momento possa durare per sempre… ma d’un tratto le viene in mente che ogni volta che ha creduto di essere felice, poi le cose hanno iniziato ad andare malissimo.

Senza che possa fare niente per evitarlo, le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance.

«Misty.»

La ragazza non si volta, sperando che Ash non noti le sue lacrime. Ma pare che ormai sia troppo tardi. «Uh?»

«Che c’è che non va?» chiede Ash.

«Niente, è solo che…» la ragazza si chiede da dove debba iniziare, ma si rende conto di non averne bisogno, perché le parole sembrano venire fuori da sole «…è solo che adesso sono felice, e ogni volta che sono felice e spero che possa durare per sempre, poi le cose iniziano ad andare terribilmente male…»

«Misty…» Ash la abbraccia, la bacia fra i capelli. «…andrà tutto bene. Te lo prometto.»



--CAPITOLO VI--

--MAY I BE HAPPY?--

«Le cose non vanno molto bene fra voi, mi pare.»

1.

Misty osserva il soffitto della propria stanza, senza vederlo veramente. La sua mente è ancora concentrata sul ricordo del calore del corpo di Ash a pochi centimetri dal suo, dell’odore delle sue lenzuola. In ogni caso, è riuscita a riacquistare sufficiente lucidità da tornare nella propria stanza prima che le sue sorelle se ne accorgessero. Se mai venissero a sapere che ha passato buona parte della notte in camera di Ash… preferisce non pensare a cosa accadrebbe.

Daisy sarebbe addirittura capace di cacciare Ash fuori di casa. Al pensiero della sorella sul sentiero di guerra, Misty non può evitare di lasciarsi sfuggire un fugace sorriso. Daisy sa essere eccezionalmente puritana quando le parole “Misty” e “sesso” finiscono nella stessa frase… con che faccia tosta, poi. È piuttosto evidente che lei e il suo ragazzo, Bob Parker, non si siano semplicemente limitati a qualche innocuo e casto bacio sulle labbra.

Non che fra lei e Ash sia successo qualcosa, comunque. Hanno semplicemente dormito insieme, tutto qui, anche se… deve ammettere che non ha potuto evitare di provare una lieve punta di delusione (soltanto una punta, quasi impercettibile, davvero) quando il ragazzo, dopo averle proposto di passare il resto della notte nella sua stanza, ha precisato che voleva soltanto che lei dormisse lì.

In realtà avrebbe voluto che Ash la prendesse fra le braccia e la baciasse, che facesse scivolare le mani sotto la sua camicia da notte. Voleva sentire il tocco delicato delle sue dita sulla propria pelle. Lo voleva con tutta se stessa. Allora perché si è dimostrata tanto sconcertata quando Ash le ha proposto di passare la notte con lui?

Sospira. Probabilmente Daisy caccerebbe via Ash anche se sapesse che lei ha soltanto pensato una cosa del genere. Non accetterebbe mai che la sua dolce, candida sorellina minore possa avere simili fantasie.

Forse dovrebbe provare a dormire. Ma l’adrenalina datale dall’essere così fisicamente vicina al ragazzo che ama più di ogni altra persona al mondo, è sufficiente a tenerla completamente sveglia anche a distanza di più di mezz’ora dal momento in cui ha lasciato la sua stanza.



2.

Un pallido raggio di sole si insinua lentamente nella stanza di Ash. L’alba. Con la mente completamente altrove, il ragazzo osserva i contorni degli oggetti farsi di momento in momento più nitidi.

Il suo sguardo torna continuamente a volgersi in direzione della porta. Non è passato molto tempo da quando ha sentito Misty scostare silenziosamente le lenzuola e alzarsi, indugiare qualche secondo ai piedi del letto e poi dirigersi verso la porta.

Probabilmente pensava che lui stesse dormendo. Non aveva cercato di svegliarlo, e lui aveva preferito lasciarla andare, senza cercare di trattenerla ulteriormente. Non che non volesse che restasse con lui… in realtà lo voleva. Voleva averla vicina, vedere sui suoi capelli le prime luci dell’alba, sentire il suo corpo fragile e bisognoso di protezione premuto contro il proprio. La desiderava. Ma avrebbe finito per metterla nei guai.

La ama. La ama quanto mai potrebbe amare nessun’altra ragazza al mondo… ed è proprio questo, in realtà, il vero problema. Vorrebbe far scivolare le mani sulla sua pelle nuda, fare l'amore con lei. E non è certo di riuscire a controllarsi. Per questo, è meglio che Misty se ne stia il più possibile lontana da lui.

Anche se, ogni volta che lei si allontana, non può fare a meno di provare una fitta dolorosa, come se la ragazza portasse con sé una parte di lui.



3.

L’alba. Fra un paio d’ore, forse meno, le sue sorelle saranno in giro per la casa, del tutto ignare del luogo in cui la loro ingenua, innocente sorellina ha passato la notte.

Forse, avrebbe potuto restare nella stanza di Ash ancora un po’. Ma avrebbe finito per riaddormentarsi, e se così fosse stato non sarebbe mai riuscita ad alzarsi in tempo. E non appena Lily, sempre la prima a svegliarsi poiché i suoi corsi all’università iniziano alle otto, si fosse alzata e fosse passata davanti alla stanza di Misty per andare in bagno, avrebbe immediatamente notato la porta spalancata e la stanza vuota. E, ricordando il litigio fra lei e Ash della sera precedente, non avrebbe impiegato molto a collegare le due cose, saltando immediatamente ad una lampante quanto errata conclusione: nel cuore della notte si era sentita in colpa per aver litigato con Ash, era andata nella sua stanza per chiedergli scusa e… erano finiti a letto.

Beh, tecnicamente sì, ma non in quel senso.

Lily avrebbe svegliato Violet. E Daisy. E avrebbe raccontato loro tutto. E allora sì che sarebbe stata nei guai.



4.

…dintorni di Cerulean City…

La ragazza dai capelli castani volta la testa di lato, nascondendo il viso contro la stoffa del sacco a pelo per evitare alla luce del sole di ferirle gli occhi, già arrossati e brucianti per le interminabili ore di veglia.

Non ha chiuso occhio. Ancora non è riuscita ad abituarsi a tutti i piccoli, fastidiosi rumori del bosco notturno all’apparenza tanto silenzioso, nonostante siano ormai due anni che passa la maggior parte delle notti all’aperto, tranne qualche occasionale e mai duratura permanenza nell’economica ma incredibilmente sporca pensione di turno.

Due anni… certo, allora non sapeva ancora come sarebbe stato. Allora era soltanto un’ingenua bambina di dieci anni con tanta voglia di girare il mondo, vedere posti nuovi, incontrare nuovi amici. Allora non sapeva ancora che la sua avventura sarebbe somigliata di più ad un disarmante susseguirsi di imprevisti che ad un emozionante safari.

Certo, avrebbe dovuto ritenere insensata fin dall’inizio la prospettiva di partire per diventare un allenatrice di Pokèmon. I Pokèmon non le sono mai piaciuti, ne ha avuto la conferma il giorno stesso in cui ha iniziato il suo viaggio, quando proprio mentre si recava al laboratorio del professor Birtch per ricevere quello che sarebbe stato il suo primo Pokèmon, un Ghastly l’aveva spaventata a morte facendola cadere dalla bici.

Ma viaggiare, vedere il mondo, non essere più obbligatoriamente legata ai suoi genitori come una marmocchia di due anni… era questo che lei voleva. Per cui non si era tirata indietro. E in ogni caso, la sua innata antipatia per i Pokèmon si è rivelata reciproca. Nonostante un allenatore debba consuetamente portarne con sé almeno sei, dopo due anni di viaggio lei ne ha soltanto tre: un Torchic, ricevuto dal professor Birtch il giorno della sua partenza; un Beautyfly catturato quando non era più che un insignificante bruco che era riuscita a catturare semplicemente lanciando la pokèball; e uno Skitty che si era affezionato a lei e l’aveva seguita di sua spontanea volontà.



5.

Con un sospiro, la ragazza si arrende all’evidenza di non poter più riuscire ad addormentarsi. Allontana da sé il sacco a pelo con un calcio, sfogando la propria frustrazione su un oggetto inanimato e dunque incapace di provare dolore, e assaporando la breve soddisfazione datale dal poter essere infinitamente crudele con una vittima infinitamente arrendevole.

Raggiunge la bici, e con essa lo zaino incastrata nell’angusto spazio fra la ruota e il tronco dell’albero al quale la bicicletta è appoggiata. Afferra lo zaino, e ne estrae una cartina dettagliata della zona. Lasciandosi cadere seduta sull’erba ancora umida per la rugiada notturna la studia a lungo, cercando di estrapolarne qualche informazione sensata sul luogo in cui si trova.

Stando a quello che dice la mappa, non dovrebbe essere troppo lontana da una città chiamata Cerulean City. Non ne ha mai sentito parlare, ma almeno avrà la possibilità di passare la notte in un posto caldo, sebbene sporco e malfamato.

Una goccia d’acqua cade sulla mappa, a pochi centimetri dalle parole Cerulean City, dissolvendo in un’anonima macchia nerastra una qualche cittadina di minore importanza. Con un gemito, la ragazza alza lo sguardo verso il cielo ora denso di nuvole grigie, e altre gocce d’acqua le cadono sulla faccia.

Perfetto. Sta iniziando a piovere. Maledicendo per l’ennesima volta il giorno in cui ha deciso di iniziare il suo viaggio, ripone la cartina nello zaino e sale in sella alla bici.



6.

…Cerulean City Gym. Ore 17.35…

Ash circonda la vita di Misty fra le braccia, le sfiora dolcemente le labbra con un bacio. Si comporta in modo leggermente diverso da quando ha saputo. Da quando la ragazza gli ha raccontato del suo tentativo di suicidio, è come se pensasse di dover essere sempre protettivo con lei, come se la sua assenza fosse la fonte non solo della sua infelicità, ma anche del suo sfacelo.

Come se… non volesse lasciarla sola. Mai.

Misty non può fare a meno di notare le particolari attenzioni che il ragazzo le rivolge, ma si vede costretta ad ammettere a se stessa che ciò non le dispiace affatto. A differenza delle goffe, impacciate premure rivoltele da Broke e dalle sue sorelle dopo quel giorno, che non facevano altro che innervosirla ulteriormente, le attenzioni di Ash le fanno soltanto piacere.

Il ragazzo continua a baciarla, scendendo a sfiorarle con le labbra la base del collo. Il corpo di Misty viene percorso da un brivido, una sorta di formicolio sulla pelle, che la ragazza non riesce a stabilire se sia piacevole o meno.

Ash fa scorrere la mano destra sulla schiena nuda della ragazza, fino a far scivolare le dita sotto l’orlo della sua maglietta. I suoi polpastrelli sfiorano l’allacciatura del reggiseno della ragazza.

«Ehi!»

Lievemente spaventata dall’irruenza del ragazzo, Misty indietreggia di un passo, costringendolo a ritirare la mano. Profondamente imbarazzato per non essere riuscito a controllarsi, Ash abbassa lo sguardo in direzione del pavimento.

«Scusami… io non…» ma non riesce a continuare, del tutto incapace di trovare una spiegazione che suoni razionale alle orecchie della ragazza.



7.

…Cerulean City, a pochi passi dalla palestra…

La ragazza dai capelli castani alza lentamente lo sguardo verso l’insegna al neon recante la scritta Cerulean City Water Gym. Se è fortunata riuscirà a farsi ospitare, almeno per una notte. Sa di non avere abbastanza denaro per permettersi una pensione, neppure una delle più economiche, quindi la palestra di Cerulean è la sua unica scelta, se esclude la possibilità di dormire nel suo sacco a pelo in qualche vicolo puzzolente e di venire scambiata per una barbona da qualche disgustato passante… e lei tende ad escluderla, quando le è possibile.

Con un sospiro, si dirige verso la porta della palestra. Esita qualche istante prima di suonare il campanello: nella maggior parte delle palestre in cui ha cercato di alloggiare in passato, il capopalestra locale pretendeva di essere sfidato e battuto ad un incontro di Pokèmon per stabilire se fosse degna dell’ospitalità… incontri che si concludevano immancabilmente con una sconfitta, per lei.

Per fortuna la pioggia è durata poco. Sarebbe stato umiliante doversi presentare con gli abiti oscenamente appiccicati addosso e i capelli simili a spaghetti contorti.

Sperando ardentemente che qui non ci sia un capopalestra di quel tipo, la ragazza preme brevemente il campanello. Lo squillo risuona attutito all’interno dell’abitazione.



8.

…Cerulean City Gym…

Lo squillo del campanello risuona nella stanza. Sebbene sia felice di avere un pretesto qualsiasi per tirarsi fuori da quella situazione estremamente imbarazzante, Misty non può fare a meno di ricordare l’arrivo di Liz, la ragazza che Ash aveva conosciuto durante la sua permanenza a Fiorlisopoli e che sosteneva di essere la sua ex, avvenuto nello stesso identico modo.

In ogni caso, riesce a riacquistare sufficiente lucidità da rendersi conto della notevole differenza fra la scampanellata di Liz e quella di adesso. Quella di Liz era prepotente, prolungata; mentre questa appare timida e incerta, esitante.

Per di più, Liz aveva interrotto con il suo arrivo una situazione che Misty avrebbe desiderato che non finisse mai. Chiunque sia adesso, invece, le ha offerto l’opportunità di mettere fine ad una situazione che rischiava d degenerare.

Con una lieve alzata di spalle, Misty si dirige verso la porta. Ash esita qualche istante prima di seguirla, e in ogni caso si mantiene a qualche passo di distanza da lei, come se temesse che la sua presenza possa infastidirla.

La ragazza avvicina la mano alla maniglia della porta, ma all’ultimo momento la ritrae come colta da un brutto presentimento, quasi si aspettasse di trovarsi di fronte un’altra Liz.

Non fare la stupida.

Velocemente, per non pentirsene di nuovo, afferra la maniglia e la abbassa, spalancando la porta verso l’interno.



9.

Davanti a lei non c’è affatto Liz, ma una ragazzina sui dodici anni che non ha mai visto prima. Beh, d’altro canto non aveva mai visto nemmeno Liz, prima di trovarsela davanti e scoprire che era arrivata a Cerulean con l’intenzione di portarle via Ash.

Rilassati. È soltanto una bambina!

Probabilmente è solo un’altra allenatrice di Pokèmon. Ogni tanto ne capita ancora qualcuno, nonostante la palestra sia ormai quasi in disuso. Chiedono di essere ospitati per una notte e poi si rimettono in viaggio, scomparendo per sempre dalle loro vite, senza lasciare alcuna traccia del loro passaggio. Probabilmente questa è una di loro.

«Sì…?» chiede alla sconosciuta, sforzandosi di mostrarsi gentile il più possibile.

Dopo un attimo di esitazione, la ragazzina fa un passo verso la porta, accorciando di qualche centimetro la distanza fra lei e Misty. Ha grandi occhi azzurri incorniciati da lunghe ciglia, e capelli castani lunghi fino alle spalle trattenuti all’indietro da una bandana di un rosso squillante.

«Salve.» arrossisce lievemente «Mi chiamo May Maddox e sono un’allenatrice di Pokèmon. Sei tu la capopalestra?»

Misty resta in silenzio per qualche istante. È tanto che qualcuno non si rivolge a lei con l’appellativo di “capopalestra”… più o meno da quando, dopo la scomparsa di Ash avvenuta più di due anni prima, ha rinunciato completamente al suo sogno di diventare allenatrice di Pokèmon d’acqua.



10.

«Sì. Sono io.» sorride. Aveva dimenticato che, nonostante la sua inattività, lei restava pur sempre una delle quattro sorelle sensazionali, le capopalestra di Cerulean City. «O meglio, sono una delle capopalestra.»

«Oh!» May, o comunque abbia detto di chiamarsi, sembra lievemente stupita. Forse, anzi probabilmente, si aspettava qualcuno di più vecchio nel ruolo di capopalestra.

«Mi chiamo Misty Waterflower.» continua Misty «Immagino che tu stia cercando un posto in cui passare la notte.»

May annuisce. «Esatto. Sì… ecco, mi chiedevo se potevate ospitarmi.»

Un’auto accosta al marciapiede, con le ruote che sfiorano pericolosamente il ciglio di quest’ultimo. Misty impiega meno di un istante per riconoscere la Mini nera e la guida spericolata del suo proprietario: Bob, l’attuale ragazzo di Daisy.

Dall’interno della vettura, Bob rivolge un rapido e disinteressato cenno di saluto in direzione di Misty, poi suona il clacson volgendo lo sguardo verso la finestra di Daisy, senza nemmeno preoccuparsi di scendere dall’auto.

Daisy scende le scale di corsa, e sempre correndo attraversa il corridoio, senza degnare Misty di uno sguardo. Soltanto quando la giovane donna attraversa la porta principale dell’abitazione lasciandosi alle spalle una nuvola di profumo, Bob scende dall’auto e si dirige verso di lei, guardandola come se volesse divorarla con gli occhi.

Senza dire una parola la bacia sulle labbra, facendo scivolare con eloquenza le mani in direzione del fondoschiena di Daisy, sensualmente fasciato da un paio di aderentissimi pantaloni di pelle nera. Senza mostrarsi minimamente seccata da quel gesto, Daisy sorride, poi si dirige verso l’auto. Bob le apre la portiera, quasi come se Daisy non fosse soltanto la sua ragazza (l’ultima di una lunga serie, per di più), bensì sua moglie.



11.

La Mini riparte sgommando con a bordo Daisy e Bob, dando ai presenti un altro eccellente esempio della guida di quest’ultimo. Lievemente imbarazzata dallo spettacolo decisamente sconfinante nel vietato ai minori di quattordici appena offerto dalla sorella, Misty torna a rivolgersi a May.

«Certo. Se vuoi puoi restare anche più di una notte, abbiamo un sacco di stanze libere… praticamente tutte. Vieni, seguimi.»

Così dicendo si volta e si dirige verso l’estremità opposta del corridoio. Anche se decisamente imbarazzata dal doversi introdurre in casa di una perfetta sconosciuta, May la segue, lasciandosi guidare verso la prima di una lunga serie di porte di legno chiaro e leggermente scrostato.

Misty apre la porta, rivelando una stanza piuttosto piccola ma abbondantemente illuminata dagli ultimi raggi del sole al tramonto. «Sistemati pure. Fa’ come se fossi a casa tua.»

Con un sorriso di gratitudine, May si dirige verso l’interno della stanza e posa sul letto lo zaino contenente i suoi pochi averi. «Ti ringrazio. Andrà benissimo.»

Misty risponde al sorriso della ragazzina, poi chiude la porta della stanza per lasciarle un po’ di privacy. Appena allontana le dita dalla maniglia e si volta per dirigersi verso la porta principale della casa, il sorriso scompare immediatamente dal suo volto. Non può fare a meno di ripensare al gesto di Ash, alle sue dita che sfiorano l’allacciatura del suo reggiseno.

Non sa cosa significhi. Sa cosa vorrebbe che significasse, ma non è affatto certa che il ragazzo la pensi allo stesso modo. E ovviamente non ha il coraggio di chiederglielo, spaventata all’idea di una risposta che distrugga in meno di un attimo tutte le sue speranze.



12.

Ash alza lo sguardo non appena la vede arrivare. I suoi occhi indugiano per pochi istanti sull’affascinante figura della ragazza, per poi abbassarsi di nuovo in direzione del pavimento.

«Misty io…» sussurra, non appena la ragazza è abbastanza vicina per sentire le sue parole «…volevo chiederti scusa per prima… non so cosa mi abbia preso… io…»

Senza alzare lo sguardo, la ragazza chiude la porta principale, rimasta aperta dopo il passaggio di May. «Non preoccuparti. Non… non ha importanza.»

«Beh… allora…» Ash cerca di prenderle la mano, ma Misty si ritrae istintivamente da lui, facendo un passo indietro.

«Scusami io… dovrei andare in camera mia.» mormora, alla disperata ricerca di una scusa che le consenta di allontanarsi da lui senza essere eccessivamente scortese nei suoi confronti «Devo… fare un sacco di compiti per domani.»



13.

…ore 21.35…

Misty apre di uno spiraglio la porta della propria stanza. I suoi occhi verdi si fissano in quelli di Ash, che si affretta a distoglierne lo sguardo.

«Oh, sei tu.» mormora la ragazza, abbassando gli occhi a sua volta «S-scusami Ash ma sono molto stanca. Vorrei… andare a dormire, se non ti dispiace.»

«Misty…»

La ragazza non dà segno di averlo sentito e si affretta a richiudere la porta. In piedi come un imbecille in mezzo al corridoio, Ash si ritrova a fissare la superficie di legno chiaro della porta.

Non è affatto sorpreso che Misty lo abbia trattato così. Per tutta la sera non ha fatto che stare il più possibile lontana da lui, evitando deliberatamente di sedersi accanto a lui a cena, evitando persino di incrociare il suo sguardo e abbassando di colpo gli occhi ogni volta che ciò avveniva.

Rivolge un’ultima occhiata alla porta chiusa, quasi sperando che da un momento all’altro si spalanchi e che Misty corra fra le sue braccia, dispiaciuta per essere stata così insofferente nei suoi confronti.

In realtà, sa bene che dovrebbe essere lui a chiederle scusa. Ma come accidenti fa, se ogni volta che prova a rivolgerle la parola lei gli chiude la porta in faccia?

Con un sospiro, si dirige verso la porta principale dell’abitazione e la spalanca, uscendo nel cortile scarsamente illuminato dalla fila di lampioni sul ciglio della strada. Nella debole penombra scorge un’esile figura seduta per terra, con la schiena appoggiata alla parete esterna della casa.

May.

La ragazzina che qualche ora prima ha chiesto a Misty di essere ospitata per una notte. Siede con le ginocchia strette al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Non ha un’aria molto felice, anzi…

«Tu sei May, giusto…?» mormora avvicinandosi a lei.



14.

May alza lo sguardo. Davanti a lei c’è il ragazzo dai capelli neri che stava alle spalle della ragazza di nome Misty quando lei le ha aperto la porta. L’aveva già notato, e si era sentita stranamente attratta da lui.

«Sì.» arrossisce, sperando che la luce sia troppo scarsa per permettere al ragazzo di notare quanto sia imbarazzata «E tu?»

«Mi chiamo Ash.»

Con un sospiro, Ash si dirige verso la ragazzina e si siede di fianco a lei. Nessuno dei due osa rompere il ghiaccio, entrambi troppo presi a preoccuparsi dei propri problemi per aprire la propria mente a incertezze appartenenti a qualcun altro.

«Sai,» mormora May alla fine, con lo sguardo fisso sul cielo «spesso quando devo dormire all’aperto mi metto a guardare le stelle. Cerco quella che brilla di più ed esprimo i miei desideri.»

Nonostante giudichi le parole di May estremamente infantili, Ash si sforza di rivolgerle un sorriso. «Che desideri?»

La ragazzina gli rivolge un sorriso malizioso. «Se te lo dico, non si realizzeranno.»

«Hai ragione.» Ash alza le sopracciglia «Però non mi sembri molto felice.»

May sospira. «Già. Vedi io…» non ha idea di cosa la stia spingendo a raccontare i suoi problemi ad un perfetto sconosciuto, ma si rende conto di non potersi interrompere adesso che ha iniziato «…io non volevo diventare un’allenatrice di Pokèmon. Quando ho iniziato il mio viaggio, due anni fa, volevo soltanto viaggiare. Vedere il mondo. Non avevo mai pensato alle conseguenze.»

La ragazzina abbassa lo sguardo. Per un attimo Ash teme che stia per scoppiare a piangere, poi lei alza lo sguardo e i suoi occhi sorprendentemente azzurri incrociano per la prima volta quelli di Ash.

«Nemmeno tu mi sembri molto felice.»

Ash distoglie lo sguardo, appoggiando la nuca contro la parete della casa e rivolgendo lo sguardo verso il cielo. «È una lunga storia.»



15.

«Ehi, non è valido. Io ti ho raccontato i miei problemi. Ora tocca a te.»

Ash sospira, esasperato dalla logica prettamente infantile delle parole di quella ragazzina. Come fa a spiegare ad una bambina di dodici anni che ha cercato di togliere il reggiseno alla sua ragazza e che adesso lei non vuole più rivolgergli la parola? Come può spiegarle che continua ad avere un’insaziabile voglia di fare sesso con Misty ma non può perché la metterebbe nei guai?

Silenzio. Pare che May abbia capito che non ha intenzione di parlare. Senza dire niente, la ragazzina posa la mano su quella di Ash, intrecciando languidamente le dita con quelle del ragazzo.

Ash si affretta a ritirare la mano. «May, no.»

Per niente intenzionata ad arrendersi, May si avvicina al ragazzo di qualche centimetro. È talmente vicina che Ash può sentire il suo respiro sul viso.

«Perché no?»

Ash sospira di nuovo. «Sono più grande di te.»

«Non poi così tanto.» la ragazzina aggrotta le sopracciglia, offesa, ma non accenna ad allontanarsi da lui. Ash inizia a pensare che sia stato un terribile errore andare a sedersi accanto a quella mocciosa.

«Quattro anni.» precisa, senza sorridere.

May si stringe nelle spalle. «Non sono molti.»

«Ho già la ragazza.» sospira Ash, decidendo di cambiare tattica.

«Lo so!» ribatte prontamente May alzando le sopracciglia «È quella Misty, giusto? Le cose non vanno molto bene fra voi, mi pare.»

«Io la amo.» puntualizza Ash, chiedendosi come accidenti abbia fatto a finire in questa situazione, costretto a rivelare i dettagli della sua vita sentimentale ad una mocciosetta di dodici anni.

May non sembra affatto sconcertata dalle parole di Ash. Si avvicina ancora, finché le sue labbra non si trovano a poco più di un paio di centimetri da quelle del ragazzo.

«E lei?»



16.

Ash volta di scatto la testa, poi si alza rabbiosamente in piedi, allontanandosi da lei di qualche passo. «Non sono affari che ti riguardano.»

Anche May si alza, raggiunge Ash e gli posa la mano su un braccio. È di nuovo vicina, troppo vicina, con le labbra pericolosamente accostate a quelle del ragazzo. «Perché no? Forse lei non ti ama?»

È stupefacente la quantità di malizia che una mocciosa di quell’età riesce a imprimere nella propria voce. Ash si allontana di nuovo da lei, con un movimento brusco. «Falla finita, May. Ho detto che non ti riguarda.»

La finestra della stanza di Misty è esattamente sopra le loro teste. Se la ragazza si affacciasse per qualsiasi motivo, vedrebbe fin troppo chiaramente quella che credeva essere un’ingenua mocciosa provarci spudoratamente con Ash.

Senza lasciare al ragazzo il tempo di aggiungere altro, May torna ad avvicinarsi a lui e lo bacia con infantile dolcezza sulle labbra.



17.

Soltanto un casto contatto di labbra, niente di più. Ma sufficiente per persuadere il ragazzo di aver tradito la fiducia di Misty. Senza dire niente, afferra May per le spalle e la allontana da sé.

La ragazzina cerca di protestare, ma la vista dello sguardo infinitamente serio di Ash basta ad ammutolirla. Soltanto dopo una manciata di imbarazzanti secondi riesce a chiedere, con voce sottile e tremante: «Perché…?»

«Perché non è giusto.» Ash ritira le mani «Io sto con Misty, lo sai. La amo, e desidero di poter restare con lei il più a lungo possibile. Non fraintendermi, tu sei carina, e anche molto dolce. Ma hai soltanto dodici anni, e io sedici.»

«Quattro anni non sono poi una gran differenza.» insiste May.

«Non è questo il punto. Il punto è che io amo Misty. E non voglio perderla.»

Questa volta, la ragazzina non sembra riuscire a trovare niente da ribattere alle parole di Ash. Si limita ad abbassare lo sguardo, verso l’erba che la luce della luna fa scintillare di un’irreale tonalità di grigio.

«Oh.»

Ash si allontana da lei di qualche passo. «E adesso scusami, May, ma devo andare.»

«Da Misty?» chiede May, con il suo disarmante senso pratico, rivolgendo i suoi supplici occhi azzurri verso Ash.

Il ragazzo sospira. «Esatto. Da Misty.»

Si dirige verso la porta e la apre silenziosamente. Solo quando è ormai all’interno della casa si volta verso la ragazzina e le rivolge un sorriso. «Buona notte, May.»

May non risponde. Resta a guardarlo accostare la porta e scomparire dentro la casa.



18.

Con un colpo secco, Misty chiude il libro di storia sul quale aveva tentato di studiare per il compito del giorno seguente. Nessuna delle frasi che ha letto è riuscita e rimanere impressa nella sua memoria: per quanto si sforzi, la sua mente continua a rievocare la sensazione provata nel momento in cui Ash aveva fatto scivolare le dita sulla sua schiena nuda, sotto la sua maglietta. Nel momento in cui lui aveva cercato di toglierle il reggiseno.

Non è sicura se quel gesto le abbia fatto piacere o no. Forse avrebbe soltanto voluto che lui continuasse, che le slacciasse il reggiseno e facesse scivolare le mani sui suoi seni nudi. Che la spogliasse, e sfiorasse in calde carezze proibite ogni più nascosto recesso del suo corpo. E avrebbe voluto fare lo stesso con lui.

Sospira. Forse dovrebbe farsi una bella doccia fredda.



19.

«Misty…» Ash bussa piano alla porta della ragazza, per non farsi sentire dalle altre occupanti della casa. «Sono io. Dai, apri.»

Qualche attimo di silenzio, durante il quale Ash non può fare a meno di chiedersi se la ragazza stia veramente dormendo. Ma poi sente i suoi passi provenire dall’interno della stanza. La porta viene spalancata, e il ragazzo si trova di fronte Misty perfettamente vestita e con i capelli in ordine.

Aveva chiaramente mentito sul fatto di voler andare a dormire.

La ragazza resta in silenzio, in attesa, con la mano ancora sulla maniglia della porta come se fosse pronta a sbattergliela in faccia.

«Posso entrare?» chiede Ash, con la massima dolcezza di cui è capace, quasi timoroso di invadere lo spazio privato della ragazza.

Ancora senza dire niente, Misty si allontana di un passo, permettendo al ragazzo di entrare nella stanza. Poi chiude la porta.

Ash vi appoggia contro le spalle e alza lo sguardo verso il soffitto, chiedendosi da dove debba iniziare. Solo dopo una manciata di secondi riesce a trovare il coraggio necessario per volgere gli occhi in direzione del volto pallido e irresistibile della ragazza.

«Misty…» mormora «…scusami. Io… mi sento veramente un verme per quello che ti ho fatto. Mi dispiace. Ti prometto che non farò mai più una stronzata simile.»

Silenzio ancora per qualche istante. Poi il volto teso della ragazza si schiude in un sorriso, e Misty si avvicina a lui e lo bacia con passione sulle labbra.

«Ti amo,» sussurra, ancora con le labbra che sfiorano quelle del ragazzo.



20.

…Bob’s house…

Bob cinge con le braccia il corpo candido della giovane donna sotto le lenzuola, fa scivolare le mani sui suoi fianchi nudi. La sua Daisy. La donna che ama più di ogni altra persona al mondo, la donna che desidera con tutto se stesso.

Lasciandosi sfuggire un lieve sospiro, Daisy fa scorrere le mani sulla schiena dell’uomo, stringendolo in un seducente abbraccio.

Bob la bacia con dolcezza sulle labbra. «Daisy…»

La donna non risponde, ancora persa nel ricordo dell’estasi da poco vissuta. Senza aggiungere nient’altro, Bob, si libera con dolcezza dall’abbraccio di Daisy e si alza dal letto. Stupita, e vagamente indebolita dall’allontanamento dell’uomo, la giovane donna si alza a sedere, rivolgendo verso di lui i suoi occhi scintillanti come gemme.

Ancora in silenzio, in un gesto che ancora Daisy non osa interpretare, Bob si inginocchia ai piedi del letto, di fronte a lei. Vagamente imbarazzata, la donna allontana dal viso una ciocca di capelli.

L’uomo le porge una scatoletta di velluto bianco, delle dimensioni giuste per contenere un anello. Daisy sente di arrossire. Lentamente, Bob apre la scatoletta, rivelando un anello con un diamante a forma di cuore.

«Daisy…» sussurra «…vuoi sposarmi?»



--CAPITOLO VII--

--DAISY'S MARRIAGE--

«Nessuno può toccare la mia ragazza!»

1.

Con gli occhi spalancati per la gioia e per la sorpresa, Daisy osserva l’anello senza riuscire a parlare. «I… io non so cosa dire…» riesce infine a balbettare.

Bob le sorride. «Perché non dici soltanto “sì, lo voglio”?»

Per qualche istante, lo sguardo di Daisy si perde nei magnifici occhi color giada dell’uomo. Poi, lentamente, un sorriso si dipinge sul volto della giovane donna.

«Sì…» sussurra «…lo voglio.»

Bob le si avvicina e la bacia con passione sulle labbra, spingendola all’indietro finché le spalle della donna non toccano le lenzuola candide. Daisy si lascia sfuggire un gemito di piacere mentre Bob affonda dolcemente fra le sue gambe.



2.

…Cerulean City Gym. Ore 00.10…

Con un sospiro, Ash fa il gesto di alzarsi, ma Misty lo trattiene afferrandolo per un braccio. Sa bene che, se adesso Ash avesse veramente intenzione di tornare nella sua stanza, lei non avrebbe sufficiente forza fisica per impedirglielo; ma ha colto nei suoi occhi un’ombra di frustrazione sufficiente a far nascere in lei la certezza che il ragazzo non voglia affatto andarsene.

«Per favore…» sussurra. I suoi irresistibili occhi verdi si fissano in quelli di Ash.

«È tardi…» mormora Ash, tornando però a sedersi sul letto di fianco alla ragazza, tanto vicino da sfiorare il suo corpo con il proprio «…dovresti dormire.»

Un sorriso si dipinge sul volto di Misty. «Non credo che ci riuscirei.»

Senza riuscire a staccare gli occhi dallo sguardo incredibilmente magnetico della ragazza, Ash le si avvicina fino a che le loro labbra si sfiorano, prima dolcemente, poi con crescente passione. Il ragazzo cerca di obbligare le proprie mani a restare strette attorno alla vita di Misty, nonostante senta crescere in sé, sempre più impossibile da ignorare, l’impellente desiderio di esplorare con il proprio tocco ogni lembo di pelle, ogni voluttuosa curva del corpo della ragazza che ama più di ogni altra persona al mondo.

Anche se contrariamente alla sua volontà, costringe sé stesso ad allontanarsi di nuovo da lei, ritirando le mani e alzandosi in piedi di scatto. Misty lo guarda senza capire, con le sopracciglia aggrottate e le labbra protese in un irresistibile broncio.

«Ash…» sussurra piano «…cosa c’è?»



3.

Il ragazzo non risponde. Come potrebbe spiegarle che non riesce più a starle vicino perché teme di non poter controllare i propri istinti, di non poter dominare gli ormoni che come un fiume in piena minacciano di prendere pieno controllo dei suoi pensieri?

Misty si alza in piedi a sua volta dal letto in disordine e prende le mani del ragazzo fra le sue dita bianche e slanciate. I suoi occhi incontrano di nuovo quelli di Ash.

«Vuoi spiegarmi che cos’hai?» insiste «C’è qualcosa che non va?»

«No è solo che…» inizia Ash, ma si rende conto di non avere pronta una spiegazione che possa suonare sensata alle orecchie della ragazza. Deglutisce. «È solo che… le tue sorelle potrebbero scoprire che sono qui» improvvisa «e non credo che sarebbero molto d’accordo.»

Contro ogni sua aspettativa, il volto di Misty si schiude in uno splendido sorriso, poi la ragazza scoppia a ridere. «Le mie sorelle?» sussurra «C’è solo Lily, e sono certa che sta dormendo. Domattina deve alzarsi presto per andare a lezione, lo sai. E Daisy è dal suo ragazzo, e Violet è da quella sua amica, Anne. Ha detto che avrebbe passato la notte lì.»

Senza aggiungere altro, si avvicina a lui e lo bacia dolcemente sulle labbra, senza malizia. Ma il candore di quel bacio richiama alla mente del ragazzo la sensazione che aveva provato quando, per poco più di un istante, le labbra della piccola e ingenua allenatrice di Pokèmon di nome May hanno sfiorato le sue.

May. Il nome della ragazzina si riaffaccia dolorosamente alla mente di Ash, che per un attimo la immagina distintamente addormentata nella stanza presa in prestito, lì alla palestra di Cerulean City.



4.

Apparentemente del tutto ignara dell’ombra che ha appena oscurato gli occhi di Ash, Misty prende la mano del ragazzo fra le sue e incrocia il suo sguardo sbattendo sensualmente le ciglia.

«Per favore.» sussurra «Non voglio che tu te ne vada.»

Rendendosi conto di non poter in alcun modo resistere a quello sguardo, Ash circonda con le braccia la vita della ragazza, e la tiene stretta a sé facendole posare il capo sul proprio petto.

«Okay.» sussurra, sfiorandole i capelli con le labbra «Non vado da nessuna parte.»

«Grazie.» mormora Misty, chiudendo gli occhi. Lievemente spaventata, si rende conto che se in questo momento Ash cercasse di nuovo di toglierle il reggiseno, o addirittura se la spingesse sul letto e la violentasse, lei non cercherebbe in alcun modo di fermarlo.

Non lo farebbe. Sai che non lo farebbe mai.

«Ti amo.» sussurra alla fine, tenendosi stretta a lui.

Ash le prende il volto fra le mani e la bacia con passione. «Ti amo anch’io.» mormora, allontanando le labbra da quelle della ragazza solo il tempo che basta a pronunciare quelle parole. Poi riprende a baciarla.



5.

…Cerulean City Gym. Ore 8.45…

Un raggio di sole colpisce le palpebre chiuse di Misty, interrompendo con dolcezza il suo sogno e riportandola lentamente alla coscienza della veglia. Ash è vicino a lei, ancora profondamente addormentato.

Chissà cosa penserebbe Daisy, si ritrova a quasi meccanicamente a pensare. Invece non abbiamo fatto un bel niente, solo un paio di baci. Okay, forse un po’ più di un paio, ma è finita lì.

Sicuramente riuscirebbe mai, neanche in un milione di anni, a spiegare a Daisy che il fatto che Ash abbia semplicemente dormito con lei nel suo letto non implica che abbiano fatto sesso. Cosa che infatti non è accaduta, nonostante una parte di lei lo desiderasse e fosse quasi completamente certa che anche Ash lo volesse.

Vallo a spiegare a Daisy.

Con un sorriso, volge lo sguardo verso il volto di Ash. Senza riuscire a trattenersi ancora, si china su di lui e gli sfiora le labbra con un bacio. Il ragazzo mormora qualcosa, poi apre gli occhi. Sorride quando il suo sguardo si posa si Misty.

«Buongiorno.» sussurra la ragazza. Poi lo bacia di nuovo.

«Nessuno mi ha mai svegliato in modo così piacevole.» mormora Ash con la voce ancora impastata di sonno, non appena la ragazza si scosta da lui.

Misty sorride. «Dormito bene?»

«Ehi.» Ash risponde al suo sorriso, alzandosi a sedere «Dormivo vicino a te, no? Credi che potrei aver dormito male?»

Arrossendo lievemente, Misty cerca di allontanare una ciocca di capelli che le ricade scompostamente davanti agli occhi. Ride. «Forse è meglio che mi dia una sistemata.» si giustifica «Devo avere un’aria orribile.»

Ash la bacia. «Tu non avresti un’aria orribile nemmeno se indossassi gli stessi vestiti per una settimana.»

«E tu sei troppo buono.» Misty lancia una rapida occhiata allo specchio dietro le sue spalle, ricevendone una chiara conferma ai suoi sospetti: i suoi abiti sono spiegazzati come se li indossasse non da una settimana, bensì da un paio di mesi.

«Sono un disastro.» commenta con un sorriso, e scende dal letto con un balzo dirigendosi verso l’armadio. Posa le mani sulle due ante, poi lancia ad Ash un’occhiata nervosa. «Io dovrei…»

Ash annuisce, voltandosi verso la parete. «Va bene così? Se vuoi esco.»

La ragazza scuote la testa, resistendo all’impulso di non scoppiare a ridere. «No, resta. Però promettimi di non voltarti, okay?»

Ash sospira. «Okay.»



6.

Infatti non lo fa. Ma dopo breve il suo sguardo viene catturato dallo specchio sulla parete, che riflette perfettamente la parte della stanza che non riesce a vedere essendo voltato verso la parete, mostrandogli Misty di spalle… con indosso un paio di jeans, ma sopra solo il reggiseno.

Un brivido percorre la schiena di Ash quando le mani della ragazza ne raggiungono la chiusura e la slacciano.

Misty si volta leggermente di lato, e il riflesso nello specchio mostra una generosa porzione dei suoi seni candidi. Ash costringe se stesso a distogliere lo sguardo dallo specchio, sentendo di non essere lontano dal saltarle addosso e fare sesso con lei lì, sul pavimento.

Controllati. Pensa a… a…?

Pare che non ci sia nient’altro nella sua mente adesso, se non il nome di Misty impresso a lettere iridescenti nel suo campo visivo.

«Come sto?» chiede la voce briosa di Misty, distogliendolo da quella sorta di tortura mentale con la quale cercava di costringere se stesso a restare immobile. Con sollievo, adesso di volta verso di lei: la ragazza indossa un paio di jeans scuri e attillati, e un dolcevita nero. I capelli le ricadono sulle spalle in morbide onde.

Ash le sorride. «Sei stupenda.»

Lo sei sempre.

Misty sorride e si dirige verso Ash, fino a trovarsi quasi seduta sulle sue ginocchia. Si china su di lui per baciarlo, e i suoi soffici capelli rossi sfiorano con dolcezza il volto del ragazzo.



7.

…qualche minuto dopo…

Misty alza lo sguardo dal cacao che si scioglie lentamente nella tazza, colorando il latte di marrone chiaro. I suoi occhi incrociano quelli di Ash, già fissi su di lei… o meglio, sul suo seno. L’imbarazzo che si crea nella mente della ragazza in contemporanea alla nascita di quella consapevolezza è tale da farle quasi dimenticare la domanda che intendeva porre.

Ash si affretta ad abbassare lo sguardo.

Misty si morde le labbra, decisa a fingere di non aver notato nulla. «Per caso sai che fine ha fatto quella ragazza, quella che aveva chiesto di farsi ospitare? Maggie, o come si chiamava.»

«May.» la corregge Ash, e Misty ha l’impressione che avesse provato un certo disagio nel pronunciare quel nome «Non lo so. Credo che se ne sia già andata.»

«È andata via stanotte? Credi?»

Non avrebbe avuto alcun senso. E perché Ash continua a tenere lo sguardo fisso sul bordo del tavolo, senza decidersi a guardarla? Cosa c’è che lei non sa e non deve sapere?

Ash si stringe nelle spalle. «Non so, forse è andata via stamattina presto. Ma prima sono passato davanti alla sua stanza. C’era la porta aperta e ho dato un’occhiata all’interno, e ho visto che non ci sono le sue cose.»

Non hai guardato soltanto per vedere se c’erano le sue cose. Lo so. Che cosa mi stai nascondendo?

Misty aggrotta le sopracciglia, chiedendosi da dove provenga quel pensiero. Credeva di fidarsi di Ash, ma adesso si rende conto che non è affatto così.

«Non ha…»

La fragorosa sgommata di un auto, a pochi metri dalla finestra della cucina almeno a giudicare dal rumore, interrompe la domanda di Misty. E forse non è che un bene.



8.

Bob, sicuramente, pensa Misty. Il ragazzo di Daisy. Chi altri potrebbe guidare così?

Infatti, dopo un paio di minuti Daisy compare sulla soglia della cucina, con un’aria tanto raggiante che Misty quasi si chiede se quella sia davvero sua sorella.

«Daisy? Che è successo?»

La giovane donna le rivolge un sorriso a trentadue denti e tende verso di lei la mano sinistra con le dita aperte a ventaglio, senza dire una parola. Misty impiega una manciata di secondi per individuare quello che Daisy vuole mostrarle, e quando alla fine lo vede la sorpresa è tale che la ragazza per poco non lascia cadere la tazza.

Daisy porta all’anulare un anello con incastonato un grosso diamante a forma di cuore.

Misty alza lentamente lo sguardo verso la sorella. «Daisy…?»

Daisy sorride.

«Sto per sposarmi!»



9.

La tazza che Misty teneva fra le mani precipita di schianto sul tavolo, senza ridursi in frammenti solo per via dei pochi centimetri che la separavano da esso. Una crepa sottile ne attraversa la superficie, e qualche goccia di latte si sparge sul piano di legno.

«Tu stai per che cosa?»

Il sorriso di Daisy si allarga ancora di più. «Sto per sposarmi!» ripete, eccitata «Bob me l’ha chiesto, ci sposeremo… dove sono Violet e Lily?»

«Lily è all’università.» risponde Misty quasi meccanicamente, senza staccare gli occhi dall’anello «E Violet è da quella sua amica, Anne. Non so quando torna.»

Ash guarda Daisy e sorride. «Beh, congratulazioni. Sono felice per voi.»

«Grazie!» gli occhi della giovane donna brillano. «Spero che Lily e Violet tornino presto… non vedo l’ora di dirlo anche a…»

Quasi che il desiderio di Daisy fosse stato esaudito prima ancora di venire completamente formulato, la porta principale dell’abitazione si apre e le voci di Violet e di qualcun altro che Misty non riconosce, probabilmente Anne, riempiono la casa.

Daisy corre via in direzione della porta. «Violeeet!»

Lo sguardo di Ash incrocia quello di Misty. La ragazza alza le sopracciglia.

«Cavolo, Daisy è già abbastanza svitata di suo.» commenta «Questa storia del matrimonio la farà uscire completamente di testa. Dai, andiamo a vedere. Non voglio perdermi la faccia che farà Violet!»



10.

…Cerulean City Gym. Ore 16.30…

Misty si avvicina ad Ash, con l’intenzione di restare un po’ da sola con lui. Non ne può più del caos creatosi in casa: Daisy è talmente su di giri che c’è da meravigliarsi che non esploda come un esperimento di scienze con le dosi sbagliate, e Lily e Violet sono completamente in palla. È praticamente impossibile parlare con loro per più di due secondi senza sentire la parola “matrimonio”.

Ash è seduto sul divano e sta sfogliando con noncuranza una rivista vecchia di almeno un paio di mesi. Con un sorriso, Misty si siede di fianco a lui e senza dire nulla lo bacia sulle labbra. O almeno ci prova.

Ash non la allontana da sé, ma quando la ragazza scosta le labbra dalle sue volta di scatto la testa.

«C’è qualcosa che non va?» chiede Misty, aggrottando le sopracciglia.

Ash si alza in piedi, chiudendo la rivista. Scuote la testa, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento. «No. È che mi sono ricordato di fare una cosa. Scusami.»

E con queste parole esce dalla stanza, lasciando una Misty del tutto ammutolita.



11.

…Cerulean City Gym. Ore 21.56…

Misty entra silenziosamente nella stanza di Ash, chiudendosi la porta alle spalle. Il ragazzo siede di fronte alla finestra, appoggiandosi al davanzale, e guarda fuori nonostante il buio impedisca di vedere qualsiasi cosa. Non si è accorto di lei.

Si è comportato in modo strano per tutto il giorno, dal momento in cui Misty ha nominato la giovane allenatrice di Pokèmon di nome May.

Ha cercato di convincere se stessa che Ash non le nasconderebbe qualcosa, nonostante l’abbia già fatto con Liz (…e nonostante lei l’abbia già fatto con la storia del suo tentativo di suicidio…); ma una parte di lei non è così disposta a fidarsi.

Si avvicina a lui senza parlare, e gli posa una mano sulla spalla. Ash sussulta, voltandosi di scatto verso di lei. Abbassa lo sguardo non appena i suoi occhi incrociano quelli della ragazza.

Misty si siede di fianco a lui. «Ti ho spaventato?»

«Non fa niente.» Ash si stringe nelle spalle, continuando a non guardarla.

«Ash.» Misty posa con dolcezza la mano su quella del ragazzo «Vuoi dirmi che cosa c’è che non va?»

Finalmente Ash alza lo sguardo verso di lei. «Non c’è niente che non va, davvero.»

Misty scuote la testa. «So che non è vero. Mi hai evitato per tutto il giorno. Per caso ho fatto qualcosa di sbagliato?»

«No, tu non hai fatto niente.» sospira Ash.

La ragazza aggrotta le sopracciglia. «Allora tu hai fatto qualcosa di sbagliato?»

L’hai fatto, eccome se l’hai fatto. E non so cosa sia, ma so che riguarda quella May.

Scuote la testa, cercando di impedire alla propria mente di continuare a formulare stupide accuse.

Ash sospira di nuovo. «E va bene. Adesso ti dico che cosa c’è. Ma tu promettimi che non dirai nulla fino a che non avrò finito di parlare, e che mi lascerai spiegare.»

Ha l’aria di una cosa terribilmente seria. «Okay. Prometto.»



12.

Il ragazzo abbassa lo sguardo. «Ricordi quella ragazza… May?»

L’avevo detto. L’avevo detto che centrava quella là.

Misty annuisce.

«Ieri ho… ho cercato di toglierti il reggiseno mentre ti baciavo. So che non dovevo farlo, e ti ho già chiesto scusa. Ma ieri sera, quando mi hai chiuso la porta in faccia…»

«Io non…» lo interrompe Misty. Ma Ash le posa un dito sulle labbra.

«Non una parola, ricordi?» la ammonisce, serio «Tu mi hai chiuso la porta in faccia, e io mi sono sentito da schifo. Sono uscito in giardino e c’era quella ragazzina, May. Mi sono seduto vicino a lei, solo per avere un po’ di compagnia. Abbiamo parlato un po’, e lei mi ha detto di essere triste perché odia la sua vita. Mi ha parlato di stelle e desideri e… e…»

Spalancando gli occhi, Misty ritira la mano posata su quella di Ash e si allontana istintivamente da lui. «L’hai baciata.» sussurra con un filo di voce.

Non è una domanda, ma un’affermazione. Ash si affretta a contraddirla. «No! No. Io non l’ho baciata. È stata lei a farlo.»

Una lacrima rotola giù dall’angolo di un occhio della ragazza. «E questo dovrebbe farmi sentire meglio?» chiede con la voce che trema, alzandosi in piedi di scatto.

Anche Ash si alza, e afferra la ragazza per le spalle, costringendola a voltarsi verso di lui. «Misty aspetta. Lasciami spiegare.»

«Perché dovrei farlo?» mormora piano la ragazza, cercando di non battere le palpebre per impedire alle lacrime di traboccarle dagli occhi.

«Perché te lo sto chiedendo.» sussurra Ash con dolcezza «Misty, per favore.»

Misty resta in silenzio. Le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance.

«Ascoltami.» Ash le prende con dolcezza il volto fra le mani «Io non l’avrei mai baciata, non avrei neanche mai pensato di farlo. È che lei si è presa questa specie di cotta per me, e ha iniziato a starmi appiccicata… e alla fine mi ha baciato. E io l’ho allontanata da me, immediatamente, Misty. Te lo giuro.»

La ragazza scuote la testa. «Che differenza fa?» chiede, con rabbia «Stai cercando di dire che lei ha avuto il tuo corpo ma non il tuo spirito, o qualche altra stronzata del genere? Dov’è la differenza?»

«La differenza è nel fatto che io non volevo baciarla.» Ash cerca di prenderle la mano, ma Misty si ritrae di scatto dal suo tocco, nascondendo la mano dietro la schiena.

«L’hai baciata. O lei ha baciato te o come ti pare. Le tue labbra hanno toccato le sue.»

Il ragazzo le posa una mano sulla spalla. «È vero, è così, ma…»

«Non mi toccare!» Misty si scosta da lui, indietreggiando fino a toccare la porta «Non voglio sentire le tue scuse.» scuote la testa «Io mi fidavo di te, Ash.»

«Misty…»

La ragazza scuote di nuovo la testa, interrompendolo. «Sta’ zitto. Due anni fa stare con te era il mio più grande desiderio, ma ora mi rendo conto che era tutto molto più bello quando eravamo solo amici.»

Ash le si avvicina, incredulo. «Stai dicendo che vuoi rompere con me?»

Misty si morde le labbra, senza riuscire a rispondere.

Il ragazzo la afferra di nuovo per le spalle, stavolta con rabbia. «Misty. È questo che stai dicendo?»

Misty sostiene il suo sguardo per pochi istanti, con lo sguardo fiero di un’amazzone; poi con un movimento brusco si libera della sua presa.

«Va’ a quel paese.» sibila, ed esce dalla stanza.



13.

Quasi senza riflettere, Misty si dirige verso la porta principale della casa e la spalanca, lasciando che l’aria fresca della notte le schiarisca le idee. Pochi attimi dopo qualcuno la afferra per un braccio e la costringe a voltarsi. I suoi occhi incrociano quelli di Ash.

«Dove vuoi andare? È buio fuori.»

Misty ritira di scatto il braccio. Per la verità non aveva intenzione di andare da nessuna parte, ma adesso decide di farlo solo per il piacere di contraddire Ash. «Ho sedici anni.» esclama rabbiosamente «Non mi serve una baby sitter.»

Esce, sperando ardentemente che Ash non la segua.

Non lo fa.

E Misty non può fare a meno di sentirsi delusa.



14.

…Cerulean City. Ore 23.54…

Misty osserva i propri piedi avanzare uno dopo l’altro sull’asfalto scuro, illuminato soltanto dalla luce giallastra dei lampioni. Ha dimenticato di prendere la giacca e adesso sta tremando di freddo; inoltre è anche lievemente spaventata all’idea di essere completamente sola nella città buia e apparentemente deserta.

Non vuole rompere con Ash. Non l’ha mai voluto e sicuramente non lo vorrà mai. Ma come può dirglielo dopo averlo mandato a quel paese?

Ash ha baciato May. O May ha baciato Ash, o comunque sia andata, non fa differenza… o forse sì? Forse Ash non voleva veramente baciarla. Forse l’ha veramente allontanata da sé. Ma allora perché non le ha detto chiaramente di sparire quando si è reso conto che gli stava troppo appiccicata?

Come posso fidarmi di te? Non mi avevi parlato di Liz. Non mi avevi parlato di lei e sicuramente non l’avresti ancora fatto, se non fosse comparsa davanti alla mia porta.

Come faccio a sapere che non mi hai mentito di nuovo?

Sospira. Forse dovrebbe tornare a casa e chiedergli scusa… ammesso che lui voglia ascoltarla. E ammesso che lei sia pronta a chiedere scusa.

Ti amo. Ma non so se posso fidarmi di te.

Un rumore metallico proviene da qualche punto alle spalle della ragazza, come se qualcuno avesse tirato un calcio ad una lattina di Coca cola. Spaventata, Misty si volta di scatto; ma dietro di lei non c’è nessuno.

Forse è stato semplicemente un gatto randagio che rovistava fra i rifiuti. Forse.

Continua a camminare. Ma non riesce a togliersi la sensazione di essere seguita.



15.

Un altro rumore. Diverso stavolta, come se qualcuno avesse calpestato una foglia secca o una pagina spiegazzata di giornale. Misty si volta di nuovo, lentamente stavolta, e i suoi occhi mettono a fuoco una figura umana, che la luce del lampione alle spalle fa apparire completamente nera.

Terrorizzata, Misty apre la bocca per urlare, ma non ne esce alcun suono. Nella sua mente un TG immaginario vomita immagini di ragazze stuprate, e poi magari pugnalate e lasciate a morire in mezzo alla strada.

Indietreggia. La figura muove qualche passo verso di lei, entrando nel riverbero di luce del lampione successivo. La luce ne definisce i contorni, facendolo apparire per quello che realmente è: non un maniaco stupratore di quarant’anni, ma un ragazzo sui diciotto con una sigaretta stretta fra i denti.

«Una bella ragazza come te non dovrebbe andare in giro da sola a quest’ora della notte.» dice, avvicinandosi a lei.

Misty lo osserva con gli occhi spalancati, senza riuscire a spiccicare una parola. È più alto di lei, ed è il genere di ragazzo che ovunque vada si lascia dietro una scia di cuori infranti: bello, muscoloso, occhi scuri e profondi e capelli biondi spettinati ad arte.

«E… e tu chi sei?» riesce infine a chiedere.

Il ragazzo fa scorrere lo sguardo sul suo corpo dal basso verso l’alto, fino a che i suoi occhi incrociano quelli di Misty. Si toglie di bocca la sigaretta, ormai ridotta ad un mozzicone, e se la lancia alle spalle senza preoccuparsi di calpestarla.

«Chiunque tu vuoi che io sia.»



16.

Misty sente una vampata di calore salirle alle guance, e ringrazia mentalmente il buio per non aver permesso a quell’attraente sconosciuto di notare quanto sia arrossita.

«Ethan.» si presenta lui, con un sorriso.

«Misty.» balbetta la ragazza, desiderando di non sentirsi così in imbarazzo.

Ethan estrae un pacchetto di sigarette da una delle tasche del giubbotto di jeans e se ne accende un’altra. Poi fa il gesto di offrire il pacchetto a Misty.

La ragazza scuote la testa. «Non fumo.» si giustifica, sorridendo «Ma grazie.»

«Come vuoi.» Ethan si strige nelle spalle, facendo sparire il pacchetto. «Allora, cosa fai in giro tutta sola?»

«È una lunga storia.» risponde la ragazza con falsa noncuranza. Senza rendersene conto ha ripreso a camminare, e adesso Ethan cammina al suo fianco.

Il ragazzo aspira una lunga boccata dalla sigaretta. «Ti va di raccontarmela?»

Misty sospira. «Ho litigato con il mio ragazzo.» mormora. «Ma non abbiamo rotto.» si affretta poi ad aggiungere, imbarazzata, pensando che Ethan possa credere che adesso sia libera.

Ethan le lancia un’occhiata strana. «Beh, scusa se lo dico, ma il tuo ragazzo dev’essere completamente fuori di testa, se lascia andare via una come te.»

«Lui è fantastico.» sussurra piano Misty «Sono io quella fuori di testa.»

Il ragazzo soffia fuori un anello di fumo dalle labbra. «Ti va di dirmi come mai?»

«Beh…» Misty sospira «Credevo di potermi fidare di lui. Ma stasera mi ha detto di aver baciato un’altra ragazza.»

Non è andata proprio così. O sì?

Ethan la guarda. «E come mai saresti tu quella fuori di testa?»

La ragazza si lascia cadere seduta su una delle panchine al lato della strada. «Ha cercato di chiedermi scusa. Non ho voluto ascoltarlo.» mormora, mentre Ethan si siede di fianco a lei «Lo amo da morire, ma non ho voluto ascoltarlo.»



17.

Ethan butta la sigaretta. «È comprensibile. Dopotutto eri arrabbiata con lui, no?»

«Sì…» Misty annuisce «…ma non è tutto qui. Gli ho detto delle cose terribili. Gli ho detto che era tutto molto più bello quando eravamo solo amici, e probabilmente è la verità, visto che adesso non facciamo altro che litigare. Ma era una cosa disgustosa da dire. E lui ha creduto che volessi rompere con lui, e quando me l’ha chiesto… io gli ho detto di andare a quel paese.»

«Ed è la verità? Volevi veramente rompere con lui?» chiede Ethan.

Misty scuote la testa. «No… io lo amo. Davvero. Ma quando eravamo solo amici andavamo d’accordo, più o meno. Adesso invece litighiamo continuamente.»

Il ragazzo la guarda. «Forse semplicemente voi due non siete fatti l’uno per l’altra.»

Misty scuote la testa, mentre un sorriso triste si dipinge sul suo volto. «No. Mi dispiace Ethan, ma questo non posso crederlo.»

«Okay. Allora forse siete fatti l’uno per l’altra, ma semplicemente non siete fatti l’uno per l’altra adesso.» dice Ethan.

E questo che vorrebbe dire?

«Voglio dire,» spiega Ethan, come se avesse intuito il suo pensiero «che forse voi siete destinati a passare insieme il resto della vostra vita, e forse fra qualche anno vi sposerete. Ma forse adesso lui è attratto da altre ragazze. E magari anche tu adesso potresti sentirti attratta da qualcun altro.»

Misty lo guarda.

Qualcun altro? Tu, intendi?

Lo intende eccome. Prima che Misty possa dire qualsiasi cosa, Ethan le si avvicina e per un attimo le sfiora le labbra con le proprie.



18.

Misty porta le dita a sfiorare le labbra. «Questo era perché…?» sussurra, con la voce ridotta ad un sussurro.

Ethan le sorride. Se l’è soltanto immaginato, o per un istante negli occhi del ragazzo è passato uno sgradevole lampo di malizia? «Perché mi andava di farlo.» dice « E perché sei bellissima.»

Le guance della ragazza avvampano di colpo. «Non è…»

Ethan le posa un dito sulle labbra per farla tacere, poi le prende il volto fra le mani e la bacia di nuovo. Misty cerca di rimanere rigida, ma poi il suo istinto ha il sopravvento e la ragazza si lascia andare. Misty ricambia il bacio di Ethan.

Lo sto facendo anch’io oh Dio non posso crederci lo sto facendo anch’io.

Il bacio di Ethan è dolce, fin troppo, quasi. Ma questo soltanto all’inizio. La dolcezza si trasforma in foga, in violenza. Le sta praticamente ficcando la lingua in gola.

«Ehi!» Misty cerca di allontanarsi da lui, ma Ethan continua a tenerla stretta. Con una mano le cinge la nuca impedendole di voltarsi, mentre l’altra mano scivola a toccarle il seno ed i fianchi, fino a scivolare all’interno dei jeans della ragazza.

«Lasciami!» la ragazza riesce a spingerlo via da sé, ma prima che riesca anche solo a cercare di scappare via Ethan la afferra per le spalle e la spinge con forza contro la parete di uno degli edifici che costeggiano la strada.

Il TG immaginario riprende a eruttare immagini nella mente di Misty non appena i suoi occhi incontrano quelli di Ethan, adesso ridotti a due fessure. In essi non c’è più alcuna traccia della dolcezza che poco prima il ragazzo le aveva mostrato, soltanto brama, desiderio… ferocia.

«Che cosa c’è, non ti va?» sibila Ethan «Non dovevi starci se non ti andava di andare fino in fondo.»

Continua a tenere Misty inchiodata alla parete con una sola mano, mentre con l’altra inizia a slacciarsi i pantaloni. Misty chiude gli occhi, troppo spaventata anche solo per riuscire a pensare, aspettando di sentire le mani di Ethan che le strappano i vestiti di dosso, e il suo membro che le affonda fra le gambe lacerando la sua innocenza.

Improvvisamente però Ethan ritira la mano. Il rumore di un pugno, ed un gemito.

Misty apre gli occhi. In tempo per vedere Ethan con una mano sul volto ed un rivolo di sangue che gli scende da un labbro… e, dietro di lui, Ash che ritira la mano stretta a pugno.



19.

«Nessuno può toccare la mia ragazza!» ruggisce Ash. Colpisce Ethan con un pugno in mezzo allo stomaco, e prima che il ragazzo abbia il tempo di reagire Ash gli sferra un calcio all’altezza delle palle. Ethan si piega in due.

Ash afferra Misty per un braccio, e la trascina via correndo.

«Vieni via sbrigati!»

Ash continua a correre fino ad aver messo fra loro ed Ethan almeno cinque o sei isolati, e Misty si limita a seguirlo quasi facendosi trascinare, ancora terrorizzata.

«Stai bene?» chiede Ash, fermandosi e voltandosi verso di lei.

Misty annuisce, tremando. Le lacrime prendono a scorrerle sulle guance e in pochi attimi si ritrova a singhiozzare come una bambina. Ash la abbraccia forte, tenendola stretta a sé.

«Shh.» sussurra, con dolcezza. «Va tutto bene. Adesso va tutto bene.»

La ragazza continua a piangere, nascondendo il viso sulla sua spalla. «L-lui mi ha baciata.» mormora con un filo di voce «E i-io ho baciato lui… m-mi dispiace…»

«Non importa.» Ash continua a tenerla stretta «Non ha la minima importanza.»

«Mi dispiace…» ripete la ragazza «…m-mi dispiace tanto…»

«Ehi.» Ash le prende con dolcezza il viso fra le mani e la bacia sulla fronte «Ho detto che non importa.»

Misty lo guarda. «Ash n-non voglio rompere con te.» singhiozza.

«Lo so.» Ash le prende la mano «Nemmeno io. Adesso andiamo via.»

Misty annuisce, iniziando a camminare al fianco di Ash. «Mi dispiace.» ripete ancora una volta, cercando di non scoppiare a piangere di nuovo. «Ti ho detto delle cose orribili soltanto perché tu mi hai detto che May ti ha baciato, e poi… e-e poi ho fatto qualcosa d-di molto peggio…»

Ash si volta verso di lei e scuote la testa. «Mi basta vedere che stai bene. Ascolta, adesso facciamo così: torniamo a casa e andiamo a dormire, tutti e due, tu nella tua stanza e io nella mia. E domani mattina, se lo vorrai, mi racconterai tutto. Okay?»

«Va bene.» sussurra Misty. Si volta a guardare Ash, e all’improvviso un pensiero nasce nella sua mente: è possibile provare per qualcuno qualcosa di ancora più profondo dell’amore?

Ash le sorride. E Misty decide che sì, è possibile.



20.

…Cerulean City Gym. Ore 9.30…

Misty si ferma davanti alla porta chiusa della stanza di Ash, chiedendosi se sia il caso di bussare. La sera precedente Ash è rimasto con lei finché non si è addormentata, e quando finalmente è riuscita a chiudere gli occhi doveva essere veramente tardi, le tre o le quattro del mattino come minimo. Forse adesso Ash sta ancora dormendo.

Colpisce tre volte la porta con le nocche, piano. Non riceve alcuna risposta. Allora apre la porta ed entra silenziosamente nella stanza.

Come aveva immaginato, Ash sta dormendo. Un piccolo sorriso nasce e svanisce fugacemente sulle labbra di Misty, quando vede che Ash dorme in una delle sue solite strane posizioni, esattamente come due anni prima. La coperta è per metà sul pavimento. Misty la raccoglie e la sistema delicatamente sul corpo del ragazzo.

L’ha trattato in modo orribile la sera prima, eppure lui è uscito a cercarla e l’ha salvata da un maniaco.

«Mi basta vedere che stai bene.»

E basta. Non si è arrabbiato con lei quando ha saputo che non solo Ethan l’ha baciata, ma anche che lei ha baciato lui. L’ha solo tenuta stretta a sé.

Si siede sul pavimento, di fianco al letto del ragazzo, con l’intenzione di restare nella stanza finché Ash non riaprirà gli occhi, anche se dovesse dormire ancora per ore.

Vuole essere la prima cosa che Ash vedrà.



21.

…due settimane dopo…

«Vuoi tu Bob Parker prendere la qui presente Daisy Waterflower come tua legittima sposa, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ed amarla e rispettarla finché morte non vi separi?»

Bob sorride. «Sì. Lo voglio.»

«E vuoi tu Daisy Waterflower prendere il qui presente Bob Parker come tuo legittimo sposo, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ed amarlo e rispettarlo finché morte non vi separi?»

Daisy, splendida nel suo abito bianco, guarda Bob e sorride.

«Sì.» sussurra «Lo voglio.»

«E adesso lo sposo può baciare la sposa.»

E mentre Daisy e Bob si scambiano un dolcissimo bacio di fronte all’altare, Misty si volta verso Ash, seduto di fianco a lei. Il ragazzo le cinge le spalle con un braccio.

Forse un giorno davanti all’altare ci saranno loro.



22.

…più tardi…

Daisy si volta di spalle, pronta a lanciare il buquet che, secondo la tradizione, dovrebbe indicare chi sarà la prossima a sposarsi. Misty sorride. Non che in questo ci sia qualcosa di vero, naturalmente; ma c’è da scommettere che Lily e Violet si accapiglieranno per prenderlo. E molto probabilmente non saranno le uniche.

Il mazzo di fiori volteggia in aria. E, senza che Misty faccia alcuno sforzo per afferrarlo, finisce dritto fra le sue braccia.

Le guance della ragazza si fanno scarlatte. Lentamente, Misty alza lo sguardo, e i suoi occhi incrociano quelli di Ash.

«Wow…» sussurra, con voce appena udibile.

Non è vero. Sono soltanto assurdità, no?

…No?



--CAPITOLO VIII--

--THE PRICE OF THE WISH--

«Ho fatto una scelta.»

1.

…Cerulean City Gym. Ore 22.05…

Misty si affaccia alla porta della stanza di Lily. La giovane donna, con indosso un paio di aderentissimi pantaloni di pelle nera ed un top che solo per miracolo non le lascia scoperto il seno, si sta abilmente coprendo le ciglia con una dose decisamente esagerata di mascara. Un trucco tanto pesante farebbe apparire ridicola qualunque altra ragazza; ma Lily sembra fare parte di una categoria a sé. Trovare qualcosa che non le doni e che non metta in risalto la sua bellezza è praticamente impossibile.

Misty sorride. «Esci stasera?»

La donna incrocia il suo sguardo nello specchio, sorridendo. «Esatto. Una ragazza che sta al campus dà una festa. Veramente io non la conosco, ma conosco un tizio che conosce lei. E lui mi ha invitata. A proposito, sai dov’è Violet?»

«È di nuovo da quella sua amica, Anne.» risponde distrattamente Misty, facendo scorrere lo sguardo sull’incredibile numero di vestiti sparsi in giro per la stanza della sorella. «Ha detto che avrebbe passato la notte da lei. Non chiedermi cosa facciano quelle due per tutto questo tempo, perché non ne ho idea.»

Lily inarca le sopracciglia. Evidentemente non le va molto a genio che Misty e Ash restino completamente soli in casa fino al mattino successivo. «Violet è in casa?»

«No, te l’ho appena detto.» Misty spalanca gli occhi «È da Anne.»

«Oh.» mormora Lily, trovandosi quasi a desiderare che Daisy non si fosse trasferita nell’appartamento di Bob.



2.

«Non preoccuparti.» sospira Misty, intuendo i pensieri della sorella «Non serve che una di voi resti a controllare me e Ash.»

Finalmente soddisfatta del proprio aspetto, Lily regala un sorriso alla propria immagine nello specchio; poi si dirige verso la porta, lasciando dietro di sé una nuvola di profumo. Quando passa vicino a Misty tende una mano ad accarezzare i capelli di quella che, nonostante sia ormai quasi una donna, dopotutto è ancora la sua sorellina.

«Allora divertiti.» dice, sorridendo «E cerca di non fare niente che io non farei.»

«Oh, sicuro.» Misty alza le sopracciglia «Promemoria: non fare sesso sul tavolo della cucina con conosciuto cinque minuti fa.» la prende in giro, alludendo ad una recente avventura della sorella.

Le guance di Lily si fanno scarlatte. «C-come fai a saperlo?» balbetta, imbarazzata.

Misty sorride, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. «Me l’ha detto Violet.»

«Violet morirà.» dichiara Lily, voltandosi per dare un’ultima fugace controllata al proprio riflesso.

«Attenta. Se uccidi Violet poi non avrai più nessuno che resti qui a controllare quello che faccio.» sempre sorridendo, Misty si dirige verso la propria stanza. «Beh, divertiti anche tu.»



3.

Appena è certa che la sorella sia uscita, Misty si volta e invece di dirigersi verso la sua stanza bussa alla porta di quella di Ash. Il ragazzo le apre con un sorriso e la ragazza gli circonda le spalle con le braccia, intrecciando le dita dietro la sua nuca.

«Lily è andata via.» sussurra, sorridendo sensualmente.

«Bene.» mormora Ash, e la bacia.

Misty lo guarda con i suoi grandi e bellissimi occhi verdi, atteggiando scherzosamente le labbra in un irresistibile broncio. «Beh? Non mi fai entrare?»

Ash le sorride. «Ma certo.» sussurra, prendendola per mano.

La ragazza lo segue nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Ash la guida verso il proprio letto, e si siede di fianco a lei riprendendo a baciarla e accarezzandole con dolcezza i capelli.

«Ti amo.» sussurra Misty, staccando a malapena le labbra da quelle del ragazzo. Ash la tiene stretta a sé, scendendo a baciarla alla base del collo.

Un brivido percorre la schiena della ragazza che, adesso completamente abbandonata a lui, non fa alcun tentativo di fermarlo.

«Ti amo anch’io.» mormora Ash, baciandola di nuovo sulle labbra.

Non solo ti amo. Ti voglio mia.

Le mani della ragazza accarezzano la schiena di Ash, le sue dita si serrano attorno al tessuto della sua maglietta. Si tiene stretta a lui, i suoi seni premono contro il petto del ragazzo, mentre le mani di lui scivolano ad accarezzarle i fianchi.

Ash continua a baciarla. Il tocco delle sue labbra riesce ad essere incredibilmente dolce e allo stesso tempo avido, forte. Misty sente il battito del proprio cuore rimbombarle nel petto, mentre l’adrenalina scorre nel suo sangue con tanta intensità da darle quasi il capogiro. Non ha mai provato niente del genere con Rick, e allora credeva di amarlo.

Se quello era amore, questo allora che cos’è?

Non ha una risposta a questa domanda. Ma un altro pensiero nasce nella sua mente, e la ragazza si ritrova a desiderarlo tanto quasi da far male.

Posa le mani sul volto di Ash, allontanandolo da sé quanto basta per poterlo guardare negli occhi, non un centimetro di più.

«Ash…»

Il ragazzo la guarda senza capire, in attesa.

Misty lo bacia sulle labbra. «…chiudi gli occhi.» sussurra.



4.

Ash esegue. Misty lo prende per mano e si alza in piedi.

«Vieni con me.» sussurra, piano.

Senza aggiungere nient’altro lo guida fuori dalla stanza, e poi fino alla porta sul lato opposto del corridoio. È la stanza di Daisy, o meglio era la stanza di Daisy. Misty apre la porta. Il grande letto a due piazze in cui la giovane donna dormiva è coperto da leggere lenzuola rosse.

Misty guida Ash fino al letto e lo fa sedere.

«Posso aprire gli occhi ora?» chiede il ragazzo.

Misty sorride. «Non ancora.» sussurra. E si sfila la maglietta, rimanendo in reggiseno.

Guarda Ash. «Adesso puoi.»

Il ragazzo apre gli occhi. E la sorpresa che prova è tale da lasciarlo senza fiato, letteralmente. Spalanca gli occhi.

«Misty.» mormora «Cosa…?»

La ragazza gli posa un dito sulle labbra, per farlo tacere.

«Shh.» sussurra. Un sorriso si dipinge sul suo volto.

Guarda Ash.

«Ho fatto una scelta.»



5.

Misty si piega verso Ash. I capelli le ricadono in avanti ai lati del volto, e sfiorano il collo e le spalle di Ash quando la ragazza gli cinge la vita con le braccia e fa scivolare le mani sulla sua schiena, sotto la sua maglietta; poi le sue dita si stringono attorno all’orlo di quest’ultima.

Gli occhi verdi di Misty, profondi come non mai, incontrano quelli di Ash.

«Vuoi farlo?»

Ash annuisce, ancora del tutto incapace di parlare. Misty sorride e gli sfila la t-shirt, facendo poi scorrere le mani calde sui muscoli forti del suo torace.

Le dita del ragazzo raggiungono l’orlo dei pantaloni di Misty e lo fanno scivolare giù, fino alle ginocchia e alle caviglie e infine ai piedi nudi della ragazza. Le mani di lei, leggermente tremanti, slacciano i suoi jeans.

Ash non riesce a trattenersi dal baciarla, sulle labbra, fra i capelli, sul collo, tenendola stretta a sé. Le sue mani accarezzano la schiena liscia della ragazza, e incontrano l’allacciatura del suo reggiseno.

Misty si tiene stretta a lui, lasciandosi cadere sdraiata sulle lenzuola rosse e trascinandolo con sé. Ash le toglie il reggiseno, mettendo a nudo i suoi seni candidi, sodi, dai capezzoli scuri e tesi.

Li prende fra le mani, accogliendoli fra le dita. Le mani della ragazza indugiano per qualche istante sull’orlo dei suoi boxer, poi li fanno scivolare via.

Ash accarezza i fianchi della ragazza, sentendo il pene indurirsi fin quasi a far male.

Lentamente, quasi timidamente, le sfila gli slip.

Misty, nuda e meravigliosa fra le sue mani inesperte, lo bacia sul petto. Non riuscendo a trattenersi ancora, Ash la afferra per le spalle, voltandosi in modo da trovarsi sopra di lei. Ancora una volta i loro sguardi si incrociano, poi Ash la penetra con dolcezza, affondando in lei.

Misty piega la testa all’indietro, lasciandosi sfuggire un piccolo gemito, e istintivamente solleva i fianchi per venirgli incontro.

È quando Ash la penetra una seconda volta che il primo orgasmo della sua vita la travolge, strappandole di dosso anche l’ultimo velo di innocenza e lasciandola, nuda, fra le lenzuola rosse come la passione.



6.

…Cerulean City Gym. Ore 9.30…

Il mattino successivo, Misty si sveglia con il capo posato sul petto di Ash. Lentamente, il suo volto si schiude in uno splendido sorriso.

«Buongiorno amore.» sussurra Ash, accarezzandole piano i capelli.

Misty spalanca gli occhi. Amore. È la prima volta che Ash la chiama così. Alza la testa, e i suoi occhi incrociano quelli del ragazzo. Si piega verso di lui per baciarlo.

«Buongiorno.» sussurra. I suoi capelli accarezzano il viso di Ash.

Il ragazzo le circonda la vita con le braccia e la tiene stretta a sé, senza dire niente.

Misty torna a posare la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Sente il battito lieve del suo cuore sotto la sua pelle. Sorride.

«È stato bello…» mormora.

Ash gioca con i suoi capelli, facendo scorrere le dita fra le ciocche fulve e soffici. «Di più.» sussurra «È stato stupendo.»

«Lo sai che ti amo?» sorride Misty, alzandosi in modo da poterlo vedere negli occhi, e trovandosi così sopra di lui.

Il ragazzo le prende il viso fra le mani e la attira a sé per baciarla. «Non quanto ti amo io.» sussurra, un attimo prima di sfiorare le labbra di Misty con le proprie. Poi la bacia, con tutta la passione di cui è capace.

Misty si alza a sedere, stringendosi le lenzuola rosse attorno al corpo, e lancia una rapida occhiata alle cifre luminose della sveglia digitale sul comò. Poi, con un bellissimo sorriso sulle labbra, si volta verso Ash. «Credo che restare qui non sia una buona idea.» sussurra «Non credo che Violet sia ancora tornata, ma lo farà pres…»

Prima ancora che Misty abbia finito di parlare, il rumore della chiave che ruota nella toppa della porta principale dell’abitazione le giunge alle orecchie. Misty spalanca gli occhi. «Oh cavolo…»



7.

Facendo cenno ad Ash di tacere, Misty si alza dal letto continuando a tenere le lenzuola strette attorno al corpo, e accosta l’orecchio alla porta per cercare di stabilire dove si trovi Violet. Una goccia di sudore gelido le scende lungo la schiena quando sente il ticchettio dei tacchi delle scarpe della sorella avanzare nel corridoio, avvicinandosi alla porta.

Dio ti prego fa’ che non apra. Fa’ che…

I passi si allontanano. Violet si sta dirigendo verso il bagno. Misty tira un sospiro di sollievo, poi si volta verso Ash, che nel frattempo e riuscito a rimettersi i pantaloni.

Dal bagno giunge lo scroscio della doccia. Misty raccoglie tutte le sue cose dal pavimento, poi con cautela apre la porta. Via libera. Facendo cenno ad Ash di seguirla, esce nel corridoio, chiudendosi la porta alle spalle.

Ash raggiunge la porta della propria stanza. Misty lo bacia velocemente sulle labbra, poi corre via.



8.

…qualche minuto dopo…

Misty osserva la propria immagine nello specchio, cercando di stabilire se ci sia qualcosa di diverso in lei, adesso. Ma lo sguardo che ricambia il suo è lo stesso di sempre, forse solo un po’ più vivo del solito.

Ha messo una particolare cura nel vestirsi, scegliendo un paio di jeans chiari e aderenti e una camicetta color caffellatte annodata sul davanti, che le mette in evidenza il seno. Ed ha lasciato i capelli sciolti sulle spalle, a sfiorarle le scapole.

Le lenzuola rosse di Daisy giacciono in un angolo in un groviglio disordinato, assieme ai vestiti che indossava la sera precedente. Misty regala un sorriso alla propria immagine nello specchio, domandandosi se sia accaduto per davvero.

Prima d’ora non aveva mai creduto che potesse esistere qualcosa di tanto vivificante quanto lo è il sesso. Ripensa a quello che ha provato quando Ash è entrato in lei, chiedendosi se esistano parole per descrivere quell’esplosione di sentimenti. È stato come disperdersi del nulla, una specie di morte… sì, probabilmente è la descrizione migliore che il suo cervello riesce a formulare: fra le braccia di Ash, ha conosciuto la morte e la rinascita.

Sorride. Poi esce dalla stanza, avendo però prima cura di nascondere con un calcio le lenzuola rosse sotto il proprio letto. Più tardi, cercherà di andare a dare una sistemata alla stanza della sorella; per ora può soltanto sperare che Violet non debba entrarvi per nessun motivo.



9.

Ash siede al tavolo della cucina, dandole le spalle, e sfoglia un giornale con l’aria di non prestare la minima attenzione a quanto riportato sulle pagine. Sorridendo, Misty si avvicina silenziosamente a lui e lo abbraccia da dietro, baciandolo su una guancia.

Il ragazzo si volta verso di lei per baciarla, rimanendo totalmente rapito dalla sua bellezza. «Sei uno schianto.» sussurra, prendendole il volto fra le mani.

Misty lo bacia. Poi afferra una delle sedie vuote e la colloca il più vicino possibile a quella di Ash. Il ragazzo le circonda le spalle con un braccio, lasciando definitivamente perdere il giornale.

«Ash…» la ragazza posa la testa sulla sua spalla, arrossendo lievemente «…stanotte è stato… bellissimo, davvero…»

Ash la tiene stretta, sfiorandole i capelli con un bacio.

«Anche per me.» sussurra.



10.

…due settimane dopo. Cerulean City, dintorni casa di Anne. Ore 21.35…

L’auto nera, regalo di Lily per il suo diciottesimo compleanno, accosta al marciapiede sfiorandolo appena. Violet spegne il motore e scende dalla macchina, dirigendosi verso il portoncino di ciliegio di una delle case che costeggiano la strada.

Suona il campanello. Dall’interno della casa provengono prima lo squillo attutito, poi i passi di qualcuno.

Anne apre la porta. È stupenda, come sempre. Porta un top beige chiaro ed una gonna lunga color cioccolato, decorata con ricami geometrici. I lunghi capelli biondi sono sciolti sulle spalle, trattenuti all’indietro su un lato da una molletta dello stesso colore della gonna.

I suoi bellissimi occhi azzurri si illuminano quando incontrano quelli di Violet.

«Ciao…» la saluta, balbettando lievemente «…n-non ti aspettavo stasera…»

Violet sorride. «Volevo vederti.» si giustifica «Pensavo che potremmo andare a fare un giro; ti va?»

Anne sorride, facendo cenno di sì con il capo. Violet attende che abbia recuperato le chiavi in corridoio e chiuso la porta alle proprie spalle.

Poi la prende per mano.



11.

…Cerulean City Gym. Ore 22.00…

Dietro la porta chiusa del bagno, Misty si lascia cadere seduta sul bordo della vasca, appoggiando la fronte ai palmi delle mani.

Le sue mestruazioni sono in ritardo di più di una settimana, e lei è sempre stata regolare come un orologio.

Un pensiero prende definitivamente forma nella sua mente, lo stesso pensiero che per otto lunghi giorni ha cercato di scacciare, sforzandosi di negare l’evidenza.

Ash non ha usato il preservativo.

Dio. Possibile che sia rimasta incinta? Se non altro spiegherebbe il suo ritardo.

Ovviamente sa benissimo che facendo sesso senza protezioni c’è il rischio di rimanere incinta, ma non aveva veramente pensato che potesse accadere… non per davvero. E soprattutto non a lei.

«Cazzo…»

Improvvisamente ricorda di aver visto, tempo prima, la scatoletta di un test di gravidanza in uno dei cassetti del bagno. Forse è ancora lì.

Si alza in piedi e, con le mani che le tremano, apre uno dopo l’altro i cassetti del mobile bianco posto di fianco al lavandino. Ed ecco infatti la scatola, ancora lì, nascosta fra le cose di Violet. Misty la prende fra le mani, incerta sul da farsi.

Si morde le labbra. Nascondendo la mano dietro la schiena raggiunge la porta e la apre di uno spiraglio; poi, dopo essersi assicurata che in giro non ci sia nessuno, porta la scatola nella sua stanza.



12.

…qualche minuto dopo…

Misty trattiene il fiato alla vista del colore assunto dal tesserino, che per poco non le sfugge dalle dita tremanti. Ha seguito le istruzioni alla lettera, non è possibile che abbia commesso qualche errore. Chiude gli occhi, sperando vivamente che si tratti di un’allucinazione, o qualcosa del genere. Dopotutto non sarebbe la prima volta che le capita. Tuttavia, quando li riapre il colore non è cambiato.

È ancora rosa.

Si lascia sfuggire dalle mani il tesserino, che finisce sul pavimento. Misty non se ne cura. A passi leggermente malfermi raggiunge il letto e vi si lascia cadere sopra di schianto, prendendosi la testa fra le mani.

Sono incinta. Sono…

Si chiede come accidenti riuscirà a dirlo ad Ash. E, cavolo, come farà a dirlo alle sue sorelle? Come potrà dir loro che la loro innocente, candida, ingenua sorellina minore non solo ha fatto l’amore con il suo ragazzo, ma che aspetta un bambino?

Tremando, apre la porta della stanza e attraversa il corridoio, appoggiandosi con la mano alla parete come se temesse di finire da un momento all’altro lunga distesa sul pavimento. Continua a camminare fino a raggiungere la porta principale dell’abitazione e la spalanca, affacciandosi sulla notte illuminata solo dalla luce dei lampioni.

Tira un lungo respiro, assolutamente incapace di pensare in modo coerente.

Lentamente fa scorrere gli occhi su quella piccola porzione di Cerulean City. Il suo sguardo viene catturato da una serie di movimenti sotto uno dei lampioni che costeggiano la strada. Lì, a non più di dieci metri da lei, una coppietta si sta baciando; e l’atmosfera ha l’aria di essere piuttosto calda. Misty impiega qualche istante per rendersi conto che si tratta di due ragazze.

Una di loro, l’unica che riesce a vedere bene, ha lunghi capelli biondi e indossa una gonna di un marrone caldo, lunga quasi fino a terra. Una consapevolezza si fa strada nella mente di Misty.

Ma è Anne!

Anne. L’amica di Violet. Si chiede se sua sorella sappia o meno che la ragazza con cui trascorre buona parte del suo tempo abbia una così spiccata preferenza per il genere femminile.

L’altra ragazza, quella che Misty non è riuscita a riconoscere, spinge Anne contro il lampione. La luce di quest’ultimo illumina il suo volto, rivelandone senza ombra di dubbio ogni sconcertante dettaglio.

Misty spalanca gli occhi, dimenticando per un attimo l’esito del test di gravidanza.

Violet! Ma è Violet!

Misty resta ancora per pochi istanti a fissare la sorella, il tempo necessario a riprendere coscienza di sé stessa. Poi corre via.



13.

Violet si stacca da Anne, voltandosi in tempo per vedere Misty scomparire all’interno della casa sbattendosi con forza la porta alle spalle.

«Era una delle tue sorelle?» chiede la voce preoccupata di Anne, dietro di lei.

Violet annuisce, senza parlare.

«Quale delle tre?»

«Misty. La più giovane.» Violet si passa una mano fra i capelli «Accidenti, non volevo che lo scoprisse così.»

Le dita calde di Anne si insinuano fra le sue. «Forse dovresti andare a parlarle.»

Violet scuote la testa. «Non la conosci. Non mi ascolterebbe mai.»

«F-forse dovresti fare un tentativo.» mormora Anne, insicura.

Con un sospiro, Violet si volta verso di lei. «Anne… tu cosa penseresti se avessi appena sorpreso tua sorella maggiore, una delle persone di cui ti fidi di più al mondo, e che soprattutto consideri assolutamente eterosessuale, impegnata a baciare un’altra ragazza?»

Anne abbassa lo sguardo. «Non credo che vorrei parlare con lei.»

«Appunto.»

«Ma credo che dovresti provarci comunque.» puntualizza Anne. I suoi irresistibili occhi blu si fissano in quelli di Violet, imploranti. «Ti prego, adesso vai a parlare con lei. Consideralo un… un f-favore personale.»

«D’accordo.» Violet sospira di nuovo «Ma solo perché me lo chiedi tu.»



14.

Misty si siede a gambe incrociate sul letto, senza riuscire a credere a quello che ha appena visto. Le viene da chiedersi se l’intera serata non sia soltanto un parto della sua immaginazione, o magari un sogno cretino. Era già abbastanza assurdo scoprire di essere incinta. Vedere Violet, sua sorella Violet, intenta in una lesbo pomiciata con la sua presunta migliore amica Anne praticamente davanti alla porta di casa è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Qualcuno bussa alla porta. In preda al panico, Misty si rende conto che la scatola del test di gravidanza è ancora sul pavimento. La fa sparire rapidamente, infilandola sotto al letto e nascondendola con un lembo del lenzuolo.

«Misty? Posso entrare? Sono io, Violet.»

Misty lancia uno sguardo di odio in direzione della porta. «Va’ via!»

Violet entra ugualmente. Raggiunge Misty e si siede di fianco a lei sul letto sfatto, accavallando le gambe sensualmente fasciate da un paio di collant neri. «Misty ascolta… quello che hai visto prima non era…»

Misty la guarda, i suoi occhi verdi sono freddi come il ghiaccio.

La giovane donna abbandona la testa all’indietro, con un sospiro. «Oh, al diavolo. Va bene, sono omosessuale. Sono lesbica. Non è qualcosa che stessi cercando, è solo che… è potente. Ed è diverso da qualunque cosa che avessi sperimentato prima.»

Misty si morde le labbra. «Quando avevi intenzione di dircelo?»



15.

«Non lo so.» Violet si avvolge nervosamente una ciocca di capelli attorno ad un dito, a disagio. «Ma l’avrei fatto, prima o poi.»

«Lily lo sa?» chiede Misty.

Violet scuote la testa. «Non lo sa nessuno. Solo io… e Anne.»

Misty volge lo sguardo in direzione della porta, aspettandosi di vedere la bionda amante di sua sorella intenta ad origliare. Ma in corridoio non c’è nessuno. «Dov’è? Anne, voglio dire.»

Violet si alza in piedi e si dirige verso la porta. «L’ho lasciata in strada… è meglio che torni da lei prima che mi dia per dispersa.» si volta verso Misty «Sei arrabbiata con me ora?»

Misty fa cenno di no con il capo. «No. Tu sei mia sorella. Ti voglio bene, e se stare con una ragazza è quello che vuoi, allora cercherò di abituarmi all’idea. Solo, penso che avresti almeno dovuto dircelo.»

«Lo so.» Violet si ferma, con la mano sulla porta «Mi dispiace.»

Misty sorride. «Lascia stare.»

Violet si dirige di nuovo verso Misty, e si china su di lei per abbracciarla. «Grazie.»

Scoppia a ridere quando i suoi occhi incrociano quelli di Misty. «Non preoccuparti. Non ci sto provando con te.»

Misty alza un sopracciglio. «Lo credo bene…»

Ridendo, Violet raggiunge la porta. «Adesso torno da Anne. Ormai si starà chiedendo che fine abbia fatto.»

Solo quando Violet se n’è andata Misty si accorge che, sedendosi, la sorella ha spostato col piede il lembo di lenzuolo che nascondeva la scatola, peraltro adesso perfettamente in vista. Se solo Violet avesse lanciato un’occhiata di sfuggita sotto il letto, non avrebbe potuto non vederla.



16.

…Cerulean City Gym. Ore 10.45…

Ash si affaccia alla porta della stanza di Misty. La ragazza, stesa sul letto con le ginocchia strette al petto, non si volta verso di lui.

«Posso entrare?»

Misty si limita ad annuire. Ash entra nella stanza e si siede sul letto, iniziando ad accarezzarle con dolcezza i capelli. «Stai bene?»

«P-per favore vai via.» mormora Misty, con la voce che trema.

Ash continua ad accarezzarle i capelli. «Vuoi dirmi cosa c’è che non va?»

Con un sospiro, la ragazza si tira su a sedere. Stupito, Ash si rende conto che i suoi occhi sono lucidi di lacrime.

«Okay.» mormora la ragazza «P-probabilmente non ti piacerà quello che sto per dirti quindi… cercherò di dirlo tutto d’un fiato. Ash…»

Si blocca, senza riuscire a continuare.

Ash la guarda, tenendo i suoi occhi scuri e incredibilmente profondi fissi nei suoi.

La ragazza si sforza di sostenere il suo sguardo.

«Sono incinta, Ash.»



17.

Ash trattiene il respiro. «Oh Dio.» mormora, dopo una manciata di secondi.

«Sono incinta.» ripete Misty, rendendosi conto di come dirlo ad alta voce renda tutto molto più reale.

Lo sguardo di Ash si posa involontariamente sul ventre della ragazza. Si affretta ad alzare gli occhi verso il suo volto, imbarazzato. «Sei… sicura?» è tutto quello che riesce a dire.

Misty annuisce. «Ho fatto un test di gravidanza.»

«Cristo.» mormora Ash. Prende Misty fra le braccia e la tiene stretta a sé. «Andrà tutto bene, stai tranquilla.» sussurra, cullandola dolcemente «Andrà tutto bene.»

«N-non so se voglio il bambino.» mormora Misty, sul punto di scoppiare in lacrime.

«Vuoi abortire?» chiede Ash. Non c’è rimprovero nelle sue parole, solo tanta dolcezza.

Misty scoppia in singhiozzi, nascondendo il viso sulla spalla del ragazzo. «I-io non lo so… non p-posso dire alle mie sorelle del bambino, mi ucciderebbero! E ucciderebbero anche te.»

Ash la abbraccia forte.

“Sono incinta”. Non “Mi hai messa incinta”. Come se la colpa non fosse sua.

«Mi dispiace.» sussurra, rendendosi però conto di quando quelle parole, dette adesso, possano suonare cretine e inutili.

La ragazza si tiene stretta a lui. «È stata colpa mia, Ash.» mormora, piano «Sono stata io a voler fare l’amore.»

«Avrei dovuto usare il preservativo.» Ash le prende il volto fra le mani, allontanandola da sé quanto basta per poterla vedere in viso. «Misty, ascoltami. Ti prometto che andrà tutto bene. Si sistemerà tutto.»

Misty scuote la testa, abbassando lo sguardo. «No. Non si sistemerà niente. Per favore Ash… lasciami sola adesso.»

Il ragazzo annuisce. Si piega verso di lei e la bacia sulla fronte. «Okay.» sussurra con dolcezza «Come vuoi tu. Se hai bisogno di qualcosa però chiamami, d’accordo?»

Misty annuisce. E mentre osserva Ash che esce dalla stanza, un’idea prende lentamente forma nel suo cervello.

Una possibilità. Una soluzione. Atroce, terrificante.

Definitiva.



18.

…Cerulean City Gym. Ore 11.35…

Misty osserva l’immagine che dallo specchio ricambia il suo sguardo, con l’impressione di essere tornata indietro nel tempo di due anni. Allora era soltanto una ragazzina appena quattordicenne; adesso, nonostante siano passati due anni, sembra che il suo equilibrio mentale non si sia affatto stabilizzato.

Ha la tentazione di scoppiare in una risata aspra. Certo, sarebbe un’ottima madre per il suo bambino. Una madre mentalmente instabile, completamente fuori di testa. E con forti istinti suicidi.

Avvicina la lametta alle vene del polso. Non può essere così difficile, in fondo c’è già riuscita una volta. Ma la mano le trema, ed è certa che se non lo fa adesso, non ne avrà mai più il coraggio. Aumenta la pressione della lama sulla pelle fin quasi a farla penetrare nella carne.

Qualcuno bussa alla porta. Senza bisogno di aprire per controllare, Misty capisce che si tratta di Ash. Deve averla vista chiudersi in bagno, in lacrime, e sicuramente ha intuito quello che ha intenzione di fare.

«Misty?»

La ragazza non risponde.

«Misty, posso entrare?»

Misty abbassa lo sguardo sulla lametta premuta contro le vene del suo polso. Balbetta la prima scusa che la sua mente riesce a formulare. «S-sto facendo la doccia.»

Ash non si lascia ingannare. «Non sento scorrere l’acqua.»

Misty sospira. «Sono nuda.»

«Ti ho già vista nuda. Misty, che cazzo stai facendo?»

Silenzio.

«Misty! Rispondimi. Non ci stai riprovando, vero?»

Nessuna risposta.



19.

Ash colpisce la porta con un pugno. «Misty, accidenti! Vuoi rispondermi?»

«Vai via!» urla la ragazza, in direzione della porta.

«Dimmi che cazzo stai facendo o giuro che butto giù la porta!»

Misty non risponde.

«Va bene, l’hai voluto tu.» Ash colpisce la porta con una spallata.

Di nuovo. La serratura cede, la porta si spalanca.

Ash si precipita nella stanza e afferra la mano destra di Misty, costringendola ad allontanarla dal polso e cercando di farle mollare la lametta. La ragazza continua a tenerla stretta fra le dita, divincolandosi.

«Lasciami! Mi fai male!»

«Misty, porca miseria!» Ash le storce il polso all’indietro. La ragazza lancia uno strillo di dolore, ma lascia cadere la lametta. Il piccolo pezzo di metallo tagliente cade tintinnando nel lavandino.

Ash afferra Misty per le spalle. «Non provare mai più… e ho detto mai più… a fare una stronzata del genere, chiaro?» ringhia, scuotendola «Come accidenti fai ad essere così egoista?»

La ragazza sbatte le palpebre. Due lacrime le rotolano sulle guance. «Egoista? C-che stai dicendo?»

«Andiamo! Tu hai creduto per due anni che io fossi morto. Sai bene quanto si sta male se si perde la persona che si ama più di ogni altro al mondo. Vuoi che io provi quello che hai provato tu? È questo che vuoi? Dio, ma come fai ad essere così stronza?»

Misty scoppia a piangere. «M-mi dispiace Ash… è s-solo che… questa m-mi è sembrata l’unica soluzione possibile…»

Il ragazzo continua a tenerla per le spalle, ma l’espressione del suo volto si addolcisce visibilmente. Anche la sua presa si rilassa. «Non lo è. Non è l’unica soluzione possibile, questo non devi pensarlo nemmeno per un attimo.» scuote la testa «Io non voglio perderti, Misty.»

La circonda con le braccia e la tiene stretta a sé, forte.

«I-io non voglio abortire.» singhiozza Misty «Ma non posso dire alle mie sorelle del bambino!»

«Glielo diremo insieme.» Ash continua a tenerla stretta «Si sistemerà tutto, vedrai. Andrà tutto bene. Possiamo tenere il bambino. Possiamo sposarci.»

Misty scuote la testa. «Siamo m-minorenni…»

«Possiamo rivolgerci al tribunale dei minori.» Ash la libera dall’abbraccio e la guarda negli occhi. «Misty… non era certo in una situazione così che speravo di farlo, e non ho nemmeno un anello, ma…»

La ragazza lo fissa con gli occhi spalancati. «Ma di che stai…?»

Sotto i suoi occhi esterrefatti, Ash si inginocchia sul pavimento davanti a lei.

«Misty…» sussurra «…vuoi sposarmi?»



20.

Misty lo guarda senza parlare. Solo dopo una manciata di secondi riesce a riprendere sufficientemente il controllo di se stessa per annuire, quasi impercettibilmente.

«Sì…» sussurra con un filo di voce «…sì, voglio sposarti… ma… le mie sorelle…»

«Al diavolo le tue sorelle.» Ash si rialza, la abbraccia di nuovo, tenendola stretta «Non ci fermeranno. Misty… finché siamo insieme possiamo fare qualsiasi cosa.»

Una lacrima scende di nuovo sul volto della ragazza. «Questa è… la cosa più bella che qualcuno mi abbia mai detto, Ash.»

Il ragazzo la bacia sulle labbra. Poi si sposta alle sue spalle e la abbraccia da dietro, posandole le mani sul ventre.

«È nostro figlio.» sussurra «Il nostro bambino.»

Misty posa le mani esili su quelle grandi e forti di Ash. E finalmente sorride.



21.

…Cerulean City Gym. Ore 14.30…

«Che succede? Perché chi avete fatto venire qui?»

Lily siede rigida sul divano, di fianco a Violet. Ash e Misty sono in piedi di fronte a loro. Nessuno dei quattro occupanti della stanza ha l’aria di trovarsi a suo agio in quella situazione.

Ash cinge con un braccio le spalle della ragazza.

«Devo dirvi una cosa.» sussurra Misty «Una cosa che sicuramente non vi piacerà.»

Silenzio. Misty chiude gli occhi per un attimo, desiderando di potersi sottrarre alle due paia di occhi insistentemente fissi su di lei.

«Allora?» insiste Violet.

Misty deglutisce. «S-s-sono incinta.»



22.

L’espressione sul volto di Lily passa dall’incredulità più assoluta alla rabbia. Senza indugiare oltre si alza dal divano, raggiunge Misty e le sferra uno schiaffo ben assestato sulla guancia, con violenza tale da farle voltare la testa di lato.

Misty porta una mano al volto, dove già stanno comparendo i segni rossi lasciati dalle dita della sorella. Una lacrima le scivola sulla guancia.

Ash si pone fra lei e Lily. «Non prendertela con lei. È stata colpa mia.»

La giovane donna lo guarda con odio. «Tu non osare difenderla, chiaro?» sibila «Anzi sparisci immediatamente dalla mia vista o giuro davanti a Dio che ti butto fuori da questa casa a calci.»

«Lily no.» Violet si avvicina alla sorella e le posa una mano sulla spalla. È anche lei visibilmente scossa, ma non sembra arrabbiata o infuriata. «Non prendertela con loro, per favore. D’accordo, hanno sbagliato a non usare una protezione, ma non puoi arrabbiarti solo perché hanno fatto sesso.»

«Non posso arrabbiarmi? Violet, Misty ha solo sedici anni. Ed è mia sorella.»

«È anche mia sorella.» sorprendentemente, Violet continua a mantenersi calma. «Okay, sentiamo: quanti anni avevi tu quando hai fatto sesso per la prima volta?»

«Quindici.» ammette Lily «Ma non…»

«Appunto!» esclama Violet, trionfante «Quindi non hai alcun diritto di schiaffeggiare Misty. Ha commesso un errore, è vero, ma non merita di essere picchiata per questo!»

Senza più degnare Lily della minima attenzione, Violet si volta verso Misty. «Che cosa vuoi fare?» chiede, seria «Vuoi tenere il bambino?»

Misty annuisce. «I-io e Ash…»

Non riesce a continuare. Ash le viene in aiuto. «Vogliamo sposarci. Abbiamo intenzione di rivolgerci al tribunale dei minori. Troverò un lavoro, e potremo affittare un appartamento.»

«Ma questo è semplicemente assurdo!» Lily scuote la testa, dirigendosi a grandi passi fuori dalla stanza «Ne ho avuto abbastanza! Mia sorella, mia sorella di sedici anni, è incinta e ha intenzione di sposarsi!» la sua voce si perde dietro la porta chiusa.

Violet alza le sopracciglia. Poi, contro ogni aspettativa, stringe Misty in un abbraccio, sorridendo. «Non posso crederci!» esclama «La mia sorellina avrà un bambino!»

Misty sorride nervosamente. «Devo ancora dirlo a Daisy.»

«Daisy!» Violet spalanca gli occhi «Le telefono subito.»

Spalanca la porta e corre via in cerca di un telefono. Misty guarda Ash, alzando le sopracciglia. Non aveva mai pensato che una delle sue sorelle potesse avere una reazione simile.

Ash guarda Misty con tutto l’amore di cui è capace. Poi la stringe a sé.



23.

…tre mesi dopo…

Misty osserva la propria immagine nello specchio, di profilo. Nonostante sia solo al terzo mese, il suo ventre si è già ingrossato visibilmente. Presto dovrà comprare degli abiti premaman… sorride al solo pensiero. Le sue mani accarezzano delicatamente il ventre. Suo figlio. Il suo bambino. Suo e di Ash.

Qualcuno bussa alla porta della stanza. «Posso entrare?» chiede la voce di Ash.

Misty sorride. «Ma certo!»

Il ragazzo entra nella stanza. Stringe in una mano un mazzo di fiori e nell’altra una bottiglia di spumante.

Misty lo guarda confusa. «Cosa festeggiamo?»

«Ho trovato un lavoro!» esclama Ash, con gli occhi che brillano «Al Doublemeat Palace, il fast food a due isolati da qui. La paga è abbastanza buona.» si avvicina a Misty e la bacia «E quando avremo abbastanza soldi troveremo un appartamento…»

Misty sorride. Poi prende il mazzo di fiori dalla mano di Ash. «Sono bellissimi.»

Il ragazzo la bacia di nuovo. «C’è anche un’altra bella notizia.»

«E cioè?»

Ash estrai dalla tasca dei jeans una busta bianca dall’aria ufficiale, già aperta. Misty la prende in mano, senza capire.

Il ragazzo la guarda, sorridendo. «Il tribunale dei minori ci ha dato l’autorizzazione.» sussurra «Possiamo sposarci!»



--CAPITOLO IX--

--DREAMS CAME TRUE--

«Non sarai sola. Mai, capito?»

1.

…Cerulean City Gym. Ore 10.35…

Gli sguardi di Misty e Violet si incontrano, le due giovani donne si guardano attraverso un invisibile punto nello specchio.

«Di’ qualcosa, ti prego!» esclama Misty dopo pochi istanti, agitata «Anche se è stupido, ti prego parlami! Fai passare questo momento!»

Violet scuote piano la testa, con gli occhi lucidi. «Sei bellissima.» sussurra.

Istintivamente Misty si volge verso di lei, cercando il suo abbraccio. Violet solleva le mani, i palmi rivolti verso la sorella, facendole cenno di fermarsi. «Rovinerai il vestito…» protesta debolmente.

Misty la guarda. «Al diavolo il vestito.» mormora «Adesso ho assolutamente bisogno del tuo abbraccio!»

Commossa, Violet la circonda con le braccia e la stringe forte, chiudendo gli occhi per impedire alle lacrime di scorrerle sulle guance. «La mia sorellina…» sussurra, con la voce che trema per l’emozione «La mia sorellina si sposa… non riesco a crederci…»

Allontana da sé la sorella con dolcezza, continuando a tenere le mani sulle sue spalle e osservandola in tutta la sua bellezza di giovane sposa. L’abito bianco, che lascia scoperte le spalle, le cui linee dolci nascondono del tutto la gravidanza della ragazza; i capelli raccolti in uno chignon morbido dal quale sfugge qualche ciocca che le sfiora il collo e le spalle nude.

«Ti ho già detto che sei bellissima?» chiede, guardandola con affetto infinito.

Misty annuisce, un piccolo sorriso imbarazzato si dipinge sul suo volto.

La voce irritata di Daisy, pochi passi dietro la porta chiusa, si fa improvvisamente sentire. «Allora! Ci fate entrare o dobbiamo buttare giù la porta?»

Sorridendo, Violet si asciuga velocemente le lacrime e apre la porta. Daisy si porta una mano al volto, i suoi bellissimi occhi castani si riempiono di lacrime di commozione. Lily, dietro di lei, fa ancora la sostenuta nonostante siano passati quattro mesi da quando Misty le ha confessato di essere incinta; ma il suo volto si schiude in un sorriso.

«Abbracciami che aspetti!» esclama Misty, rivolgendosi a Daisy. La giovane donna stringe la sorellina fra le braccia, rivedendo per un attimo nella propria mente la bambina che Misty è stata, e che da adesso non esiste più.



2.

«Sei pronto?»

Ash annuisce, senza alzare lo sguardo verso l’amico, continuando a lottare coi gemelli dei polsini. «Solo un attimo. Questi dannati gemelli…»

Broke, arrivato a Cerulean City la sera prima per assistere al matrimonio, entra nella stanza. «Lascia, faccio io.» dice, e sotto le sue dita agili in un baleno i gemelli rientrano nelle asole.

Ash sospira. «Grazie.»

Broke alza le sopracciglia. «Nervoso?»

«Non immagini quanto.» sbuffa Ash, lanciando una rapida occhiata alla propria immagine nello specchio.

Il giovane capopalestra di Pewter City sorride. «Tranquillo. Andrà tutto bene, campione. Adesso andiamo, non vorrai far aspettare la sposa!»



3.

…Chiesa di Cerulean. Ore 11.00…

Nella chiesa gremita di persone, Ash attende Misty all’altare, teso come mai lo è stato prima in vita sua.

Il brusio che aleggia nella chiesa si interrompe di colpo quando Misty compare in fondo alla navata, accompagnata da Daisy, la sua damigella d’onore. Le prime note della musica dell’organo risuonano nell’aria, e la ragazza inizia il suo cammino verso l’altare, e verso Ash.

Pochi passi e i due futuri sposi si trovano fianco a fianco, sorridenti e felici.

Violet torna a sedersi al suo posto, di fianco ad Anne. La bionda sorride e le prende la mano, intrecciando le dita con le sue.

«Siamo qui riuniti oggi per celebrare l’unione di quest’uomo e di questa donna nel sacro vincolo del matrimonio.» inizia a recitare il parroco «Se qualcuno è a conoscenza di qualsiasi motivo per cui queste due persone non dovrebbero sposarsi, parli adesso, o taccia per sempre.»

Nessuno parla.

«Gli sposi possono scambiarsi le promesse matrimoniali.»

Ash guarda Misty, i suoi grandi occhi scuri, commossi, incontrano quelli della ragazza, spalancati per la gioia. «Io, Ash Ketchum, sposo te, Misty Waterflower, perché tu sei l’unica donna che amo e l’unica che mai potrò amare. So che la nostra storia, fino ad ora, non è stata solo rose e fiori… siamo stati separati per due anni, e ti ho fatta soffrire. Perché questo non accada mai più, io mi impegno ad essere un buon marito, ed un buon padre per il nostro bambino.»

Misty sorride, i suoi occhi si riempiono di lacrime. Per troppo tempo ha desiderato, ha sognato questo momento. «Io, Misty Waterflower, sposo te, Ash Ketchum, perché… ti ho sempre amato, fin da quando eravamo bambini. Prima di conoscerti io… io ero una persona diversa. Tu mi hai cambiata, mi hai resa mille volte migliore. Per questo io mi impegno ad essere una buona madre… e una buona moglie.»

Il parroco fa un cenno a Broke, che porta gli anelli. Sorridendo, il giovane si dirige verso Ash e Misty.

Ash prende la mano esile di Misty fra le sue. «Questo anello è il simbolo del mio amore e della mia devozione.» sussurra, infilandole la fede d’oro all’anulare «Con questo anello io ti sposo.»

Misty prende l’altro anello dal cuscino di raso rosso. «Questo anello è il simbolo del mio amore e della mia devozione.» sussurra, infilandolo al dito di Ash «Con questo anello io ti sposo.»

Il parroco si rivolge ad Ash, pronunciando la formula di rito. «Vuoi tu Ash Ketchum prendere la qui presente Misty Waterflower come tua legittima sposa, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ed amarla e rispettarla finché morte non vi separi?»

Ash guarda Misty, con negli occhi tutto l’amore che prova per lei.

«Sì. Lo voglio.»

«E vuoi tu Misty Waterflower prendere il qui presente Ash Ketchum come tuo legittimo sposo, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ed amarlo e rispettarlo finché morte non vi separi?»

Quelle parole, “finché morte non vi separi”, la fanno vacillare per un istante.

In realtà, la morte li ha già separati, almeno in teoria, per due lunghi anni. E nemmeno allora lei ha smesso di amarlo.

Sorride. «Sì…» sussurra «…lo voglio.»

«Lo sposo può baciare la sposa.»

Ash prende con dolcezza il volto della ragazza fra le mani e la bacia. E Misty capisce che questo è, e resterà sempre, il momento più bello della sua vita.



4.

Fuori dalla chiesa, a cerimonia conclusa, Broke raggiunge Ash e Misty, i suoi amici di un tempo. «Congratulazioni.» dice, sorridendo «Ho sempre saputo… che un giorno sarebbe successo.»

Misty sorride, con gli occhi che brillano, bella da togliere il fiato. Si piega verso di lui e lo abbraccia velocemente.

«Grazie di essere venuto.» sussurra «Ti voglio bene, Broke.»

Il ragazzo la guarda con affetto. «Voi due siete sempre stati i miei migliori amici. Non potevo certo mancare.»

Misty si volta verso Ash. Il ragazzo la bacia, poi la prende per mano, intrecciando le dita con le sue. Le loro vere d’oro splendono vicine.

Broke li guarda allontanarsi.

Dopotutto aveva sempre saputo che Misty amava Ash, e che non avrebbe mai potuto provare nulla per lui. Ma, cavolo, è difficile credere che siano marito e moglie.

«Da non crederci, eh?»

Il giovane si volta. Lily è di fianco a lui, in uno smagliante abito rosso.

«Voglio dire,» continua la giovane donna, scuotendo la testa «immaginavo che un giorno si sarebbero sposati… ma non pensavo che sarebbe successo così… così…»

«Così presto, eh?» completa Broke per lei.

Lily si volta a guardarlo. «Riesci a credere che Misty aspetta un bambino?»

Broke fa cenno di no con il capo, senza parlare.

«Nemmeno io.» Lily sospira «Per me lei è ancora… la mia sorellina. La bambina che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di stare al passo con noi, le sue sorelle grandi…»

Broke si volta verso Lily, un sorriso triste si dipinge sul suo volto. «Credo che quella Misty non esista più.»



5.

…più tardi…

«Posso aprire gli occhi ora?»

Ash continua a tenere le mani sugli occhi di Misty, guidandola verso la porta del loro nuovo appartamento, che la ragazza non ha ancora visto. Il primo stipendio di Ash al Doublemeat Palace (…in realtà con l’aggiunta di un piccolo prestito da parte di Broke, ma questo Ash non l’ha detto a Misty…) è stato sufficiente a pagare il primo mese di affitto.

«Non ancora.» sussurra il ragazzo. Poi apre la porta e, come da tradizione, prende fra le braccia Misty per varcare la soglia.

Sorride. «Ecco, adesso puoi.»

Misty apre gli occhi. La sorpresa è tale da farla rimanere a bocca aperta: Ash non le ha detto quanto ha veramente pagato l’affitto di quell’appartamento, ma in questo momento la ragazza è convinta che qualunque cifra abbia speso sia comunque troppo poco per… questo.

«È… è bellissimo…» mormora, guardandosi intorno.

E lo è. Veramente. Almeno quello che riesce a vedere, ovvero una spaziosa stanza divisa fra un luminoso salotto arredato in blu e bianco e una piccola cucina dipinta di un bellissimo color crema.

Ash le sorride. «E non è tutto qui.»

«Mettimi giù!» esclama Misty, impaziente di vedere le altre stanze «Voglio vedere anche il resto.»

«Come vuoi.» Ash la bacia fra i capelli, poi la fa scendere. La ragazza si dirige verso una delle porte, senza correre solo per non incespicare nel vestito; ma i suoi passi affrettati tradiscono la sua impazienza.

Ash la raggiunge e apre la porta prima che possa farlo lei. «Questa è la nostra stanza.» sussurra «E vedi l’altra porta vicino al nostro letto? Quella è la stanza per il nostro bambino.»

Misty entra nella stanza, anch’essa sui toni del blu e dell’azzurro, guardandosi intorno con gli occhi spalancati per la gioia. «È… stupendo…» riesce a mormorare «È…»

Ash la bacia. «È la nostra casa.»



6.

…cinque mesi dopo…

Misty osserva il proprio riflesso nello specchio. Decisamente, ora non ha più bisogno di osservare la propria immagine di profilo per notare quanto il suo ventre si sia ingrossato: i nove mesi sono ormai quasi completamente trascorsi, il bambino arriverà da un giorno all’altro.

Ash compare alle sue spalle, le rivolge un sorriso dolcissimo.

«Sono enorme!» si lamenta la ragazza, chiedendosi se scoppiare a ridere o mettersi ad urlare. Ora che il momento del parto è vicino, si rende conto di essere molto più spaventata di quanto credeva.

Ash la abbraccia da dietro, accarezzandole il ventre. «Tu sei bellissima.» sussurra, baciandola alla base del collo.

Misty sorride, abbassando la testa. I capelli rossi le scivolano scompostamente davanti al viso, accarezzandole le guance. Ash continua ad abbracciarla, cullandola piano, come se la bambina fosse lei.

«Vorrei solo che ci avessero detto se sarà un maschio o una femmina.» mormora la ragazza. Le ecografie non hanno mai mostrato il sesso del nascituro.



7.

Ash prende le mani esili della ragazza fra le sue. Sorride. «Lo sapremo presto, no?»

Misty annuisce. Un brivido corre lungo la sua spina dorsale quando la sua mente si sofferma con maggiore attenzione su una delle parole appena pronunciate da Ash.

Presto.

«Andrà tutto bene.» la rassicura Ash, come se avesse sentito i suoi pensieri.

La ragazza cerca di ricambiare il sorriso che lui le rivolge nello specchio, ma non riesce ad allontanare dalla propria mente tutte le sue paure.

Ash la bacia fra i capelli. «Andrà tutto bene. Ne sono sicuro.» ripete «Adesso andiamo a dormire, okay? È tardi.»

Misty lancia una rapida occhiata all’orologio sulla parete. È mezzanotte passata. Non si era accorta che fosse già tanto tardi.

Con un sospiro, raggiunge il letto e si infila fra le lenzuola candide. Ash si stende di fianco a lei e la prende fra le braccia, facendole posare il capo sul proprio petto.



8.

Ore dopo, a notte fonda, il sogno di Ash si interrompe bruscamente quando le dita di Misty lo afferrano quasi convulsamente per una spalla, e lo scuotono nel tentativo di svegliarlo.

«Ash! Svegliati forza… svegliati!»

Apre gli occhi di scatto e si volta verso Misty, spaventato. «Che c’è? Che succede?»

La ragazza lo guarda, con gli occhi spalancati e pieni di paura.

«Le acque… mi si sono rotte le acque!»



9.

…Cerulean City Hospital, qualche minuto dopo…

Ash accarezza piano i capelli di Misty.

Odori da ospedale, rumori da ospedale. Tutto sembra infinitamente distante. Il loro bambino sta per nascere, presto sarà vero, reale. E Misty sa di non essere mai stata tanto spaventata in vita sua.

Geme. Una smorfia di dolore si dipinge sul suo volto. Le contrazioni arrivano ogni sei minuti adesso. Non aveva mai immaginato che potesse veramente fare così male.

Ash continua ad accarezzarle i capelli. «Andrà tutto bene.» continua a ripetere.

Torna il dolore, più forte stavolta. Misty si volta verso Ash.

«Ho paura.» mormora, riuscendo finalmente a pronunciare quelle due parole «I-io non voglio… n-non sono pronta a diventare una mamma!»

Ash le prende la mano. «Tu sarai una mamma meravigliosa, ne sono sicuro.» le sussurra con dolcezza «E non sarai sola. Mai, capito?»

La ragazza abbandona la testa sul cuscino. È solo una sua impressione, o la donna sul letto vicino al suo ha appena lanciato uno sguardo disgustato nella loro direzione? Non c’è bisogno di essere dei geni per capire che decisamente non è favorevole ai matrimoni fra minorenni.

Ash ha dovuto telefonare a Violet per portare Misty all’ospedale. Ha cercato di farsi prestare la macchina, ma Violet ha rifiutato e si è precipitata lì di persona con la sua Mini nera. Misty ricorda vagamente di essersi chiesta se l’avesse fatto perché Ash non ha la patente, o piuttosto solo per essere lì al momento del lieto evento.

Probabilmente è in sala d’attesa adesso, al telefono con Lily o Daisy.

Dolore. Intenso, lacerante.

Diverso, stavolta. Travolge. Intontisce. Come un’onda immensa che la strappa via.

Misty chiude gli occhi. Il dolore non si ferma. Continua, un uragano che le si avventa addosso, che la scuote; quasi nemmeno più dolore, ora.

Spalanca gli occhi. «N-non ce la faccio.» geme «Devo spingere…»



10.

Ash suona il campanello, un’infermiera si precipita nella stanza. Dà un’occhiata a Misty, sollevando il lenzuolo.

«In sala parto, presto.»

Misty chiude di nuovo gli occhi mentre qualcuno la colloca su una barella. Sente lo sferragliare delle ruote metalliche, le porte di un ascensore che si chiudono. Pochi istanti dopo si ritrova nella sala parto.

L’uragano torna, la afferra, la sua furia la piega in due.

«Aiuto.»

Ash è vicino a lei e le prende la mano. «Sono qui. Va tutto bene.»

«Ci siamo quasi.» dice qualcuno «Spinga.»

Spinge. L’unica cosa che può fare. Ancora l’uragano. Succede. Non lei. Niente a che vedere con lei. Una forza strana, violenta, che viene da lontano. Il bambino rotola fuori di lei.

«Una bella bambina.» dice la levatrice sollevandola. Coperta di sangue, occhi chiusi, bocca urlante.

Ash accarezza i capelli e la fronte imperlata di sudore della ragazza. Si china su di lei e le sfiora la tempia con un bacio. «Sentito? È una bambina.» le sussurra «Una bellissima bambina.»

La levatrice depone la bimba fra le braccia di Misty. Una cosina minuscola con un ciuffetto di capelli fulvi e bagnati sulla fronte.

Un istante. I grandi occhi scuri della bimba si spalancano.

Misty sorride. Ciao, bambina.



11.

…più tardi…

Misty, stesa nel letto della sua stanza d’ospedale, con gli occhi che brillano, tiene fra le braccia la sua bambina. Ash è al suo fianco e le accarezza i capelli, senza distogliere lo sguardo dal fagottino di coperte rosa sul grembo della ragazza.

«È bellissima vero?»

Misty sfiora la manina della bimba. Le piccole dita si stringono attorno al suo anulare.

«La cosa migliore che abbiamo mai fatto.» sussurra.

Ash le sorride. Guarda la bambina, la sua testolina quasi completamente calva, se non fosse per i pochi ciuffetti di capelli rossi così simili a quelli di Misty.

«Dobbiamo ancora decidere come chiamarla.»

Misty si volta verso di lui, guardandolo con tutti l’amore di cui è capace. Scuote piano la testa. «Io lo so già.»

«E sarebbe?»

La ragazza sorride. «Sei stato tu a regalarmi questa bellissima bambina. Quindi che ne dici di… Ashley?»

Ash si piega verso di lei e la bacia.

«Trovo che sia un bellissimo nome.» dice, e prende fra le braccia la bambina.

«Ciao, piccola Ashley.» sussurra al minuscolo visetto addormentato «Benvenuta.»

Misty osserva Ash, il ragazzo che ha sempre amato, ora suo marito, che tiene fra le braccia la sua bambina.

E improvvisamente capisce di non essere mai stata così felice.



--EPILOGO--

Sono passati tre mesi dalla nascita della piccola Ashley. Misty dorme sulla sedia a dondolo, con la bambina stretta fra le braccia. Ash le osserva da lontano. Sua moglie e sua figlia.

Senza riuscire a trattenersi oltre, il ragazzo si avvicina e sfiora i capelli di Misty con un bacio. La ragazza mormora qualcosa, poi i suoi occhi di un verde impagabile si schiudono. Il suo sguardo lievemente sorpreso si posa su Ash.

«Scusa.» sussurra il ragazzo «Non volevo svegliarti.»

Ashley continua a dormire. Misty la culla piano, accarezzandole la testolina. I capelli rossi somigliano ai suoi, ma gli occhi scuri dietro le piccole palpebre serrate sono quelli di Ash.

Misty guarda la bambina. E in quell’istante capisce che tutti i suoi sogni si sono realizzati: ha riavuto Ash, ed è riuscita a dirgli quello che prova per lui. Ed ora sono sposati, e la bimba adorabile che dorme fra le sue braccia è il frutto del loro amore.

Alza lo sguardo, e i suoi occhi incrociano quelli di Ash. E in quell’istante torna vivido nella memoria di entrambi il momento in cui per la prima volta i loro sguardi si sono incrociati, tanto tempo prima, sulla riva di un fiume lontano.