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Recensione di Alessia Martini
tratta dal suo romanzo "All'ombra del Fujiyama"
Tratto dal romanzo di Ryoko Ikeda “ La rosa di
Versailles ” ( 1972 ), questa serie ripercorre, tra personaggi reali e
personaggi di fantasia, la vita di madomiselle Oscar. Figlia del generale De
Jarjayes, realmente esistito, viene educata, per volere del padre, dopo 5
figlie, come un cavaliere. La sua abilità di spadaccino fa sì che nel 1770
diventi comandante delle guardie di Luigi XVI. Con la regina Maria Antonietta,
la protagonista viene ad instaurare un rapporto di amore e odio, dal momento
che entrambe sono innamorate dello stesso uomo, il conte Axel Von Fersen.
L’amore di Oscar per il nobile, fa nascere in Andrè, amico di infanzia nonché
compagno d’armi della fanciulla, una profonda gelosia. A Parigi, intanto,
iniziano a manifestarsi, tra la gente comune, i primi segni di malcontento. Il
Terzo Stato, costituito dalla borghesia, accusa il governo, chiuso nella cieca
prigionia dorata di Versailles, di restare insensibile dinanzi alle richieste
di un popolo ogni giorno più affamato. Oscar e Andrè, malgrado siano a capo
della milizia reale, finiscono con lo schierarsi dalla parte dei rivoluzionari.
Durante uno scontro, il giovane Andrè, già duramente provato da una grave
malattia che ha compromesso i suoi occhi, viene ferito mortalmente. Il senso di
colpa per non aver compreso i sentimenti dell’amico scomparso, attanaglia il
cuore della protagonista, ammalata di tisi. Il 14 Luglio del 1798, giorno della
Presa della Bastiglia < Oscar muore tragicamente, uccisa dalle guardie che lei stessa
qualche tempo prima aveva comandato. La serie termina con la decapitazione dei
sovrani ed il linciaggio del malvagio conte Fersen. Il fotogramma finale, con
cui si chiude l’ultima puntata, ritrae le lapidi di Oscar e Andrè, sepolti
l’una accanto all’altro per poter stare insieme in eterno. Sulla scia del
successo riscosso dal cartone animato, nel 1978 il regista Jaques Demy realizzò
un film. Tra i protagonisti c’è una giovanissima Patsy Kensit nel ruolo di
Oscar bambina. Questa serie è stata recentemente ritrasmessa dalle reti
Mediaset in versione censurata. Tra le scene tagliate c’è anche il famoso bacio
tra Oscar e Andrè. Il “ Corriere della Sera ” del 30/06/2000 titola:
“ Chi ha paura dei cartoon Giapponesi ? ”.
Con quest’articolo il giornalista Aldo Grasso invita
tutti i sostenitori degli
anime, che da tempo accusano Mediaset di abusare delle “ forbici ”, a far sentire
la propria voce:
I fan protestano per gli adattamenti arbitrari della
produzione
giapponese
sulle reti italiane, in particolare Mediaset, che, da anni, ne fa un’importante
risorsa per il proprio palinsesto pomeridiano…i tagli che l’adattamento
italiano apporta agli originali impediscono in certi casi la comprensione del
racconto, addirittura ne travisano il senso, come è accaduto di recente alla serie
“ Lady Oscar ”; anche il doppiaggio opera un analogo stravolgimento del
dialogo…la giustificazione del cattivo adattamento pare essere la destinazione
degli “ anime ” al pubblico infantile: vengono così epurate scene considerate
poco adatte ai bambini, ma vengono anche eliminati tutti i riferimenti alla
cultura nipponica, come gli ideogrammi. I fan sottolineano giustamente che la
produzione giapponese diversifica esplicitamente il proprio “ target ” d’età:
esistono cartoni per i bambini di 8 anni, altri sono adatti ai tredicenni e ci
sono infine “ anime ” per un pubblico adulto.
E’ evidente, vista la complessità della trama, che
questa serie non sia rivolta ai più piccini; trovo quindi assurdo operare delle
modifiche restrittive su un cartone animato straordinario come Lady Oscar,
in quanto, indipendentemente dalle finalità perseguite, qualsiasi intervento
esterno finirebbe con il compromettere irrimediabilmente l’originaria bellezza
di questa serie indimenticabile. Due sono le sigle dedicate a questo cartone,
benché soltanto la prima sia degna di nota. La seconda, cantata da Cristina
D’Avena, ha sostituito la precedente quando la serie è stata mandata in onda da
Mediaset, ancora una volta un ingiustificata ingerenza! La prima canzone, che
potremo definire ufficiale, consentì al gruppo musicale de “I Cavalieri
del Re ”, che ne scrissero musica e testo in tempo di record, di conquistare un
posto d’onore nell’Olimpo delle sigle televisive: