...

20.02.2006 - 11:35
Leggo: nada
Ascolto: Studentessa Universitaria [S.Cristicchi]


Se io avessi detto delle parole, o fatto un gesto o indossato una maglietta, e per questo fossero morti ben undici esseri umani (se non di più), io mi sentirei un'assassina.
Non ti senti un assassino, calderoli?

Marge.           British Marge

Oh, baby, baby, it's a wild world / I'll always remember you like a child, girl

06.01.2006 - 13:15
Leggo: Elianto [Stefano Benni]
Ascolto: Wild World [C.Stevens]


Io non so se è colpa mia oppure no, ma mi trovo a pensare a questo 2005 appena finito e mi ripeto che, come ogni anno da cinque o forse quattro ormai, dovrei aprire quel diario cartaceo di bambina che ora tengo solo per questi riassunti di vita trimensili, e fare un bilancio. Il 31 ho cercato di fare di tutto per non pensare a questo quasi-dovere, ma impostomi da me stessa, e non è stato neanche tanto difficile, visto le difficoltà di organizzare una semplicissima festa.
Difficoltà. Io ne sento così tante. Mi sento come se in ogni momento dovessi pensare a mille cose diverse e complicate, e nulla sia semplice. Mi viene sempre da piangere, e in situazioni, anche diverse fra loro, mi batte fortissimo il cuore e non riesco più a fare nulla finché non mi sdraio in camera mia e mi tranquillizzo, pensando che sto bene, sono al sicuro, e devo impegnarmi affinché nessuno, soprattutto me compresa, possano rimproverarmi di aver fatto male qualcosa.
Sono sempre stata una iper-critica, mamma me lo rimproverava sempre, soprattutto alle medie, quando non uscivo mai e nessun mio coetaneo mi andava bene, e non avevo amici. Forse lo sono ancora, anche se di amici ne ho, e qualcuno anche vero e profondo. Ma per ogni cosa che mi sembra andar storta, mi salgono le lacrime agli occhi e mi ripeto che basterebbe così poco, così poco per andar meglio, ma a nessuno sembra importare. E mi batte forte il cuore, e mi blocco, e ho male alla testa. Mi ripeto non piangere, è una sciocchezza, non piangere, ma non riesco…


Bilancio


Cose belle (cominciamo da qui altrimenti mi blocco subito):
- Tom
- La maturità
- I miei compagni di classe
- Essere entrata a medicina


Cose brutte:
- Naica (che muore il 24 marzo)
- Adriano (che muore l’8 Aprile)
- Alcune litigate e alcune scoperte “familiari”
- Tanti momenti in casa (in entrambe le case)
- Michele e Damiano, che muoiono poche settimane prima che finisse questo maledetto 2005.
- Quando mi blocco


Non so se il bilancio è in positivo, ma non credo. C’è sempre qualcosa di sbagliato, anche fra le cose belle. Forse sono solo io la sbagliata. Ora vorrei solo studiare fisica e passare questo esame male-detto. Vorrei solo essere serena e non bloccarmi più.

Marge.           British Marge

Non lo sapevi che c'era la morte quel giorno che ti aspettava, quel giorno che ti aspettava...

12.12.2005 - 19:27
Leggo: Questa storia [Alessandro Baricco]
Ascolto: Canzone per un'amica - In morte di S.F. [F.Guccini]


È morto Michele.
È davvero strano e soprattutto ingiusto che la Vita un giorno ti chiami al telefono per dirti: sai, mi spiace, ma non potrai mai più vedere quella persona.
Potrebbe succedere continuamente, non sempre si viene avvertiti da una bella malattia mortale, o altri chiari segni; il più delle volte, accade così, mentre prepari la cena.
Qualche tempo fa ho detto a mia madre: non puoi metterti a chiamare ogni giorno i tuoi amici e salutarli tutti per paura che da un momento all’altro muoiano.
Però bisogna vegliare e dimostrare il proprio amore ogni giorno.
Come le altre volte, conoscendo poco la persona scomparsa, il dolore più grande è stato veder piangere i suoi amici, mia mamma, sua figlia.
Com’è difficile scrivere della morte. Io non riesco a rendermene conto. Penso a Michele, o ad Adriano, a volte anche solo a Naica, e mi sembra così strano. Non riesco a capire cosa vuol dire non vederli più. Quando apro il cancello di casa, mi aspetto sempre di vederla arrivare scodinzolando e rimango interdetta. Immagino che sia così per tutti. Ma io non capisco.

Marge.           British Marge

C'è chi nasce per le scienze o per le arti: io sono nato solamente per i party la lalalala...lalalala

22.11.2005 - 11:26
Leggo: Operette Morali [Giacomo Leopardi]
Ascolto: Il Sociale e l'Antisociale [F.Guccini]


Problema:
Un fioraio, tramite un fattorino, spedisce un cesto di fiori presso un domicilio. Il cesto include un palloncino di elio collegato ad esso, il quale, improvvisamente, si libera dal cesto ed inizia ad accelerare in alto verso il cielo. Il fattorino, sorpreso dalla perdita del palloncino, lascia cadere il cesto di fiori. Mentre il cesto cade, il sistema cesto-terra subisce un aumento di energia cinetica e una diminuzione di energia potenziale, consistente con la conservazione dell’energia meccanica. Il sistema palloncino-Terra, tuttavia, subisce sia un aumento di energia potenziale gravitazionale, sia di energia cinetica. Ciò risulta in accordo con il principio di conservazione dell’energia meccanica? Se no, da dove proviene l’energia extra?


Risoluzione:
Chi ha spedito i fiori a chi?
Credo sia stato un vecchio signore, forse un po’ solo; da qualche tempo ha conosciuto una dolce signora, anziana anche lei, anche lei un po’ sola. Sono diventati amici, in modo molto sereno e trasparente. Amano chiacchierare e passeggiare insieme; ieri per sbaglio, una parola del signore ha offeso la signora, ed hanno discusso. Oggi, il signore le spedisce dei fiori, i suoi preferiti, per chiederle scusa: non c’è tempo per litigare e mantenere le loro posizioni, l’amicizia e il tempo scorrono e non tornano, ed egli vuole tornare al più presto a passeggiare nei parchi, sentendo la voce di lei e il cinguettio degli uccellini come un tutt’uno, e magari, conservare questi ricordi fra i suoi ultimi, sereni e tranquilli.
Il fattorino? È un giovane ragazzo; lavora come fattorino solo la mattina, perché il pomeriggio ha le lezioni. Studia poco, perché ha sempre la testa fra le nuvole; infatti, non appena il palloncino si è slegato, ha lasciato cadere il cesto per l’emozione di vedere la piccola sfera gialla salire verso la volta azzurra. I fiori non si sono rovinati, no, pensa raccogliendo il cesto, ma forse, dovrà tornare indietro e prendere un altro palloncino; poco male, è una bella giornata e non gli dispiace pedalare per le vie. Sono fiori belli, non molto costosi ma ben scelti ed amalgamati fra di loro. Sarebbe bello spedirne un mazzo uguale a lei, pensa il fattorino. Lei è molto bella, giovane, occhi grandi e sempre in movimento; non è come lui, sognatore ed un po’ pigro: è sempre in movimento, ha mille impegni e pensa continuamente a tutto. Il fattorino è fermamente convinto che nella vita così impegnata e piena di lei, non ci sia affatto posto per lui. Ma la giornata è colma di sole, i fiori spandono il loro profumo e il palloncino vola libero attraverso le nubi, sempre più su, più su…
Chissà…


Ehm…per gli appassionati di fisica: è la forza di Archimede, che spinge il palloncino verso l’alto, a causare l’energia in più, poiché il sistema non è isolato. Ah, questa fisica! Davvero non la capirò mai…

Marge.           British Marge

Felicità che sappiamo soltanto guardare, aspettare, cercare già fatta, quasi fosse anagramma perfetto di facilità, barando su un' unica lettera...

17.11.2005 - 22:41
Leggo: Operette Morali [Giacomo Leopardi]
Ascolto: Ballando con una Sconociuta [F.Guccini]


Quando sono sola mi intrattengo sempre al pc per delle ore e questo mi fa davvero arrabbiare, non concludo nulla e mi sento così inutile a stare qui davanti, l’ispirazione, e l’ho già detto, decade quando esco di casa alle sette per tornare alle medesima ora dodici ore dopo, e per quanto io possa ricevere idee ed Idee durante la giornata, no, non mi aiuta essere così impegnata, a scrivere. Oltretutto mi fa davvero male la spalla a guardare lo schermo senza muovermi, ma sono sola ed aspetto invano una chiamata per farmi due chiacchiere. Allora navigo. Penso che dovrei aggiornare i miei siti, ma non mi va di creare alcunché di concreto, scopro che le mie amiche sono uscite insieme, ovvio, loro sono vicine, possono vedersi, mentre io qui, sola, so che non potrei trovare qualcuno da incontrare ora nel raggio di venti chilometri. Mi sento molto sola ed allora navigo, leggendo ciò che altri scrivono e magari commentando, guardando siti altrui, cercando l’orma di una qualsiasi presenza umana. E così, mi imbatto per sbaglio in un sito di non so quale parrocchia, mentre cerco il testo di una canzone francescana di quando ero una lupettina felice, e trovo tantissime altre canzoni che mi ricordano la mia infanzia e il mio periodo scoutistico, quando ancora non avevo cominciato ad avvelenarmi l’anima notando quanto c’è di falso, ipocrita ed egoistico in alcuni di coloro che si definiscono capi ed educatori (ed ora, si, venitemi a chiamare a casa dicendo che io infango lo scoutismo. Fatelo nuovamente. Lo scoutismo lo denigrate voi). In questo sito, trovo una canzone che personalmente non ho mai cantato per intero, perché quando sono diventata una novizia e poi una scolta, non c’era più nessuno con chitarra e voglia di cantare, e quindi, mi è sfuggita dalle mani, ma l’ho sentita più volte quando invece ero più piccola e facevamo uscite di gruppo, poiché è una canzone “da grandi”.


(La solitudine. A scout ti fanno fare cose assurde tipo camminare da solo per una strada di montagna per ore, e poi sempre da solo arrivare in un rifugio, dormirci, svegliarsi il giorno dopo, mangiare e tornare indietro, e tutto questo con le urla del tuo cervello che non riesce più a sentire tanto silenzio. Non voglio cominciare ora un discorso su quanto le persone non siano capaci oggi di rimanere sole, fisicamente dico. Soli dentro lo si è quasi tutti. Ma soli senza neanche un’altra persone che ci stia a sentire, questo distrugge. Ed ecco che nascono chat, il televoto, il quizz in diretta e l’obbligo di uscire ogni sera e vedersi con altri sempre. Voglio riaffermare l’importanza di essere soli davanti ad un muro bianco e dover finalmente pensare un po’ a se stessi; seriamente, intendo. Ci sono persone speciali che riflettono costantemente su se stessi, e vengono definiti paranoici, complicati, ipersensibili, pippaioli mentali, con un’ampia gamma di intonazione che fa percepire la natura (complimento o critica) dell’aggettivo scelto. Poi ci sono quelli che fuggono sempre dal confronto.)


Insomma, la canzone che ho trovato, parla della gioia. Si intitola proprio così, la Gioia. Non so cantare le strofe, l’ho sentita troppe poche volte ed invento le note. Per questo, mi sono sempre concentrata molto sul ritornello, che essendo ripetuto, mi è entrato più facilmente in testa.


E magari fosse un attimo vivila ti prego
e magari a denti stretti non farla morire,
anche immersa nel frastuono tu falla sentire
hai bisogno di gioia come me...



Perché la Gioia viene definita qualitativamente, non quantitativamente.
Il che vorrebbe dire, se pure accadesse che solo in un unico determinato momento, istantaneo, una persona fosse realmente felice, non allegra o contenta o normale, ma di quella gioia viscerale che fa quasi male, un male dolce, una sensazione inestinguibile di dolcezza e realizzazione e superiorità e completezza ed unità e fraternità e cos’altro, ecco, basterebbe quell’attimo per dare senso ad un’infinita serie di momenti opposti.
Ma non finisce qui.
Falla sentire. Ce ne vergogniamo molto. Io personalmente, per prima. Mi è capitato più volte di essere stata resa felice da una persona (forse ero solo un’esaltata ed ero felice per delle sciocchezze), ma non ho mai detto “grazie” oppure condiviso in modo appropriato tutto ciò con altri. E in questo modo, le persone si perdono. Qualche giorno fa Tommaso mi ha detto che non devo più dirgli grazie ogni volta che ci vediamo, perché per lui non è (affatto) un sacrificio vedermi e non lo fa solo per darmi un contentino. Ma non importa, perché se sono felice quando siamo insieme, voglio che lo sappia, voglio condividere tutto questo. La gioia vissuta in solitudine non ha senso. E il trasmetterla, aiuta coloro che non vi credono più. Perché, se anche fosse un attimo, va vissuta.

Marge.           British Marge

Noi corriamo sempre in una direzione, ma qual sia e che senza abbia, chi lo sa...

10.11.2005 - 18:45
Leggo: Operette Morali [Giacomo Leopardi]
Ascolto: nada


Com’è difficile cominciare a scrivere quando la scrittura è l’arma segreta del tuo inconscio per perdere quell’in iniziale e mostrarsi, nudo. Scrivere è per me un’azione talmente faticosa ma piena di passione che sembra quasi un parto, quando, dopo nove mesi durante i quali cullo nella mia mente un’idea, che sembra bella, a scelta del momento e della voglia di come sarà, sembra molto romantica, o molto introspettiva, o molto particolareggiata e descrittiva, insomma, sembra perfetta per ciò che voglio realizzare in quel momento; e nella mia mente si rincorrono le frasi e i periodi, i richiami, le citazioni, le situazioni, come se scegliessi nome e corredino del mio futuro erede. Ogni cosa intorno a me mi ricorda la mia Idea, ogni frase sentita da qualcuno o letta o appresa in qualsiasi altro modo, amplia la mia idea di Idea (perdonate il gioco di parole, ma è vero; si ha un’Idea, ovvero un punto minuscolo da sviluppare, e su questa Idea si ha poi un’idea di come dovrebbe essere). Ma poi, farla uscire, è un parto. E’ così difficile. E alla fine, l’Idea viene fuori totalmente diversa dall’idea che ne avevo, ma c’è. È lì. Può soddisfarmi o meno, ma è mia (qui finisce il paragone col figlio perché un figlio è un essere umano e in qualsiasi modo venga fuori, è stupendo, sia chiaro). L’equazione assurda che mi attanaglia, è però, che nel mio caso, tempo libero corrisponde a totale mancanza d’ispirazione (eccola! È lei, l’ispirazione, che porta il suo spermatozoo nella mia mente, ovvero l’ovulo), mentre la totale assenza di suddetto tempo, è così affastellata da Idee e idee (ovvero da momenti di intensa ispirazione), che tutto cioè, si traduce, costantemente, in insoddisfazione (come si vede che ora studio solo materie scientifiche, imposto i miei ragionamenti come una reazione chimica, forse devo preoccuparmi).
Per allacciarmi un momento alla parentesi appena conclusa, trovo le materie scientifiche adorabili per questo motivo: sono interamente traducibili in comportamenti umani descrivibili (come scrivevo in una lettera alla mia Magistra qualche giorno fa); prendiamo ad esempio il moto circolare uniforme: la particella (il punto materiale senza estensione etc) gira in tondo, gira gira, sempre in modo uguale, all’infinito si fa quel giro senza sapere cosa c’è al di là della sua traiettoria; e c’è una forza che la attrae sempre verso il centro (nel qual caso, l’accelerazione centripeta) e un’altra che invece la mantiene a distanza costante dal centro (l’accelerazione tangenziale, se non erro). Queste due forze (se c’è un’accelerazione c’è una forza, dice il mio prof, quindi posso usarle come sinonimo e non sbaglio, soprattutto considerando che questo non è un articolo scientifico ma una trattazione letteraria), sono costantemente in equilibrio, quando la particella se ne va in girotondo. Ma basta un nonnulla, un pulviscolo appena che fa mancare una di queste due, anche di poco, et voilà, la particella parte, o verso il centro, o verso il resto del mondo. Ci pensate? Come una persona che se ne sta chiusa nella sua vita senza sapere nulla di altro (intendo a livello sentimentale-sensibile-emotivo, ovvio, mica che davvero sta chiusa in casa), e all’improvviso, basta nulla per cambiare tutto: un fiore, una nuvola, una lacrima…
Io ci credo davvero che tutto possa cambiare in un momento, cha la traiettoria esca all’improvviso da quel circolo vizioso e si diriga senza paura verso il fuori…

Marge.           British Marge

Poi un giorno in un libro o in un bar si farà tutto chiaro / capirai che altra gente si è fatta le stesse domande

12.10.2005 - 11:19
Leggo: La speculazione edilizia [Italo Calvino]
Ascolto: Depende [??]


Quanto tempo.
Quanti mesi? Credo un anno. Sempre post frettolosi, due righe rubate alla marea di idee che mi vengono in mente mentre cammino, mangio, dormo, ascolto, parlo. Rielaboro costantemente ciò che penso. Ora per esempio sono estremamente nervosa e cerco di trovare le parole per dirlo, mica facile, è un misto di sensazioni dettate dal momento, la contingenza specifica dell’evento “pomeriggio di fancazzismo insaporito alla solitudine e alla nostalgia accompagnato da nervosismo dettato dal non capirci una mazza di fisica”, unito a varie sensazioni più o meno storiche, diciamo perenni.
Però mettermi davanti a un foglio bianco (per quanto virtuale) riesce sempre ad aiutarmi. Chissà perché. A certe persone basterebbe uscire un attimo, ma, sinceramente, ora, non saprei chi chiamare per fare due passi (a Roma c’è tutto tranne gli amici lasciati al paese); potrei leggere ma mi affatico e La speculazione edilizia, che ho cominciato, non è proprio il genere di romanzo che ti cattura senza permetterti di alzare gli occhi dalla pagina. Potrei tornare a fare fisica ma l’idea di rimettermi a smanettare con la velocità istantanea e le derivate…


L’altro giorno L’ho incontrato. E voglio dire, mica una cosetta da niente. Un desiderio vecchio diciannove primavere. Posso cominciare spiegando perché per me è così importante. La risposta semplice, che do a chi (pagano) mi chiede addirittura chi sia, è: “Lo ascolto da sempre, mio padre me lo cantava nella culla, ci sono cresciuta.”
La risposta un po’ più complessa ed intima prevede la frase: “È l’unica cosa che non è mai cambiata da quando sono nata.” Sfido chiunque a trovarmi una costante della loro vita.
Ma la faccenda è più complicata. Perché Lui per anni è stato solo una voce scontata, sempre udibile in casa, come il colore delle pareti, l’odore della cena ad una certa ora, il tepore delle lenzuola fresche, il freddo del pavimento, tutte le briciole e le manate sui muri e le crepe e le maniglie e tutto, insomma, quel che ha costituito il mondo fatato della mia infanzia. Da bambini la propria casa, la propria famiglia, gli amici, la scuola e tutto il resto, fanno parte di una sola grande entità e senza che ci si chieda (con quel piglio filosofico tipico dell’adolescenza) perché o come, tutto sembra avere un tempo infinitamente ciclico, l’inverno lungo dieci anni, poi la primavera, altrettanti, e così via, eternamente. Il bambino non crede neanche che si possa diventare grandi. Il mondo sembra essere stato creato solo per lui, ogni cosa è al suo posto, perfetta. E quindi anche Lui. Era un tassello inimitabile e insostituibile della mia infanzia.
Poi però l’adolescenza stronca ogni certezza. Il mondo diviene una grande schifezza. E devi uscire dal mondo fatato, un muro diventa solo un muro, non è più un teatro, una casa, una montagna. Tutto perde l’atmosfera magica di prima. Per un bambino una tazza può diventare qualsiasi cosa, una canzone udita ogni giorno facendo colazione è La Canzone della Colazione. Senza ma e se e forse.
Poi no. Poi si scoprono le differenze. Gli adolescenti impazziscono a causa delle differenze. Vorrebbero che tutto avesse un ordine gerarchico ben preciso, una collocazione, una legge quasi matematica. Per questo adorano riunirsi in branchi e vestirsi tutti uguali, e designano quasi sempre il più stupido ed arrogante come loro capo: lui sembra aver trovato la chiave per sopravvivere in questo mondo tutto diverso. Scoprii alle medie che Lui era solo uno fra tanti, quasi non mi interessava più. Però in casa c’era sempre. La casa che persa la sua aurea magica, era solo un accozzaglia di mattoni. Poi è venuto il liceo. E io ho scoperto con esso (ma non è una legge comportamentale diffusa, c’è chi si ferma alla fase precedente per lustri), che la diversità, il fatto che io sentissi Lui piuttosto che quegli altri, aveva un significato. E quel significato, corrispondeva esattamente con una serie di valori ed ideali che, chissà per quale processo di osmosi chimica, mi erano stati trasmessi dalla mia famiglia, dagli ambienti frequentati per quattordici anni, dalle letture, le visioni, e così via. Insomma, quel mondo unitario dell’infanzia, in realtà era costituito di numerosi input, messaggi, che in me, rapportati al mio modo fantastico di vedere il mondo, avevano prodotto una serie di convinzioni (tipo la pace ad ogni costo, la coerenza, la lealtà, il rispetto, l’uguaglianza – lo so che parlarne ora in questo paese sembra una barzelletta, ma come ho spiegato, non è colpa mia se sono ancorati in me). Insomma, Lui era uno di quelli che mi avevano mandato messaggi, e guarda caso, ho scoperto, giorno dopo giorno dal IV ginnasio, che la mescolanza formatasi nella mia mente, aderiva completamente ad alcune sue parole (tanto per fare un esempio “è bello ritornar "normalità"/ è facile tornare con le tante stanche pecore bianche/ Scusate, non mi lego a questa schiera/ morrò pecora nera”).
Ogni giorno da quell’anno ho trovato qualche sua frase, qualche sua parola (accompagnate da musiche, lo so, spesso semplici e ripetitive ma a mio dire, assolutamente eloquenti ed adatte al testo) che mi ha accompagnato o mi ha aiutato a capire meglio i moti del mio animo, così confusi e disordinati. Ovviamente non c’è stato solo lui. Nel tempo ho scoperto anche Benni, Baricco, Brizzi, Petrarca, Catullo, Calvino, Montale, e tutti gli altri. Ma li ho scoperti. Se guardo indietro, non vedo giorno in cui io non abbia sentito la Sua voce.
Ne deriva naturalmente che (che linguaggio matematico/fisico che uso…) io avessi una voglia pazza di incontrarlo: per dirgli tutto questo (credo in modo più semplicistico, ma non è escluso che ora io gli scriva copiando para para questa paginetta), chiedergli un paio di dubbi e curiosità (l’occasione reale di una delle mie canzoni preferite, una delle meno conosciute, e cose così), salutarlo, farmi una foto con Lui (gadget da fan delle Spice Girl, lo ammetto, ma…) Di tutti questi buoni propositi, solo due sono stati esauditi. Gli ultimi due, i meno importanti in ordine di interesse, ma mi accontento. Per il momento. C’era troppa gente e io ero troppo emozionata per tentare di più (e anche Lui, probabilmente, dopo una serata a registrare non era in condizioni adeguate ad una discussione esistenziale di questo genere). Et voilà:


[Francesco Guccini e me, Studio Radio2, Giovedì 6 Ottobre 2005]

Marge.           British Marge

Confusi incompositique animi motus

05.10.2005 - 21:37
Leggo: La speculazione edilizia [Italo Calvino]
Ascolto: nada


In questi giorni durante i quali, dopo tanto tempo, finalmente comincio nuovamente a intessere nuovi rapporti umani e sociali, mi è capitato più volte di tornare a parlare degli Scout. La domanda è giunta abbastanza bruciapelo da un ragazzo seduto in Facoltà dietro di me. – Avevo anche pensato di piantare una tendina qua fuori, tanto il bagno dentro c’è, mangio al bar, e poi sono abituata a dormire in tenda…
Mi ha interrotta: - Sei scout?
Eh. Non potevo certo partire col mio discorso lungo una quaresima dello scout dentro, lo scout fuori, lo scout per abitudine etc; gli ideali, quando si hanno solo tre minuti per scambiare due chiacchiere tra una lezione e l’altra, vengono un po’ messi da parte. Così ho risposto semplicemente riassumendo la realtà oggettiva delle cose: - L’ho fatto per dieci anni, ora ho lasciato da circa un anno (la grammatica era più o meno questa; lo so che è orrenda ma parlando mi capita spesso, purtroppo).
La sua successiva domanda è stata quella che mi ha scatenato una serie di pensieri a catena che da circa due giorni mi occupano la mente: - E non ti manca?
Uè. Se mi manca? Che domande. Dopo dieci anni manca praticamente tutto. E poi io ho questa maledetta capacità di ingigantire le sensazioni, soprattutto quelle negative (la mancanza, la solitudine, la nostalgia…). Per caso un altro ragazzo seduto lì vicino è scout. Così cominciamo a raccontarci a vicenda le esperienze, gli anni passati, la squadriglia frequentata, e il discorso è durato fino ad oggi. Si sono aggiunte altre frasi lette qua e là, ed ecco fatto. A tutto ciò si aggiunge la terribile sensazione che non vedrò Tom così spesso come ero abituata prima (da compagni di banco ad frequentatori occasionali…il salto è bello lungo); la paura che mi istilla quotidianamente Fisica Medica e il suo annesso professore; le amicizie che stanno nascendo, le persone simpatiche che sto conoscendo, i momenti che diventano abituali della pausa, il caffè, il praticello, l’attesa dello 022 e il placcaggio dei motorizzati per rimediare un passaggio in macchina…

Marge.     

Anno accademico bla bla bla

03.10.2005 - 20:58
Leggo: nulla
Ascolto: nada


"La vostra chimica con me sarà come un bosco buio, e voi sarete come Hansel e Gretel. Dovrete trovare la casetta di cioccolata...ma se non conoscete entro stanotte tutti questi composti a memoria, sappiatelo, abbiamo chiuso."

Sempre meglio del prof di biologia del corso pre-test d'ingresso ("E il lattosio dice: Ahò, famme 'st'enzima"), ma certo che questi professori sono proprio gente strana. Hanno passato due ore a "presentarsi": uno scambio di battutine generali fra loro. Voglio cominciare a studiare davvero! I programmi sono enormi. Ho paura di affogare nell'ospedale; ho anche pensato di piantare una tendina di fronte (c'è tanto verde, campagne, fiori, prati) e vivere lì. Potrei usufruire dei bagno dell'ospedale. Non è una cattiva idea!

Marge.     

Tutto così difficile

26.09.2005 - 23:21
Leggo: Il barone rampante [Italo Calvino] - Il dottor Niù [Stefano Benni]
Ascolto: ...


Mentre parole di amicizia spontanea fluiscono dalla mia mente e dal mio cuore inarrestabili fino alle mani per comparire il quel video, e penso che in un anno, mentre tanto cose sono cambiate così velocemente quasi, questo sentimento si è rafforzato sempre più, che cacchio, scambiare anche solo quattro parole ogni singolo giorno con una persona diventa importante, vitale direi, e le stesse parole d'amicizia compaiono quindi al di là del vetro freddo calde, e il bianco delle pareti vuote intorno perde consistenza perchè non conta dove sei ma chi e come sei, mi chiedo:


Possibile che ancora si debba star male perchè additato come "diverso", "anormale", "malato" solo perchè si ama?

Marge.     

Forse la giovinezza è solo questo / perenne amare i sensi e non pentirsi [Sandro Penna]

15.09.2005 - 18:45
Leggo: Il visconte dimezzato [Italo Calvino]
Ascolto: Vivo per lei [Bocelli & Giorgia]


Mi ricordo che il primo giorno di scuola avevo una salopet di jeans che amavo tantissimo. Ora mi sta corta, segno che un pochino sono cresciuta, in questi anni. Ovviamente ero finita in primo banco, perché non conoscevo quasi nessuno e le ragazze che conoscevo, non avevano interesse a tenermi un posto accanto al loro. Eppure, la sera prima, avevo sperato con tutto il cuore che il liceo cambiasse qualcosa, ed ero molto fiduciosa, felice, di essere lì. La scuola era grande, enorme, e avevo paura di perdermi; negli angoli c’era gente che chiacchierava, ragazzi così grandi, magari seduti a terra, e molti erano tutti colorati, vestiti con collane, fasce, gonne lunghe, sciarpe, sembravano un’esposizione di moda rom in una particolare atmosfera febbrile ed esaltata, per quanto tutti si sentivano in dovere di dire: “Che palle, di nuovo in questa cazzo di prigione per un anno”.
A Giugno, un giorno che il quadrimestre era già finito, e solo i quinti continuavano a venire regolarmente a scuola, io e Giulia C eravamo in corridoio, a guardare fuori dalla finestra di dietro. Ammiravo molto Giulia (sembrava una copia di me stessa, ma un pochino più sicura di sé: nel senso, odiava le medie e tutto ciò che avevano significato, ma era capace di fare amicizia, non aveva quei problemi di relazione che avevo io), ma non mi era mai capitato di parlare a lungo con lei e ad un certo punto ha detto: “È già finito un anno! Sembra ieri che è cominciato!” e io annuivo, e poi ha detto: “Non voglio che finisca! Di questo passo arriviamo in quinto senza neanche accorgersene!” e in effetti è stato così, purtroppo.


Lunedì ho saputo di essere passata a medicina. È strano: ho sognato così a lungo la medicina e tutto il suo naturale seguito (naturale per me), ed ora che sta cominciando davvero questo cammino, mi sento molto spaesata. Voglio dire: è come sognare per sei anni di voler visitare il Kenya, o fare un viaggio in astronave, o conoscere un principe azzurro vero, e poi, vederlo accadere. Sono sempre stato sicura di ciò che volevo, ma era tutto troppo impalpabile, troppo confinato nell’universo onirico, al di là di una linea per la quale sembrava non ci fosse un passaporto tangibile. E invece ora comincia tutto. Per cinque anni ho studiato ogni giorno pensando a questo, ogni minuto ripetendomi: “Devo andare in Africa” -Africa per dire Sud America, Asia, dovunque- e sempre sapendo che la mia vita non sarà un normale laurea-matrimonio-figli-lavoro giornaliero, ma viaggio, terzo mondo, combattere, pacifismo, attivismo, scrittura, cucire gambe che saltano sulle mine americane, criticare e sempre criticare e sempre scrivendo come unica arma per salvare me stessa dal mondo che riesce sempre a ferirmi, e mai ignorare e sempre indignarsi (come dice Jack Folla) e non rischiare mai, neanche per un minuto, di finire a correre in cerchio dietro un’insegna vuota e mai fermarsi, per troppo poco aver corso in Terra dietro le giuste insegne.

Marge.     

The end - part one

10.07.2005 - 20:09
Leggo: Il bar sotto il mare [Stefano Benni]
Ascolto: Yesterday [The Beatles]


Marge (mentre ripete storia): "Dunque, gli alleati proseguono verso Nord fino a che non vengono arrestati sulla linea Gotica…"
Viviana (autrice delle frasette precedenti): "Arrestati? Come? Questa cosa non la sapevo! E chi li arresta?"


Tanto per continuare a dimostrare come lo studio ad oltranza possa fare veramente male alla mente di persone che, di solito, un minimo ragionano!


Comunque, ora è finita. È stato molto bello, alla fin fine, ripetere la tesina, e forse anche italiano, latino, greco. Filosofia ovviamente si è rivelata abbastanza deprimente visto il livello di intelligenza di chi avevo di fronte, mentre arte e english erano abbastanza semplici e anche un po’ falsate. Geografia astronomica fa schifo. Mi è venuta una grandissima voglia di passare la vita a fare tesine, è veramente qualcosa di interessante e rigenerante, oppure di leggere altre opere dei miei autori preferiti ed analizzarle e scriverci sopra commenti e farne collegamenti. Fantastico. Davvero lascio una parte di cuore nell’università di Lettere.


Ci sono tanti progetti nell’aria.
Ieri abbiamo dato una festicciola, io e Maria, insieme dato che siamo nate così vicine e che per due anni abbiamo diviso lo stesso banco. È così strano pensare che non rivedrò più certe persone. Alcuni non scompariranno mai e ne sono certa, ma altre rimarranno inevitabilmente nel mio passato, senza far più parte del futuro; in una classe capitano persone estremamente diverse fra loro, che si frequentano appunto solo in quanto compagni. Ma ho imparato in questi anni a sentire la mancanza di tutti. Vorrei in qualche modo che fosse obbligatorio rivedersi, così come lo era ogni mattina, sarebbe molto più semplice.
In qualche modo, sono stata estremamente fortunata (tranne che nell’insegnamento della filosofia di quest’anno, devo ammetterlo). Ho avuto insegnanti validi fin dal ginnasio, e quando non lo erano dal punto di vista culturale, si sono dimostrati almeno divertenti da quello umano. L’altro giorno a casa di Chiara abbiamo guardato qualche foto del quarto ginnasio ed eravamo tutti così diversi, così piccoli. Che strano effetto. Alla fin fine, qualsiasi cosa mi sia successa in questi cinque anni, ho visto quelle facce ogni giorno. Ero triste felice incazzata depressa allegra impaurita angosciata divertita e ho visto le loro facce tristi felici incazzate depresse allegre impaurite angosciate divertite.

Marge.     

Troppo studio.

04.07.2005 - 20:09
Leggo: Piccoli uomini [Luisa May Alcott]
Ascolto: What is God was one of us [Alanis Morrisette]


Il vulcanesimo (una nuova setta religiosa, suppongo) esplosivo è un fenomeno impotente (poverino, ha perso le forze! Ti credo, con questo caldo!)


Hitler su suicidò il 30 Aprile 1945 nel bunker con Eva Kant (e con una mascherina nera sugli occhi).


Queste ed altre simili sciocchezze portano lentamente Margherita al suo diciannovesimo compleanno, nonchè vigilia degli orali. Se non impazzisco questa volta non succederà mai più.

Marge.     

Genitivo partitivo?!

28.06.2005 - 12:58
Leggo: nulla
Ascolto: E se Dio fosse uno di noi [Eugenio Finardi]


[...] sapientissimos veterum quique aemulantur eorum sectas [...]


E fu questa frase, che nel recente 23 Giugno (giorno della seconda prova), decise la sorte di Margherita.
La frase avrebbe dovuto esser tradotta: "I più sapienti fra gli antichi e coloro che cercano di emulare la loro condotta".
Ma giustamente la capoccia malata di Marghe decise di tradurla: "I più sapienti e coloro che cercarono di emulare la condotta di vita di quegli antichi". E fu così che ho preso 44 e non 45. Ma mi reputo soddisfatta lo stesso!

Marge.     

"Quale a raggio di sole specchio d'oro"

22.06.2005 - 23:02
Leggo: nulla
Ascolto: Gelato al cioccolato [Pupo]


Qualche giorno fa ho assistito a una scena bellissima: una persona con un grande cuore che rimaneva vicino, in modo affettuoso e gentile, ad un'altra persona, ormai malata e sfiorita, con un grande sorriso. Credo che non ci saranno molte manifestazioni di questo genere quando io sarò vecchia; abbiamo un'ansia di assoluto tanto totale, che anche quando saremo cadenti, fuggiremo verso nuovi mondi in cerca di nuove avventure e nuove persone alle quali far mangiare il nostro cuore; avremo ottant'anni e vorremo, ancora, con tutta l'anima, averne venti e così ci comporteremo; saremo adolescenti immaturi per sempre. Non che sia un male maggiore del diventare maturi, seri, grandi e responsabili fin da subito, e magari perdersi qualcos'altro; ma saremo davvero diversi dai nostri genitori. Saremo però felici? Loro lo sono? Lo sono stati?


Oggi ho fatto il tema; alle otto girava la voce "ufficialissima, eh! l'ha detto Emanuele!" che uscisse Svevo; addirittura erano sicuri sull'ottavo capitolo, il famoso "siamo tutti malati", e siceramente, anche io lo speravo, mi piace "La coscienza di Zeno", l'ho letto tutto e proprio l'ultimo capitolo è il mio preferito. Tutti, freneticamente, ripassavano Svevo all'ultimo minuto, e io scherzando ho detto: "Mo, vediamo se ci troviamo un pezzo del Paradiso, sai che risate!"


Comunque, alla fine, anche fare Dante mi è piaciuto; avrei dovuto immaginarlo, il mio esame non poteva che avere un grande così, non potevo mica ridurmi a fare Quasimodo (senza offesa, ma Dante è Dante, sta perfino sui due euro - particolare che la mia prof. definerebbe carducciano, con una smorfia di disgusto).
Anche le altre tracce non erano male. Mi sono piaciuti tutti i temi, ma c'era una tale atmosfera di retoricità, nelle tracce, e di imperialismo e patriottismo che era proprio chiaro che li avesse scelti lei, Letizia, senza aver sentito neanche un parere. Ma del resto le Università italiane sono covi di comunisti, non lo sapete? Figuriamoci se Letizia, la nostra cara madre (dato che Silvio si proclama padre...brrr che famiglia), avrebbe mai chiesto un parere ai comunisti che mangiano i bambini.


Per la cronaca, rischio di essere interrogata il giorno del mio compleanno. Vedremo se sarà un buon regalo!
La mia tesina procede lenta ma a gonfie vele; mi soddisfa il risultato; forse la pubblicherò, quando sarà tutto finito, vorrei ricevere tanti commenti; l'unico neo è che sta venendo estremamente lunga, per essere ripetuta in 15 minuti, ma nello scriverla, non voglio limitarmi affatto.
Il 7 (giugno) ho preso la patente.
Tutto sommato non va male, studiare mi piace e mi aiuta molto. Fare Kant alle otto di mattina mi lascia in bocca un sapore molto diverso, da quello che avrei se mi svegaliassi giornalmente a mezzogiorno, sola, e dover decidere cosa fare perchè stare in casa è letale. L'idea di studiare tutta l'estate mi alletta, anche se sono stanca. Sono già iscritta ad un'università: Odontoiatria! L'esame di ammissione è il 20 Luglio. Non credo di passarlo, ma è una buona scuola per quello di Medicina che sosterrò a Settembre. E forse a Settembre, volo in Kenya, in una missione. Vedremo cosa combinerò quest'estatte. Al momento, sono un po' preoccupata per la versione di latino: dicono che Quintiliano sia ufficiale, ma visti i risultati di Svevo, io credo che uscirà Sant'Agostino...


La cosa più bella oggi è stato essere di nuovo noi diciannove sui banchi, tutti insieme, e vedere Lei lì a guardarci dalla cattedra. Ogni tanto mi distraevo per osservarLa.

Marge.     

Qualunque cosa pensassimo noi, poteva succedere...

12.06.2005 - 16:12
Leggo: nulla
Ascolto: La descrizione di un attimo [Tiromancino]


Mi tornano in mente questi cinque anni e soprattutto questo, terzo liceo (si, noi siamo del classico e lo chiamiamo così, e nonostante quel che dice Sapienza, un po' ci sentiamo superiori, in questo). Da settembre, la tristezza che avevo già al pensiero dell'ultimo anno, la fissazione di non mancare mai a una sola parola detta da Marina, e poi le feste, sempre più belle e più nuove, i pettegolezzi e le teorie senza senso che poi un senso l'hanno trovato, la perdita di Briganta il 2 Ottobre, la mia fissazione dell'abolizione dei Duali, scout e la sua fine, le situazioni che dovrebbero cambiare dopo tanto tempo ma alla fin fine rimangono le stesse e anzi a volte peggiorano (sono le famose buche), il concerto di Guccini, Per un pugno di libri, così bello, così strano, trovarsi tutti in televisione, vincere, sentirci così uniti, Marina mi chiama perfino con il nome della figlia e io e Tom chiacchieriamo tanto buttati a terra aspettando l'inizio, il Natale così falsato, la febbre e i bambini verdi nel letto, accigliato e triste, la canzone di Steve su Briganta, e poi, Tommaso, e l'inizio dei cartelli demenziali in classe su di me, e le prese in giro e le incomprensioni cuminate in gita, Berlino così fredda e magica e calda, e scout che mi manca tanto ma mi consolo con i miei barboni alla Caritas, le litigate e le lacrime per Lori, e poi Naica che ci lascia all'improvviso. E poi la morte di Adriano, e tutto che cambia per sempre, e la paura del dolore altrui, che ancora mi attanaglia, voglio che siano tutti felici. Il concerto di Venditti e quello di De Gregori. E sempre qualcosa che mi salva e qualcosa che mi uccide, in questo binomio infinito, e ripenso a mille momenti bellissimi, la mia classe, per sempre, la mia ultima classe e i miei professori, credo che lei mi abbia cambiato e influito su come scrivo e come penso quanto nessuna persona in questi tre anni, non sto scherzando, è stabilità, è sicurezza, e queste mi mancano sempre. Non riesco ancora a credere che non salirò più quotidianamente quegli scalini, ascolto i Tiromancino e "Compagno di scuola" e mi viene da piangere. Penso che mi ha salvato, il liceo, l'ho detto mille volte ma non basta mai, alle medie ero una piccola disperata senza amici e credevo che il mondo facesse schifo e ora, il mondo credo che faccia ancora abbastanza schifo (in alcune sue parti almeno) ma c'è anche tanta, tanta bellissima gente e io voglio dire grazie a tutti loro, i miei compagni, cinque anni, grazie. Io vi adoro. Voglio la mia scuola!



   

   

Marge.     

Tiepido marzo.

30.05.2005 - 22:19
Leggo: nulla
Ascolto: If you want to sing out, sing out [Cat Stevens]


Solo questo vorrei
Sapere
Se (felici) lo siete


Forse potrebbe
Appagarmi


Forse.


In tutto questo caldo
Opprimente
Soffocante:
una ventata.


Non il dolce inverno
Ma un tiepido marzo.

Marge.     

Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente...

22.05.2005 - 22:55
Leggo: nulla
Ascolto: Canzone delle domande consuete [Guccini]


Nietzsche diceva che l’oblio è necessario, bisogna dimenticare il passato per trovare, almeno in qualche modo, almeno in qualche momento e per qualche persona, una felicità. Forse dovrei anche io, seppellire tutto, convincermi definitivamente che certe cose non tornano, che tutti stiamo andando inesorabilmente verso la rovina, che se sopravviveremo, inevitabilmente sarà da soli, in altri contesti, con altre persone, che tutto quello che c’era, non può più essere.
Mi dico che non dovrei stare giù. Siamo sei miliardi su questo mondo e chissà quanti ce ne sono stati in passato, dovrei innalzarmi sopra tutto questo e vederla un po’ più filosoficamente. La gente vive e muore e cerca solo di essere felice, anche quando si auto-distrugge, cerca solo di salvarsi, è così, e forse ho sbagliato tutto io, che credo ancora che magari studiando potrò andarmene, o forse, abbiamo ragione tutti, la felicità è talmente soggettiva che ognuno la cerca come può, come vuole, come più aderisce a se stesso, e se ci scontriamo nella via, è solo perchè siamo tutti inevitabilmente diversi, coniati con diversi stampi, e solo a volte, qualcuno aderisce, e solo per qualche momento, quasi sempre illusoriamente. Se solo fossi sicura che siete felici. Se solo davvero avessi questa certezza, potrei anche sopportare l’idea di non combaciare più, potremmo semplicemente incontrarci e raccontarci uno all’altro, senza la presunzione di dover volare insieme in questo basso cielo abissale. Forse quella sarebbe la serenità, non la felicità, forse qualcosa di più grande.
Forse i miei sono solo deliri.
Studiando filosofia (che non mi appassiona come letteratura, ma devo riconoscere che mi spinge a riflettere in modo amplificato) trovo che tutti questi filosofucci da sempre hanno cercato di dimostrare delle verità, anche quelli che si sono illusi di negarle tutte. Povero Nietzsche, credeva di aver risolto tutto negando la morale, dicendo che è frutto di convenzioni, che è “voce del gregge”, negando il tempo ciclico, negando l’apollineo, negando tutto il negabile.
Ingenuo. Chi ti dice questo? Lo credi tu, e altri prima di te hanno creduto il contrario. Dov’è la verità?
Non esiste. Non c’è nulla di vero. L’uomo vuole essere felice e ha diritto di farlo nel modo che crede giusto, nel modo che lo rende tale. E siccome la causa della sua infelicità non sono gli altri uomini, ma quel Dio-Natura-Caso come chiamarlo si vuole, che ci ha fatto tutti diversi, l’uomo deve cercare sì di essere felice ma soprattutto di non fare infelici gli altri, dato che non hanno nessuna colpa nei suoi confronti. Suvvia, non è difficile, forse potremmo farcela.
In tutto ciò, l’unica cosa che mi viene in mente di positivo è: meno male che esiste Guccini, le sue parole così acute e geniali e poetiche e le sue note che mi accompagnano da sempre, da quando sono nata e venivo cullata sulla scia di quelle nenie.

Giovedì sera sono stata al concerto al Palalottomatica di De Gregori, non male. Avevo dimenticato quale effetto amplificante ha un concerto su di me, la capacità che hanno anche le manifestazioni, le feste, e così via, il potere nascosto di farmi sentire tutto più intenso, che alla fine è l’importante. Me ne stavo tutta assonnata, innamorata e disperata a sentire quella voce esibirsi, quando dice “Buonanotte” e se ne va senza aver cantato Pezzi di vetro, che personalmente adoro. Ma è tornato e proprio mentre io pensavo: “Guarda sto scemo che mi fa pagare 25 € e manco mi canta la mia canzone” ha preso la chitarra e le parole hanno cominciato a volare nell’aria.

Marge.     

REFERRER LIST

ME

Avete presente una di quelle neo-diciottenni goffe e magre e brune con gli occhi verdi sempre un po' rossi, insoddisfatta e inquieta e perennemente malinconica, che crede ancora che il mondo si può cambiare, basta volerlo? quelle che si ostinano a leggere BariccoBenniBrizzi e ascoltare Guccini e credono che nella vita pubblicheranno qualcosa prima o poi? quelle che si fanno sempre fregare ma innalzano un inno all'amicizia ogni volta che partono per uno di quei viaggi pseudo-zingareschi, e rimangono sempre senza soldi e vogliono solo amare davvero? UNA DI QUELLE.

 Il mio tatuaggio - Febbraio 2004, sulla spalla destra   

LETTO DA SETTEMBRE 2004

- L'insostenibile leggerezza dell'essere [M.Kundera]
- Comici spaventati guerrieri [S.Benni]
- La misteriosa fiamma della regina Loana [U.Eco]
- Novecento [A.Baricco]
- Germinale [Zola]
- Le Braci [S.Màrai]
- Le ore [M.Cunnigham]
- Le avventure di Tom Saywer [M.Twain]
- Il Gattopardo [Tomasi di Lampedusa]
- Undici minuti [P.Coelho] - Arrivederci piccole donne [M.Serrano]
- La coscienza di Zeno [I.Svevo]
- Memorie delle mie puttane tristi [G.G.Marquez]
- Michael mio [A.Oz]
- Angeli da un'ala soltanto [S.Gastaldi]
- La signora Dalloway [V.Woolf]
- Ragazzi di vita [P.Pasolini]
- Piccoli uomini [L.M.Alcott]
- Il berretto a sonagli [L.Pirandello]
- Margherita Dolcevita [S.Benni]
- Il bar sotto il mare [S.Benni]
- Senza sangue [A.Baricco]
- Saltatempo [S.Benni]
- Castelli di rabbia [A.Baricco]
- Doppio sogno [A.Schnitzler]
- Il sentiero dei nidi di ragno [I.Calvino]
- Il mio paese inventato [I.Allende]
- Il signore delle mosche [W.Golding]
- Ultimo viene il falco [I.Calvino]
- Il visconte dimezzato [I.Calvino]
- La formica argentina [I.Calvino]
- L'entrata in guerra [I.Calvino]
- Il barone rampante [I.Calvino]
- Il dottor Niù [S.Benni]
- La speculazione edilizia [I.Calvino]
- La nuvola di smog [I.Calvino]
- Il cavaliere inesistente [I.Calvino]
- Marcovaldo [I.Calvino]
- Questa storia [A.Baricco]

SCRITTO DA SETTEMBRE 2004

- Terminata la prima parte di Briganta.
- "Io conducente di un autobus" Novembre 2004 per il concorso di HoldenLab.
- Pezzi vari di racconti vari.

PASSATO

- 07 Aprile/12 Maggio 2005
- 06 Gennaio/25 Marzo 2005
- Natale 2004
- 15 Ottobre/14 Dicembre 2004
- 07 Ottobre 2004
- 04 Giugno/05 Settembre 2004
- 17 Aprile/02 Giugno 2004
- 28 Gennaio/16 Aprile 2004
- 23 Ottobre 2003/22 Gennaio 2004
- 9 Agosto/19 Ottobre 2003
- 7/30 Aprile 2003
- Settembre 2002/Marzo 2003

TAG-BOARD



(smilies)

Vuoi un lay-out personalizzato e su misura? Io posso realizzarne uno per te! Contattami tramite commento -tag - email.

LINK

- www.marge.it [my collective]
- Ayumi Page [my personal site]
- Per giocare la scrittura
- Scouting for boys

LEGGO

Aperti:
Steve- Elisewin- Lloth- Benni- Herm- Juu- Lux- LuKa- ChaDo- Yasu- Jerosy.

Chiusi:
Meggie- Nivis- Sonia- Kykia- Fuxia- Fania- Ale- Haya.

LAY-OUT

Lay-out realizzato da Marge, vietata la riproduzione. L'immagine è un quadro intitolato "Madonna" di Edward Munch, deto "Madonna Lasciva".

Site Meter

da Gennaio 2005


The current mood of margherita.pace@marge.it at www.imood.com