Giornata Mondiale Contro l'escissione

06.02.2007 - 22:00
Leggo: Anatomia Umana [Balboni] - Antologia di Spoon River [Edgar Lee Masters]
Ascolto: nulla.


Oggi è la Giornata Mondiale Contro l'escissione, ovvero contro la mutilazione dei genitali femminili. Un tema che fa sentire dolore solo a parlarne, ma che non va assolutamente ignorato. Cos'è l'escissione (o infibulazione)?
La circoncisione è la puntura del clitoride con uscita di sette gocce di sangue simboliche; non ha ripercussioni sulla vita della bambina (forse solo psicologiche).
L'escissione è l'asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra.
L'infibulazione è l'asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale.
Vi sono problemi nell'urinare, durante il ciclo, i rapporti sessuali sono dolorosissimi e il parto ancor di più; sopravvengono infezioni che spesso portano alla morte della bambina; i tagli vengono eseguiti senza alcun tipo di anestesia e con cocci di bottiglia o lattine.

Non bisogna chiudere gli occhi e far finta che non accadono queste cose, perchè probabilmente una bambina di dieci anni sta subendo questa tortura nel momento esatto in cui io scrivo e voi leggete.

Per saperne di più: Infibulazione.it; Moolaadè.


Marge.           British Marge

Avrei potuto salvarne un altro.

30.01.2007 - 00:17
Leggo: Fisiologia [F.Conti] - Antologia di Spoon River [Edgar Lee Masters]
Ascolto: John Williams - Theme from Schindler's List


Sentire i titoli di coda di Schindler's List e ricordare, è una canzone della mia infanzia. Un qualcosa che mi ricorda la mia sala hobby mezza buia e quella visione, quel cappottino rosso. Quel pianto disperato - avrei potuto salvarne un'altro. Qualcosa in cui sono cresciuta, la necessità di sapere la verità per salvarne un altro.
E continuo a chiedermi, morsa dentro dall'ansia, com'è potuto succedere? Ogni volta mi sento male e ogni volta mi pongo le stesse domande, come hanno potuto accettarlo? I tedeschi, gli ebrei, tutti gli altri, a far finta di nulla...
E' l'indifferenza ad uccidere. Anche io faccio finta di nulla. So cosa accade e ogni mattina mi arrabbio se non ho i novanta centesimi del cappuccino.

Sono stata al concerto di Guccini. Lui è nato nel 1940, avrebbe potuto essere uno di quei bambini. Avrebbero potuto essere i miei nonni.
E' così terribilmente vicino a noi.


Marge.           British Marge

Merde e altalene

23.01.2007 - 18:07
Leggo: Fisiologia [F.Conti]
Ascolto: ...


Oggi ho capito che il dolore e la merda sono come un'onda meccanica: si sale e si scende. La vita va per fasi alterne come un'altalena e se vai su dopo un po' torni giù inevitabilmente...
E non mi aiuta pensare che tanto poi si tornerà su, sono semplicemente molto stanca di tutto.


Marge.           British Marge

Picolo esser co' tuti i picoli / e morir de passion [Noventa]

13.01.2007 - 01:00
Leggo: ...
Ascolto: ...


E perchè, mi domandavo angosciosamente fissando quel corpo grasso, schiacciato in quel letto, quegli occhietti tondi che mi fissavano quasi senza espressione, quelle labbra carnosette che pure stavano pronunciando parole così chiare ed umane, perchè tu, in questo momento, sei me, e un momento dopo sei così lontano e diverso da me, che posso quasi pensare che tu non esista, ma sia un gioco della mia fantasia? Perchè siamo condannati a questa assurda divisione, tu lì, e io qua? Che cosa fa che io sia un uomo, e tu un altro uomo? Quale crudele condanna ci obbliga continuamente a mentire e a mentirci, cioè a essere diversi e separati l'uno dall'altro?
[La giacca verde - Mario Soldati]


Marge.           British Marge

Sull'ironia

09.01.2007 - 23:49
Leggo: ...
Ascolto: God helps the outcasts [??]


Ho capito una cosa: non riesco ad essere ironica. Mi dico spesso: ora mi siedo e scrivo un bel post ironico-divertente ma satirico sul mondo, la società, i costumi, e non riesco, scivolo sempre nel patetico vittimismo, consono al mio essere una bella patosensibile-pericolosa-e-contenta-di-esserlo.
Anche quando scrivo racconti, e non post: a volte vorrei ispirarmi a Benni, che dalle situazioni più disperate riesce a tirare fuori episodi comicissimi (qualcuno ha presente Achille Piè Veloce, il pezzo in cui Ulisse è in macchina con il fratello di Achille? Ecco, io l'ho trovato divertentissimo); e invece niente, scivolo sempre sui toni pseudo-aulici e realmente deprimenti alla Baricco (giusto per citarne un altro, tra i miei musi ispiratori). Mi manca il gene della battuta, questo risulta chiaro anche a chi mi conosce di persona, se dico una cosa divertente, è perchè l'ho pensata a lungo, e quindi la mia battuta giunge sempre con almeno due giorni di ritardo rispetto all'occasione che l'ha scatenata. Il mio solito tono o è altezzoso da signorina-so-tutto-io (ma io so davvero tutto eh!), oppure un po' lamentoso da vittima delle ingiustizie terrene (mio fratello mi definisce senza tanti preamboli una "scassapalle").
Ed ecco, anche questo post: ma che senso ha?
Volevo farmi dell'autoironia e mi sto annoiando da sola a scriverlo. Basta.


Marge.           British Marge

Felicità

29.12.2006 -19:43
Leggo: Racconti d'amore [G. De Moupassant]
Ascolto: A Whole New World [??]


Strano il Natale, vero?
A me fa sempre un effetto contrastato di nostalgia-depressione-entusiasmo, tutto mescolato come sempre (mai che io possa avere una sensazione unilaterale e facilmente individuabile...)
Tra l'altro, ho la febbre. E ho scoperto di averla avuta negli ultimi...venti anni! Due anni fa avevo le allucinazioni, e ho chiamato mamma dicendole: "C'è un bambino verde nel letto". Sempre in questo periodo! Vabbè.

Qualche sera fa (diciamo notte...erano circa le tre), fuori da un locale ho incontrato un ragazzo che era in classe con me alle elementari e alle medie, un ragazzo del paese, uno sempre visto in giro. Da bambino non mi stava molto simpatico, invece al liceo l'avevo rivalutato, senza però approfondire più di tanto. Ci siamo ritrovati lì fuori, nel freddo della notte lacustre, e lui mi ha chiesto di aggiornarlo sulla mia vita. Ho detto: "Vivo a Roma, ora, vado all'università che va bene, e poi basta, così..." ero un po' imbarazzata e non sapevo bene su cosa concentrare, ma lui mi ha interrotto dicendo: "Bene, allora sei felice."
Questa cosa mi ha fatto pensare. Felice? Non risponderei di si, se me lo chiedessero a bruciapelo. Però, evidentemente, basta dire che all'uni va bene, per far credere in giro che io non abbia problemi. Devo dare l'impressione di essere felice. Strana cosa.

Ieri sera, invece, un mio amico mi ha sopreso. E' un ragazzo molto chiuso, timido, che con noi si era sempre limitato al minimo indispensabile, che sembrava sopportarci solo perchè si trovata con noi per caso. Un tipo chiuso e schivo. E ieri, era andato via da una mezzora dopo una serata a giocare a tombola, mi ha mandato un messaggio: "Vi voglio un sacco di bene"; io ero già a letto, mezza febbricitante, un po' addormentata, l'ho letto e ho provato una grandissima sensazione di dolcezza, e questo messaggio, davvero, mi ha resa felice per un momento. Perchè si è aperto, perchè vuol dire che ci tiene, a noi e alla nostra amicizia, perchè anche io gli voglio molto bene, perchè in classe io stavo davvero bene con tutti e vorrei che così fosse anche per loro, sempre.

Ho mal di testa, di gola, il naso chiuso e una gamba bloccata. Ma cosa ho?!


Marge.           British Marge

Il suono del silenzio

23.12.2006 - 00:29
Leggo: Racconti d'amore [G. De Moupassant]
Ascolto: The Sound of Silence [Simon & Garfunkel]


Salve oscurità, mia vecchia amica
ho ripreso a parlarti ancora
perché una visione che fa dolcemente rabbrividire
ha lasciato in me i suoi semi mentre dormivo
e la visione che è stata piantata nel mio cervello
ancora persiste nel suono del silenzio

Nei sogni agitati io camminavo solo
attraverso strade strette e ciottolose
nell'alone della luce dei lampioni
sollevando il bavero contro il freddo e l'umidità
quando i miei occhi furono colpiti dal flash di una luce al neon
che attraversò la notte... e toccò il suono del silenzio

E nella luce pura vidi
migliaia di persone, o forse più
persone che parlavano senza emettere suoni
persone che ascoltavano senza udire

persone che scrivevano canzoni che le voci non avrebbero mai cantato
e nessuno osava, disturbare il suono del silenzio

"Stupidi" io dissi, "voi non sapete
che il silenzio cresce come un cancro
ascoltate le mie parole che io posso insegnarvi,
aggrappatevi alle mie braccia che io posso raggiungervi"
Ma le mie parole caddero come gocce di pioggia,
e riecheggiarono, nei pozzi del silenzio

e la gente si inchinava e pregava
al Dio neon che avevano creato.
E l'insegna proiettò il suo avvertimento,
tra le parole che stava delineando.
E l'insegna disse "le parole dei profeti
sono scritte sui muri delle metropolitane
e sui muri delle case popolari."
E sussurrò nel suono del silenzio ...

E' così che io mi sento. Un dio Neon decide delle mie giornate, ed io urlo nel silenzio ma le mie parole non riescono a scalfire quel muro di disperazione che c'è, e quel maledetto dio al quale anche io mi prostro succhia avido ciò che mi sarebbe dovuto, e non è poi così tanto. Grido nel silenzio ma ascolto le mie parole rieccheggiare. Ed allora mi incammino nuovamente, lungo la mia via fatta di cose belle e brutte, di episodi da raccontare e momenti in riva al mare a gioire e nottate passate nell'amore, ma non basta. Non è abbastanza. E' lei che mi manca, è lei che il dio neon ha rapito, è lei che da sola riesce a rendermi disperata e non riesco a farmi bastare il resto che ho. E' lei che amo ed odio, e mi dispero perchè non posso fare altrimenti. E' per lei che mi sento immensamente in colpa, quando penso di lei così male, ed è lei che vedo riflessa in me quando mi guardo allo specchio, e penso, no, non voglio diventare così, e poi penso, ma sei felice? Lo sei stata, vero? Lo eri? E lo sarai ancora, vero?
E tra metropolitane e case popolari passo le giornate, ed ora, finalmente, un paio di giorni di vacanza.


Marge.           British Marge

D'amore di morte

21.12.2006 - 20:36
Leggo: Racconti d'amore [G. De Moupassant]
Ascolto: Here's to you [J.Baez]


Strappati alla loro vita quotidiana, privati di ogni bene, separati dalla famiglia, dalle persone di cui erano innamorati, rapati a zero, spogliati, osservati con occhio freddo, defraudati del nome e dell'identità e ridotti ad un numero tatuato su un braccio, nel freddo e nella fame costretti a lavorare duramente, oltre ogni limite umano, utilizzati come cavie da laboratorio innestando su loro volontariamente malattie per sperimentarne rimedi; e nessuno di loro, mai, ha tentato il suicidio; lottare per sopravvivere non contempla l'idea di abbandonarsi. Gli storici caddero dalle nuvole quando si resero conto che nei campi di concentramento non c'erano casi di suicidio; ma, al contrario, Primo Levi, giunto ai settant'anni, sopravvissuto, divenuto famoso, ascoltato da tutto il mondo, non ce l'ha fatta.
E mi viene da chiedermi perchè i paesi con il più alto tasso di suicidio tra i giovani sono gli USA, il Giappone, la Svezia. Paesi dove stiamo tutti bene, mangiamo e dormiamo e viviamo con le persone che amiamo, lavoriamo per comprarci la macchina, il telefonino, la vacanza d'estate, leggiamo, guardiamo film, facciamo l'amore. Mi chiedo perchè a tanti diciassettenni viene in mente, un giorno, di aprire la finestra e buttarsi di sotto. Mi chiedo cosa pensano, mentre sono sull'orlo. Mentre cadono. E quando il grigio dell'asfalto è a un millimetro.
Chi ci insegna ad essere felici?
Felici al di là di tutto. Felici e basta. Non felici per qualcosa.
Nel mio liceo, hanno piantato tre alberi, da quando è aperto: per tre diversi ragazzi, che, in momenti diversi, hanno deciso di lanciarsi da un tetto.


Marge.           British Marge

No comment

11.12.2006 - 10:48
Leggo: Racconti d'amore [G. De Moupassant]
Ascolto: nulla



Non ci sono parole per descrivere questo che credo sia stato il miglior concerto di Guccini che io abbia mai sentito, per scelta delle canzoni. IncontroFarewellCanzonedellaBambinaPortoghese...

Per il resto, credo sia tutto ok.


Marge.           British Marge

Tornata.

04.12.2006 - 10:48
Leggo: Racconti d'amore
Ascolto: Margherita [R.Cocciante]


Se c'è una cosa che ho capito in questo lungo weekend di veglia è che non contano niente i luoghi e le cose che ci circondano, quanto le persone. Che si può stare dappertutto a fare qualsiasi cosa ma se intorno ci sono persone speciali, va tutto bene.

Fa male però quando le cose grandi e belle non vengono affatto capite dalle persone che amo. Quando una persona che amo si trasforma in un essere ottuso e chiuso e so che non potrò mai spiegargli quanto io sia stata bene e perchè, non capirebbe, non si concentrerebbe sul capire cosa provo e cosa sento veramente ma sulle sue idee già preconfezionate. Ordinate per posta al mondo superficiale, pacco celere in arrivo con idee pronte per l'uso, facili da usare, pochi problemi di coscienza, nessuna domanda da porsi. Se non quando si inciampa in una piccola margheritina dalle radici tenaci. Non sono un'ingenua e so che il mondo non capisce tante cose, ma fa male quando succede qui, nel cuore. Sono molto confusa. Ho bisogno di parlarti e vederti.

Come sempre, sono scivolata in quella dimensione di beatitudine-disperazione che tanto mi si addice; e sorrido e mi viene da piangere e vorrei scappare e vorrei restare e vorrei fermarmi qui per sempre ad osservare disegni bellissimi con pomodori alati solo per me e vorrei correre all'impazzata di fuori e correre e correre verso non so quando, quando potrò forse capire cosa succede.

(C'è una domanda che mi pongo da qualche giorno: è tutto così bello perchè non è un'abitudine? E, al contrario, una cosa così bella può esser diventata fonte di pianto solo perchè ormai ci siamo abituati? Il bello è bello sempre? O serve qualche inconveniente a ricordarlo e mantenerlo?)

Ho paura di accettare, di rendermi conto, che ci potrebbe esser qualcosa in più, che come al solito io ho immaginato e plasmato qualcosa che forse non c'è, perchè voglio qualcosa che sia più forte e grande di un semplice camminare accanto, voglio volare e sono stufa di queste cose materiali che decidono della nostra vita interiore, e di questi stupidi ricatti affettivi e frasi maledette dette perchè non siamo abituati a parlare da dentro ma per noi parlano le cose e i luoghi. Voglio che a parlare siano le persone.
E ciò che mi fa più male è che di tutto il bello che c'è stato questo weekend, non potrò parlarti. Al momento neanche voglio poi tanto, perchè le cose grandi e belle si rovinano, a parlarne alla gente.

Non capisco non capisco non capisco noncapiscononcapisco noncapisco nncpsc

Però al momento sono molto felice, davvero. Per altri motivi, ma lo sono. Grazie a persone, e non luoghi o cose.

(più in là magari racconterò qualcosa del concerto e del resto)


Marge.           British Marge

Lettera d'amicizia

28.11.2006 - 20:37
Leggo: Racconti d'amore
Ascolto: Margherita [R.Cocciante]


Il cuore mi batte fortissimo quando penso che domani, a quest’ora, sarò sotto un cielo fosco ma soprattutto bolognese, e dopodomani a quest’ora sarò già lì ad aspettare che il Guccio cominci a cantare la sua Lunga e Diritta Correva la Strada (canzone diventata per me irrealmente reale da un anno e mezzo…), e in tutto ciò mescolato ci sarai tu, dal vivo più che mai. Non ci posso credere! Dopo più di cinque anni, lo sai? Che parliamo e siam cambiati tanto insieme.
Non riesco ancora a crederci e sono così felice, così tanto!

C’è troppo che si mescola in questi quattro giorni bolognesi che mi aspettano: un punto d’arrivo che spero sia solo un punto d’inizio per qualcosa di bello almeno quanto il passato: e parlare insieme per questi anni è stato bellissimo.

Di persone virtuali ne ho conosciute tante; tante ne conosco da svariati anni, con alcune sono in buoni rapporti, con altre ho approfondito andando al di là di una semplice amicizia sul web. Alcuni li ho incontrati e di uno sono stata davvero innamorata. Ma non credo sia la stessa cosa, e quando ho letto quelle due piccole frasi “Marge, il fiore più bello, da sempre anima gemella” mi sono venute le lacrime agli occhi; e se prima quando mi dicevano che la nostra era una pazza storia d’amicizia fondata sul nulla e frutto di mere chimere, mi arrabbiavo e mi infuriavo, ora mi viene da sorridere perché, tanto, ho capito che le cose belle, quelle grandi, quelle che saranno per sempre anche se dovessimo rivederci fra cinquant’anni, la gente non le capisce, o forse non ne ha solo la voglia, e tanto vale tenerle per sé e gustarle, lentamente, e non andare a dirle in giro, che si guastano. Ciò che per me è vero è che non ho amici come te.

E dire che siamo così diversi! La prima email che tu mi abbia mai scritto parlava di Harry Potter. La prima foto che tu mi abbia mai mandato era un fotomontaggio di te con gli occhiali da sole mentre volavi in un cielo blu: e non si vedeva quasi nulla! E poi c’è stata quell’estate in cui parlavamo ogni giorno, ogni notte per ore e alla fine tu ti sei confidato e per me è stato un regalo bellissimo, perché ho capito che tenevi alla mia amicizia e ti fidavi di me. E anche se dopo sono successe molte cose brutte, a me e a te, io mi consolavo sapendo che mi avresti ascoltato, e volevo che tu ti facessi ascoltare da me. Per primo insieme a pochi altri eletti hai avuto il privilegio di leggere Briganta, e hai scritto e cantato per me. E anche ora, che le cose brutte non sono affatto andate via ma persistono sempre, forse in diverse sembianze, spero che sia così per sempre, sapere di trovarti sempre.
E l’idea che tutto questo dopodomani sarà carne e sangue e ossa mi fa impazzire!

Ovviamente, come sempre, anche questo impazzimento d’amicizia, per me momento fondamentale di una piccola e meschina esistenza (per quanto amata carnalmente e sempre ricercata), sarà accompagnato dalla voce di Francesco Guccini. Non c’è verso che manchi mai, lui e la sua voce e quelle sue parole così affini che quando ne scopro di nuove mi fanno male dentro. E c’è anche un altro piccolo dolore, che accompagna, perché se c’è qualcosa di grande e bello nella vita c’è sempre anche la sua controparte piccola e triste, e a mescolare il tutto c’è Guccini.
Mi viene da pensare che dei miei sei concerti di Guccini, i primi, ovviamente, li ho visti con Mater et Pater et Frater, ed è lì, a quattordici anni, che pian piano ho capito che quella voce che ascoltavo fin dalla culla era qualcosa di speciale; e uno l’hanno visto solo Mater et Pater da soli e mi ero così arrabbiata, che non mi ci avessero portato (quando ha presentato come nuovo disco D’amore Di Morte e Di Altre Sciocchezze…e non mi hanno portata!); il più bello tutti e quattro insieme, proprio a Bologna, quattro anni fa o giù di lì. E poi dopo, uno con amici perché ormai, oh, avevo sedici-diciassette anni ed ero grande, eh! E poi uno molto da famiglia di sinistra senza inutili barriere, con amici, padre e cugina tutti insieme. Ed ora, vado con Pater a Bologna, io e lui, e penso che all’altro concerto a Bologna eravamo in quattro. E vabbè.
Ma tutto questo non basta ad offuscare la mia felicità! Concerto e poi tu…e quattro giorni per staccare la mente da tutto e riprendersi, che poi bisogna cominciare a studiare seriamente anatomia, (che non bastano più quattro ore a pomeriggio, no).
E poi tu!
E poi tuuuu…
Mi metto a cantare!
Che bello…!

A presto, ti voglio tanto bene. A presto sul serio.


Marge.           British Marge

E la strada si apre, passo dopo passo

20.11.2006 - 12:42
Leggo: Vacanze all'Isola dei Gabbiani [Lindgren Astrid]
Ascolto: La strada [Scout]


Qualche mese fa, circolava nella Metro di Roma un annuncio pubblicitario su un concorso ("Hai 90 righe per uscire dall'anonimato") per brevi racconti, indetto dalle tre agenzie che governano il traffico pubblico a Roma, Atac, MeTro, e TramBus. Ho deciso di partecipare all'ultimo minuto inviando un racconto ("Se fossi un uomo"), scritto qualche anno fa, poichè era l'unico della lunghezza giusta (di solito scrivo molto, molto di più). Due settimane fa mi è arrivato l'invito alla premiazione, che è stata molto carina, con Cinzia Leone a tenere banco con gag divertentissime, e la vicesindaco Mariapia Garavaglia a premiare i quindici vincitori; i partecipanti sfioravano i duemila, tra cui anche un centinaio di under18 che sono stati invitati sul palco; a parte un episodio che mi ha fatto rizzare i capelli (Cinzia Leone ha ricordato l'importanza di educare i nostri figli a perdere perchè nella vita prima o poi si perde e bisogna essere preparati, e ha chiesto ai bambini sul palco se loro avessero mai perso; ovviamente hanno tutti riposto di di sì, tranne una fashion tredicenne in minigonna e strass che ha risposto: "Io no, io non ho mai perso perchè io sono invincibile". Micidiale. Per fortuna Cinzia Leone le ha risposto: "Tu stai messa proprio male, cara mia!"), è stato un pomeriggio davvero carino. Alla fine, è stato annunciato che tra tutti i partecipanti, sono stati scelti 193 racconti e riuniti in un volume edito per la FullColorSound: c'è anche il mio!
E' stato davvero bello ed emozionante vedere il mio racconto stampato bianco su nero in un libro!
Se vi capita di averlo tra le mani (ne dubito), il mio è a pag.241.

Mi è sembrato di fare un piccolo passo verso il mio sogno. Pian piano...


Marge.           British Marge

La vita è per volare [Scout docet]

13.11.2006 - 19:22
Leggo: Anatomia del Sistema Nervoso [L.Cattaneo]
Ascolto: Smells like teen spirit [Nirvana]


Ho sempre creduto nella forza dell'uomo di tirarsi fuori dai più grandi casini in cui si è ficcato con le proprie mani.

Credevo che il giorno in cui tu avessi detto "Mi pento di quello che ho fatto negli ultimi anni" sarebbe stato un bel giorno, felice, solare, in cui avresti guardato all'orizzonte con il luccichio negli occhi e la voglia di cambiare. Ma sono troppo egocentrica, -cioè- proietto sempre su di me i sentimenti altrui; perchè io, lo so, lo direi così: direi "Avrei dovuto fare meglio" solo se animata da una voglia enorme di darmi da fare per cambiare tutto. Perchè credo fermamente che tutto si possa cambiare. Ma tu no. Tu credi di essere alla fine. E ciò non è vero solo se il tuo animo sa rispondere in modo adeguato. Potresti essere alla fine ma hai tutte le carte in regola per essere all'inizio. Sei all'inizio. Ma hai detto quella frase con tono di sconfitta, tono rabbioso e deluso, e contemporaneamente, sai benissimo che alla fin fine in qualsiasi altro modo avresti potuto vivere questi anni, in fondo, tempo per piangere ce n'è sempre e motivi a non finire, e non ci avrebbe aiutato ad essere più sereni. Ognuno ha scelto la sua strada, il suo modus vivendi solo per sopravvivere. E ora siamo qui, e c'è chi si rassegna ma ha forza per spiccare il volo -io nella fattispecie- e chi rabbioso si sente sconfitto e non ha più ali per volare. Volare non è facile, ci sono giorni che diresti: "Amico caro, mi basta che voli te". Ma il volo è volo. No?

Ecco. Queste sono le belle parole. Questa è la teoria. la pratica è un'altra.
Perchè so cosa intendi tu per volare ma nella mia idea di mondo quello significa ritrovarsi a quarant'anni e ripetere quella frase con ancora meno spinta a cambiare.
E so che il mio volo non è il tuo volo. Che ora non vedi neanche cosa potresti fare. Che non c'è nulla che ti appassioni - e le passioni sono quelle che mi hanno salvato finora - ognuno ha scelto la sua via.
E quello che ora potrebbe salvarti non è parlare parlare parlare, ma agire, aprire un giornale, un sito, darsi una mossa e trovare qualcosa. E non so se sarebbe giusto mettermi io o lasciarmi da parte e farti provare. Cosa che in parte non riesco a fare.

(In tutto ciò, ho avuto un momento di vero egoismo standoti ad ascoltare e ho pensato: "Dovrò aiutare anche te, farmi carico anche di te, dei tuoi problemi, le tue sconfitte. E tirarti su quando sarai triste, e gioire con te quando sarai felice anche se per conto mio vorrei morire." Credo siano pensieri abbastanza comuni ma quando mi saltano in mente mi sento un verme).


Marge.           British Marge

Donne

11.11.2006 - 15:27
Leggo: Vergogna [Coetzee]
Ascolto: La canzone della bambina portoghese [F.Guccini]


Quest'estate mi è capitato di leggere libri dedicati alle donne. Libri come quelli di Marylin French o Cunnigham, o della Serrano. Mi viene spesso da pensare alla situazione delle donne, e non parlo di quelle del Terzo Mondo, ma di noi, donne di una società "civile". Penso a Mary, ad Alice di Cunnigham, alle altre che ritrovo, sempre, nei libri di coloro che scrivono veramente, e non fanno operazioni commerciali. Libri di uomini di sensibilità e donne che hanno il coraggio di riconoscersi sconfitte. In particolare, mi sono capitati libri sul Sogno Americano degli anni '50: grandi promesse fatte dalla possibilità di svoltare, inserisi in modo vincente in un'economia in crescita, piccoli passi fatti per passare da un buco di due stanze in affitto, a una bella villetta a schiera. Donne illuse, falsamente emancipate, che rinunciano agli studi pensando "Ora devo aiutare lui, poi potrò pensare anche alla mia carriera", donne che scarsamente soddisfatte persino dal punto di vista sessuale, vengono omaggiate di sorrisi e abbracci quando preparano una torta perfetta, ed ignorate se provano a parlare di qualcosa d'interessante. Non sto esagerando. E non credo che sia finita lì, agli anni '50, e che ora sia diverso. Vedo le famiglie d'oggi, vedo le coppie intorno a me.
Quando siamo seduti a tavola, e manca qualcosa, vedo istintivamente le schiene delle donne flettersi per alzarsi e prenderla. Vedo donne che sanno tutto sulla loro casa: cosa c'è e cosa no, cosa bisogna fare e qual è il momento migliore. Vedo uomini rimasti soli per due giorni impazzire. Vedo anche uomini volenterosi che dicono: "C'è da stirare? Posso fare qualcosa?" e come bambini seguire passo passo le istruzioni della donna. Vedo uomini rimasti soli per sempre faticare a stare dietro a tutto, trascurare sempre qualcosa. Vedo donne ormai stufe che lasciano andare tutto come va, non se ne curano più. Vedo uomini gongolanti e sicuri di essere giusti e moderni perchè mentre la moglie cucina, sono lì in cucina e le raccontano i misfatti dei colleghi.
Mi chiedo come si fa ad essere giusti. Cos'è l'emancipazione, cos'è la libertà, cos'è la giustizia.
Com'è possibilire dimostrare la realtà vera ed eludere le falsificazioni facili, ingenue, di coloro che credono di far bene e non si rendono conto che non è così. Com'è possibile per un figlio capire come stavano le cose, veramente, non sentendo l'una e l'altra campana così discordanti. Come si può perdonare le mancanze ed apprezzare la fragilità e l'immensa forza umana. Come poter crescere in modo diverso, non fare questi sbagli, e trovarsi, comunque, ad inarcare la schiena ed alzarsi per prendere un cucchiaio e pensare "lui lo farà la prossima volta".


Marge.           British Marge

Realtà

30.10.2006 - 09:52
Leggo: Cuore di Cane [Bulkagov]
Ascolto: Il funambolo [I Ratti dell Sabina]


Ieri, dopo tante domeniche impegnate, ho avuto la possibilità di vedermi, finalmente, il bellissimo programma Per un pugno di libri - quanti ricordi e felicità e momenti indimenticabili e inizi di qualcosa di grande in quegli studi della rai due anni fa -. Ora il gioco è un po' cambiato, ci sono nuovi giochi e soprattutto, due diversi libri sui quali le classi si sfidano; ieri c'erano il Candido di Voltaire e il Don Chisciotte di Cervantes, che da mesi è impilato sul mio comodino in attesa di essere letto. E senza dubbio, l'intervento di uno degli ospiti di ieri ha aumentato la mia voglia di leggerlo. Davide Riondino infatti ad un certo punto, parlando di Don Chisciotte e della percezione "alterata" della realtà che il cavaliere ha, dice: "Le realtà che percepiamo da innamorati sono altrettanto degne quanto quelle dei disamorati" ed io aggiungerei, forse anche di più. Ho adorato l'uso del plurale per la parola "realtà" e l'innamoramento come spinta propulsiva a guardare con altri occhi, anche a costo di venir deriso, proprio come accade a Don Chisciotte. Del resto Francesco Guccini lo aveva già detto con parole altrettanto splendide...

...preferisco le sorprese di quest'anima tiranna
che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti,
ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti.
Prima d'oggi mi annoiavo e volevo anche morire,
ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire.

Voglio essere una "donna nuova". Voglio non aver paura di vedere ostinatamente le mie realtà e combattere per farle avverare. Voglio essere innamorata per sempre come lo sono ora, del vivere e delle persone e della felicità e della malinconia, impulso indispensabile per una esistenza consapevole. Voglio avere sentimenti accesi e mai dormire e far scorrere via i minuti senza ridere e piangere per ciascuno di essi contemporaneamente. Voglio urlare che essere felici non è poi così difficile, bisogna solo scrollarsi di dosso questa stupida realtà che ci hanno appiccicato e che ci propinano come unica possibile o comunque unica giusta, ed innamorarsi e guardare le realtà che copiose ci piovono addosso pronte per essere fagocitate dalla nostra immensa volontà. Voglio non essere mai una disamorata.


Marge.           British Marge

RECENSIONE: Ho voglia di te

26.10.2006 - 16:11
Leggo: Cuore di Cane [Bulkagov]
Ascolto: L'uomo che piantava alberi [I Ratti dell Sabina]


Leggendo questo assurdo libro la domanda che più frequentemente mi è saltata in mente è stata: Ma perché quest’uomo ha venduto milioni di copie e io neanche conosco di vista un editore?
È un’ingiustizia. E non lo dico solo per me, ma per mille altri autori dai libri decisamente migliori che rimangono sconosciuti e le loro poche copie si perdono tra gli scaffali delle librerie. Ma la risposta, purtroppo, la so già…
Questo seguito di Tre metri sopra il cielo è ancora più terrificante del primo; e devo dire che dopo Garcia Marquez e una full immersion di due mesi in Cunnigham, lo si apprezza ancora di più. Cioè, disprezza. Del resto io Moccia lo leggo per poterne parlare male con coscienza di causa, quindi, ecco una mia bella recensione su Ho voglia di te.

Più che un romanzo, i suoi libri sembrano sceneggiature; usa sempre il presente e in Ho voglia di te passa da un punto di vista ad un altro (cioè cambia la prima persona che sta parlando) in ogni frase, a volte senza neanche lasciare una riga, o almeno andare a capo: di conseguenza, non ci si capisce nulla; la comprensione è aggravata anche dal fatto che utilizza spesso modi di dire del gergo giovanile romano, che possono essere capiti da chi come me è della capitale, ma risultano difficili agli altri, ed inoltre alcuni sono anche un po’ forzati (e vi assicuro qui non c’entrano nulla Pisolini e Verga; Moccia non ha alcuna intenzione letteraria nell’usare quelle espressioni). I nomi (e soprattutto le loro abbreviazioni) sono come al solito rocamboleschi: Vittorio diventa Vit (io al massimo qui a Roma lo chiamerei “A Vittòòò”), Ginevra diventa Gin…avrebbe potuto benissimo ambientarlo in America, almeno avrebbe avuto una giustificazione per tutte queste consonanti a fine nome proprio, che qui in Italia non si sentono mai. Alcune frasi sono in dialetto, altre no, e vi è una sfilza di nomi di luoghi, vie, piazze, alberghi, che giustificano una non padronanza della descrizione dei luoghi: nel senso, se li conosci ed ambienti la vicenda a Roma, va bene, altrimenti ti becchi tutta questa serie di indicazioni stradali senza capire se sei in una piazza o in un viottolo, al centro o in periferia; allo stesso modo nomina nomi di pub o marche, che dovrebbero parlare da sole, ma ovviamente lo fanno solo a chi sa capire la loro lingua. Ed inoltre, alcuni capitoli non sono altro che una lunga serie di citazioni di canzoni, per spiegare i sentimenti dei personaggi; e mentre nel primo dominava Tiziano Ferro, qui almeno è Battisti a spadroneggiare. Moccia usa trucchetti e alla fine non scrive un romanzo, ma una serie di nomi propri e citazioni neanche troppo azzeccati (io proprio non riesco a trovare una sola traccia di realismo in quello che scrive). Quel poco che ci mette di suo è devastante: a partire dai profili psicologici dei personaggi, che sono scontati ed assurdi, soprattutto quelli femminili, dai quali si deduce che Moccia non capisce niente di donne. Il più strabiliante è Daniela, la sorella di Babi (ma almeno ha un nome normale) e tutta la sua vicenda: ha diciassette anni, va in discoteca, è il suo ragionamento è più o meno questo: “Voglio trombare prima dei diciotto anni, ma non ne ho il coraggio anche se Chicco è tanto carino e ha una bella macchina, allora voglio un’ecstasy” e ovviamente finisce a letto con chissà chi, ed è pure contenta quando scopre di essere incinta. Non solo, ma i suoi genitori ignorano totalmente la vicenda come se avesse detto “Sapete, mi sono presa un cane”; e come storia potrebbe anche esistere, sono sicura che succede ogni sera che una ragazza sprovveduta, con genitori troppo ricchi e assenti, si ficchi nei guai, ma è un personaggio che non sta in piedi, quasi una storia tappabuchi, che io avrei eliminato del tutto dal libro (e forse ne sarebbe uscito un pochino meglio). Altre prove che Moccia proprio non può parlare di donne: per redimere la madre di Step e farli riavvicinare, non riesce a far compiere ad entrambi un cammino di redenzione, non ci fa partecipe dei pensieri del ragazzo, ma risolve la faccenda con un’altra citazione: la madre regala a Step un libro, lui lo legge, e la perdona. Ma cosa c’è scritto nel libro? Cosa pensa lui? Cosa ha capito, soprattutto? Non ci è dato di saperlo.
Gin è forse un po’ più “vera” (ed è molto più simpatica di quella smorfiosa di Babi), ma anche lei ha le sue belle contraddizioni: durante la sua prima volta, con Step, insiste per infilargli lei il preservativo (che poi si chiama preservativo, caro Moccia, e non la “nostra sicurezza”…), affermando di averlo già fatto quindici volte; ma essendo vergine, a chi li infilava? Che passato nasconde, la pura Gin? Ovviamente, si tratta di un particolare che Moccia ha voluto infilare a forza nel romanzo, ma anche qui, una bella limatura non ci sarebbe stata affatto male. E come se non bastasse, la pura Gin, dopo mille scopate nei posti più assurdi, va a ringraziare il buon Signore di non essere incinta, tutta contenta in Chiesa. Un’altra contraddizione che rivela la non presa di posizione dell’autore sull’argomento fede: potrei anche starci, la fede personale ed intima sta da una parte e le leggi della Chiesa da un’altra, ma è un argomento talmente complesso che non può essere accennato così ed abbandonato senza cura, in un romanzo del genere, poi.
Riguardo all’argomento erotismo, poi, neanche mi pronuncio. Neanche nelle peggiori fanfiction erotiche certi momenti sono scritti così male e in modo così poco veritiero. Moccia non capisce davvero nulla di donne, e neanche di romanzi.
La parte finale, quella del diario di Gin che come una tredicenne segue Step da due anni, è anche questa patetica e poco utile ai fini della vicenda. Come il precedente, l'unica nota positiva della storia è il fatto che, alla fine, non c'è l'happy ending. Perchè quello non c'è quasi mai, nella vita.
Voto finale al libro? Più di un tre non riesco proprio a dare.


Marge.           British Marge

Sogno

24.10.2006 - 19:47
Leggo: Ho voglia di te [F.Moccia]
Ascolto: Ed ero contentissimo [T.Ferro]


L'altro giorno ho ricevuto una visita in sogno.
Si trattava di una persona simile a me - per sesso ed età, almeno - ma vissuta centinaia di anni fa, e diversa per il colore della pelle e per la condizione sociale. Mi ha chiesto di raccontare la sua storia. Me l'ha mostrata ed ho amato e riso e sofferto e pianto come se fossi lei. Ora devo solo scrivere la sua storia.


Marge.           British Marge

Mai troppo!

14.10.2006 - 12:17
Leggo: L'amore ai tempi del colera [G. Garcia Marquez]
Ascolto: Pachebel - Canon in D Major [Mozart]


Sto scrivendo un romanzo.
Avrò detto questa frase almeno duemila volte, da quando ho otto anni. Ieri un mio amico mi ha chiesto, appena ci siamo visti, come di routine: "Come va?" e io "Bene, sto scrivendo un romanzo". Risposta: "Accipicchia, una cosa da tutti i giorni, eh?" ironico, ma per me si, è qualcosa di tutti i giorni, da almeno dodici anni.
Il problema è che questo romanzo doveva raccontare la storia di una certa persona, ed invece si sta trasformando nella storia di due persone, e finora scrivo solo i capitoli riguardanti la ragazza...e mi perdo nell'autobiografia. Quando mi fermo a pensare agli ultimi anni passati, a tutto quello che è passato, alle cose e le persone e gli esseri viventi che c'erano e non ci sono più, alla confusione quando sono in dormiveglia e non riesco a capire in quale letto di quale casa sono, quando guardo le persone che ho intorno e mi accorgo che siamo tutti cambiati così tanto, e mi sembra impossibile pensare che prima era diverso, vivere. Penso a tutte queste cose e mi sento un po' spersa ed un po' sola ed allora mi infilo sotto il copriletto pesante e caldo e scrivo, scrivo, senza un ordine, il primo capitolo poi la fine e torno al centro e poi riscrivo il terzo e così via, e non capisco come farò poi a metterlo tutto in ordine senza impazzire e soprattutto riuscendo a far collimare tutto.
Come sono egocentrica. Non riesco a scrivere senza scadere nella banalità delle mie vicende.
Ma spero che questo stato di grazia e d'spirazione continui, aldilà delle tristezze quotidiane, il peso degli impegni, le parole pensate e non dette per paura della solitudine, i baci e i tramonti al Pincio, le rose in un vasetto sul comodino, i bambini urlanti e sorridenti, la solitudine, la nostalgia del mondo di prima.


Marge.           British Marge

                       

               

   

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